Coree: minaccia nucleare da Pyongyang dopo esercitazioni Seul-Washington
Il regime nordcoreano ha denunciato come "completamente nullo" il cessate-il-fuoco
con la Corea del Sud, raggiunto 60 anni fa e, annunciato di essere "pronta a entrare
in guerra con Seul". Subito è arrivata la replica degli Stati Uniti, che, con un comunicato
della Casa Bianca, hanno detto stop alle intimidazioni da parte di Pyongyang. Washington
ha affermato che non resterà a guardare. Ma siamo davvero sul baratro di una nuova
guerra? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Francesco Sisci, editorialista
e corrispondente da Pechino per il quotidiano "Il Sole 24 ore":00:03:34:51
R.
- La situazione non è convenzionale per una serie di motivi: uno, abbiamo un leader
molto giovane, quindi con poca esperienza - Kim Jong-un - e ancora non sappiamo quanto
sia bravo in questa arte di spingersi fino al ciglio del baratro, per poi ritirarsi.
Due, abbiamo delle sanzioni internazionali che adesso minacciano pesantemente, forse
come non mai, l’esistenza della Nord Corea e abbiamo un riallineamento della Cina
su posizioni anti-Nord Corea. Tre, abbiamo per la prima volta un gruppo di interesse
vero in Nord Corea composto da persone che negli ultimi anni hanno iniziato ad arricchirsi
grazie alle modestissime riforme economiche interne. Tanto è bastato, comunque, per
modificare la "geografia" sociale e politica interna del Paese. C’è quindi una serie
di elementi nuovi che certamente mettono queste minacce in un contesto forse più pericoloso
che in passato.
D. - C’è poi l’annullamento dell’armistizio firmato con il
Sud nel ’53, e soprattutto l’interruzione della famosa "linea rossa", il collegamento
telefonico che garantiva un contatto tra Seul e Pyongyang. Era successo altre volte,
ma in questo caso – forse – è un po’ più preoccupante...
R. - Più che preoccupante,
questi segnali come la retorica, le urla e le minacce sono cose che abbiamo già visto
in passato. Quindi, si potrebbe dire: "Questo è un atto di teatro come ne abbiamo
visti tanti”. Però, oggi, il contesto è diverso per tutte le ragioni che abbiamo visto.
Per cui, forse in questo momento c’è da prendere queste minacce un po’ più sul serio.
D.
- Volevo tornare con te sull’adozione di nuove sanzioni da parte dell’Onu per la prima
volta in accordo con la Cina – ricordiamo, l’unico l’alleato che aveva Pyongyang.
Questo passo indietro di Pechino come può essere analizzato?
R. - Ormai, Pechino
non ha più capacità di presa. In qualche modo, non riesce più a trattenere la Corea
del Nord. Pechino in passato aveva un potere - per quanto limitato e moderato - di
controllo sulle decisioni nordcoreane. L’ultimo esperimento nucleare, da una parte
prova chiaramente che la Cina non ha più questo potere, dall’altra che il panorama
geopolitico della Cina va oltre la questione nordcoreana: si tratta di rimettere in
ordine i suoi confini orientali – ci sono contese con il Giappone e nel Mar Cinese
meridionale. Quindi, un atteggiamento più deciso con la Nord Corea può pagare per
Pechino rispetto a tutti gli altri fronti.
D. - Quali sono le reazioni in questo
momento a Pechino?
R. - Sono allarmate, anche se la maggior parte degli osservatori
crede che in realtà Pyongyang, come ha fatto tante volte in passato, si limiterà a
gridare e invece non andrà in guerra, non andrà oltre.
D. - Su una cosa non
ci sono dubbi: la Corea del Nord, pur essendo un Paese piccolo, diplomaticamente molto
debole in questo momento, ed anche molto povero – è tra i più poveri del mondo – riesce
comunque ad imporsi sullo scenario internazionale con molta forza...
R. - Sì,
però questo non gli dà nessun vantaggio; purtroppo gli dà solo svantaggi, perché è
finito il momento in cui gridare e minacciare pagava. È chiaro che adesso gridare
e minacciare non paga più. Però, forse di questo i leader nordcoreani ancora non si
sono accorti.