Messa d'inizio del ministero petrino di Papa Francesco
In una stupenda giornata di sole, nella Solennità di San Giuseppe, alla presenza di
decine di miglaia di fedeli, sono iniziati i riti per l'inizio del ministero petrino
del vescovo di Roma. Papa Francesco ha fatto il giro di Piazza San Pietro in jeep
salutando i presenti. Grande l'entusiasmo. Il Papa a un certo punto ha fatto fermare
la jeep per scendere tra la folla e baciare un paraplegico. Tantissime le bandiere
di tutto il mondo che sventolano in piazza, tante quelle dell'Argentina, ma tantissime
davvero quelle di altri Paesi a rappresentare l'universalità della Chiesa. Papa Francesco
si è fermato anche per baciare alcuni bambini.
Oltre 130 delegazioni da tutto
il mondo sono presenti: 31 Capi di Stato, 6 sovrani regnanti, 3 Principi ereditari,
11 capi di Governo. Trentatre le delegazioni di Chiese e confessioni cristiane, tra
cui il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Presenti anche la delegazione
ebraica, musulmana, buddista, sick, jainista. 180 i concelebranti.
Il Papa
è sceso in processione con i patriarchi delle Chiese orientali alla Tomba di San Pietro
sostandovi in preghiera. Nel frattempo due diaconi hanno preso il Pallio, l'Anello
Piscatorio e l'Evangeliario. Quindi la processione risale al piano della Basilica,
al canto delle 'Laudes Regiae', cioè le 'Lodi del Re': il Re è Cristo. E’ un canto
litanico in onore a Cristo. Si invocano i Santi tra cui anche i Papi santi.
La
processione fa il suo ingresso sul sagrato della Basilica. Il Papa fa il segno della
Croce. Il cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran impone il Pallio sulle spalle del
Papa: il Pallio, fatto di lana bianca, è simbolo del vescovo come buon pastore e dell'Agnello
crocifisso per la salvezza dell'umanità. Poi il cardinale decano Angelo Sodano consegna
l'Anello del Pescatore a Papa Francesco: l'Anello è insegna propria del vescovo. L'Anello
Piscatorio porta l'immagine di San Pietro (pescatore scelto da Gesù per diventare
pescatori di uomini) con le chiavi e significa il compito affidato a Pietro di confermare
nella fede i fratelli. L'Anello di Papa Francesco non è d'oro ma d'argento dorato.
Una rappresentanza di cardinali prestano "obbedienza" al Santo Padre. Le letture
sono quelle della Solennità di San Giuseppe. Il Vangelo, tratto da Matteo, è il seguente: "Giacobbe
generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. Così
fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima
che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe
suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla
in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno
un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere
con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito
Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà
il suo popolo dai suoi peccati». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli
aveva ordinato l’angelo del Signore".
Nell’omelia, il Papa ringrazia innanzitutto
il Signore di poter celebrare questa Santa Messa di inizio del ministero petrino nella
solennità di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale:
“è una coincidenza molto ricca di significato, ed è anche l’onomastico del mio venerato
Predecessore: gli siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e di riconoscenza”.
(applausi)
“Con
affetto” saluta i Fratelli Cardinali e Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi
e le religiose e tutti i fedeli laici. Ringrazia per la loro presenza i Rappresentanti
delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure i rappresentanti della comunità
ebraica e di altre comunità religiose. Rivolgo il mio cordiale saluto ai Capi di Stato
e di Governo, alle Delegazioni ufficiali di tanti Paesi del mondo e al Corpo Diplomatico.
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quindi il Vangelo partendo dal brano in cui si dice che «Giuseppe fece come gli aveva
ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). “In queste parole
– afferma - è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere
custos, custode. Custode di chi? Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende
poi alla Chiesa, come ha sottolineato il beato Giovanni Paolo II: «San Giuseppe,
come ebbe amorevole cura di Maria e si dedicò con gioioso impegno all’educazione di
Gesù Cristo, così custodisce e protegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la
Vergine Santa è figura e modello» (Esort. ap. Redemptoris Custos, 1)”.
Il Papa
chiede: “Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel
silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende.
Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme,
accompagna con premura e tutto l'amore ogni momento. E’ accanto a Maria sua sposa
nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il
censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della
fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità
della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù”.
E
poi aggiunge: “Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della
Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo
progetto, non tanto al proprio; ed è quello che Dio chiede a Davide, come abbiamo
ascoltato nella prima Lettura: Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma desidera
la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno; ed è Dio stesso che costruisce la casa,
ma di pietre vive segnate dal suo Spirito. E Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare
Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile
alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento
a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo
come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo
anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella
nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!”.
“La vocazione
del custodire, però – prosegue - non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione
che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. E’ il custodire l’intero
creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come
ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio
e per l’ambiente in cui viviamo. E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di
ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono
più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno
dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori
si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori.
E’ il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza,
nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è
una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!”.
Sottolinea
quindi che “quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando
non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione
e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli “Erode”
che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna”.
Quindi, un invito: “Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano
ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini
e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto
nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione
e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per “custodire” dobbiamo
anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano
la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore,
perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono
e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della
tenerezza!”. Poi aggiunge un’ulteriore annotazione: “il prendersi cura, il custodire
chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare
come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza,
che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità
di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non
dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!”.
“Oggi, insieme con la
festa di san Giuseppe – rileva - celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo
di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha
dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Gesù
a Pietro sull’amore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie
pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa
per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice
luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di
san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere
con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più
piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame,
sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve
con amore sa custodire!”.
E prosegue: “Nella seconda Lettura, san Paolo parla
di Abramo, il quale «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18).
Saldo nella speranza, contro ogni speranza! Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo
grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi la speranza.
Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore,
è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante
nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come
Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è
stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio”.
Così Papa Francesco
conclude: “Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni
persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo
di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la
stella della speranza: Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato! Chiedo l’intercessione
della Vergine Maria, di san Giuseppe, dei santi Pietro e Paolo, di san Francesco,
affinché lo Spirito Santo accompagni il mio ministero, e a voi tutti dico: pregate
per me! Amen”.