Grande partecipazione a Firenze per la Giornata del ricordo delle vittime delle mafie
Sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, si è svolta sabato a Firenze
la 18.ma edizione della “Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime
delle mafie'', promossa da Libera e dalle istituzioni civili locali. Oltre 150 mila
le presenze tra cui moltissimi i giovani che nel nome delle vittime delle mafie hanno
inteso rinnovare l’ impegno nel contrasto alla criminalità organizzata. ''Semi di
Giustizia, fiori di Corresponsabilità'', lo slogan scelto. Sul significato della Giornata,
Adriana Masotti ha sentito don Luigi Ciotti, presidente di Libera:
R. - Bisogna
ricordare tutti i giorni e l’impegno deve essere di 365 giorni all’anno. Abbiamo scelto
però una giornata per poter leggere tutti questi nomi delle vittime innocenti, perché
il primo diritto di ogni persona è quello di essere chiamato per nome, e per quei
familiari, è importante sentire che c’è un’Italia che li ricorda, perché sono tutti
morti per la libertà e per la democrazia del nostro Paese. Ma è anche vero, che il
miglior modo di fare memoria, è quello di impegnarci tutti di più, di non dimenticare
i feriti di quelle stragi, i sopravvissuti. Una memoria fatta di concretezza, quindi
non è una ritualità, non è una celebrazione, ma è un momento forte che abbraccia questi
familiari che giungono da ogni parte d’Italia. Oggi oltre 150 mila sono i ragazzi,
le scuole, le associazioni e i gruppi a vivere questa giornata.
D. - Questa
grande partecipazione di oggi come possiamo leggerla?
R. - C’è un lavoro dietro,
un lavoro che dura tutto l’anno nelle scuole, nelle università, c’è un percorso che
viene costruito giorno per giorno. Il grido che abbiamo voluto alzare da qui è: “Non
uccidiamoli una seconda volta!” Rischiamo di ucciderli una seconda volta, perché li
uccidiamo con il silenzio, con la delega, con la rassegnazione e con l’indifferenza,
oppure con la mafiosità che può nascondersi in ciascuno di noi. La mafiosità delle
coscienze addormentate o addomesticate, la mafiosità della continua mediazione tra
ciò che è lecito e illecito. Tutti dobbiamo soprattutto impegnarci nella concretezza
per essere un motore di cambiamento.
D. - Nel suo intervento lei ha chiamato
in causa anche la politica. In Italia, guardando al positivo, c’è una possibilità
- forse - di cambiamento. Lei si augura che lo Stato potrà essere più efficace nella
lotta alle mafie nel prossimo futuro?
R. - Io mi auguro di sì, perché… ma non
vorrei dimenticare le cose importanti e positive che sono state fatte nell’arco di
questi anni: il lavoro dei magistrati, delle forze di polizia, ecc… Certamente ci
sono poi delle zone d’ombra, delle grandi lacune. Allora, io credo che dobbiamo fare
un forte richiamo alla politica. Le lotte alla mafia si fanno nei vari territori con
la cultura, con l’educazione, con le politiche sociali, con il lavoro, con il sostegno
alla famiglie. Però lo si fa soprattutto a Roma, in Parlamento, con le leggi giuste
e gli interventi giusti. E allora la politica… più che di codici etici, basterebbe
che un politico tenesse in conto e mettesse in pratica le parole della Costituzione
italiana. Io vorrei che nessuno si dimenticasse che la Costituzione è veramente il
primo testo anti-mafia. E la spina dorsale della nostra Costituzione è proprio la
responsabilità. Quindi la strada non è certamente semplice, è in salita, e ci chiede
continuità nel fare le cose, condivisione.
D. - Intanto, una grande trasformazione
si sta profilando per la Chiesa con Papa Francesco. Oggi a noi giornalisti ha spiegato
la scelta del suo nome citando tre significati: non solo la povertà, ma anche la pace
e il rispetto per il Creato, tipici di San Francesco d’Assisi. Ecco, mi pare che anche
per il suo impegno, don Ciotti, il vostro impegno per la legalità, tutto questo suona
bene, mi pare?
R. - Sì. Perché poi la pace è sinonimo di giustizia, di legalità,
di libertà, di dignità umana, di un’attenzione e di amore per il Creato, per l’ambiente…
quindi ha coniugato proprio questa dimensione. A noi, a me ha fatto molto piacere
Francesco, perché Francesco ci ricorda la sobrietà, l’essenzialità, ci ricorda che
la Chiesa deve essere profetica, perché se questo non accade, la Chiesa non è Chiesa.
Una Chiesa più profetica e meno diplomatica, capace di essere più libera da poteri
economici, finanziari, politici. Con la sua libertà e la sua dignità, e soprattutto
non dobbiamo mai dimenticarci che la Chiesa è fondata sulla Parola di Dio, che è una
Parola di grande libertà e di grande speranza.