2013-03-16 17:04:09

Grande partecipazione a Firenze per la Giornata del ricordo delle vittime delle mafie


Sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, si è svolta sabato a Firenze la 18.ma edizione della “Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie'', promossa da Libera e dalle istituzioni civili locali. Oltre 150 mila le presenze tra cui moltissimi i giovani che nel nome delle vittime delle mafie hanno inteso rinnovare l’ impegno nel contrasto alla criminalità organizzata. ''Semi di Giustizia, fiori di Corresponsabilità'', lo slogan scelto. Sul significato della Giornata, Adriana Masotti ha sentito don Luigi Ciotti, presidente di Libera:RealAudioMP3

R. - Bisogna ricordare tutti i giorni e l’impegno deve essere di 365 giorni all’anno. Abbiamo scelto però una giornata per poter leggere tutti questi nomi delle vittime innocenti, perché il primo diritto di ogni persona è quello di essere chiamato per nome, e per quei familiari, è importante sentire che c’è un’Italia che li ricorda, perché sono tutti morti per la libertà e per la democrazia del nostro Paese. Ma è anche vero, che il miglior modo di fare memoria, è quello di impegnarci tutti di più, di non dimenticare i feriti di quelle stragi, i sopravvissuti. Una memoria fatta di concretezza, quindi non è una ritualità, non è una celebrazione, ma è un momento forte che abbraccia questi familiari che giungono da ogni parte d’Italia. Oggi oltre 150 mila sono i ragazzi, le scuole, le associazioni e i gruppi a vivere questa giornata.

D. - Questa grande partecipazione di oggi come possiamo leggerla?

R. - C’è un lavoro dietro, un lavoro che dura tutto l’anno nelle scuole, nelle università, c’è un percorso che viene costruito giorno per giorno. Il grido che abbiamo voluto alzare da qui è: “Non uccidiamoli una seconda volta!” Rischiamo di ucciderli una seconda volta, perché li uccidiamo con il silenzio, con la delega, con la rassegnazione e con l’indifferenza, oppure con la mafiosità che può nascondersi in ciascuno di noi. La mafiosità delle coscienze addormentate o addomesticate, la mafiosità della continua mediazione tra ciò che è lecito e illecito. Tutti dobbiamo soprattutto impegnarci nella concretezza per essere un motore di cambiamento.

D. - Nel suo intervento lei ha chiamato in causa anche la politica. In Italia, guardando al positivo, c’è una possibilità - forse - di cambiamento. Lei si augura che lo Stato potrà essere più efficace nella lotta alle mafie nel prossimo futuro?

R. - Io mi auguro di sì, perché… ma non vorrei dimenticare le cose importanti e positive che sono state fatte nell’arco di questi anni: il lavoro dei magistrati, delle forze di polizia, ecc… Certamente ci sono poi delle zone d’ombra, delle grandi lacune. Allora, io credo che dobbiamo fare un forte richiamo alla politica. Le lotte alla mafia si fanno nei vari territori con la cultura, con l’educazione, con le politiche sociali, con il lavoro, con il sostegno alla famiglie. Però lo si fa soprattutto a Roma, in Parlamento, con le leggi giuste e gli interventi giusti. E allora la politica… più che di codici etici, basterebbe che un politico tenesse in conto e mettesse in pratica le parole della Costituzione italiana. Io vorrei che nessuno si dimenticasse che la Costituzione è veramente il primo testo anti-mafia. E la spina dorsale della nostra Costituzione è proprio la responsabilità. Quindi la strada non è certamente semplice, è in salita, e ci chiede continuità nel fare le cose, condivisione.

D. - Intanto, una grande trasformazione si sta profilando per la Chiesa con Papa Francesco. Oggi a noi giornalisti ha spiegato la scelta del suo nome citando tre significati: non solo la povertà, ma anche la pace e il rispetto per il Creato, tipici di San Francesco d’Assisi. Ecco, mi pare che anche per il suo impegno, don Ciotti, il vostro impegno per la legalità, tutto questo suona bene, mi pare?

R. - Sì. Perché poi la pace è sinonimo di giustizia, di legalità, di libertà, di dignità umana, di un’attenzione e di amore per il Creato, per l’ambiente… quindi ha coniugato proprio questa dimensione. A noi, a me ha fatto molto piacere Francesco, perché Francesco ci ricorda la sobrietà, l’essenzialità, ci ricorda che la Chiesa deve essere profetica, perché se questo non accade, la Chiesa non è Chiesa. Una Chiesa più profetica e meno diplomatica, capace di essere più libera da poteri economici, finanziari, politici. Con la sua libertà e la sua dignità, e soprattutto non dobbiamo mai dimenticarci che la Chiesa è fondata sulla Parola di Dio, che è una Parola di grande libertà e di grande speranza.







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