Conclave: le attese della piazza e le voci dei giornalisti accreditati
A poche ore dall’apertura del Conclave, Fausta Speranza ha raccolto voci e
opinioni tra la gente e tra i giornalisti arrivati da tutto il mondo:
In Piazza San
Pietro, non ci sono gruppi organizzati: è un giorno speciale per l’apertura del Conclave,
attraversato però da persone di passaggio. In ogni caso, in tanti hanno un pensiero
in attesa del nuovo Papa:
R. - Io penso che il Papa debba essere forte, ma
anche un amico.
R. – Io penso che debba dare una risposta forte.
R.
– Mi aspetto tranquillità e serenità, che trasmetta soprattutto ai ragazzi e ai giovani
serenità e fiducia nel fare.
D. - La preghiera che ha nel cuore in questi giorni?
R.
– Che il Signore illumini i cardinali e che i cardinali si lascino illuminare. Solo
questo. Siamo anche noi nell’obbedienza.
D. – C’è un turista che innanzitutto
vuole dirci che cosa si aspetta in questi giorni dai giornalisti:
R. - I giornalisti
cercano gli scandali, i problemi… Si deve parlare di tutto questo ma non solo. Ci
sono tante cose che sono importanti per il futuro della Chiesa e sono più importanti
degli scandali.
Arriviamo, dunque, nel Centro media allestito a ridosso dell’Aula
Paolo VI. Ci dicono:
R. - Secondo me funziona. La cosa importante per me è
che qui c’è l’ospitalità, è molto accogliente. Tutti gli stranieri che vengono hanno
un’aula dove stare, riposare, dove pensare, mandare e-mail, lavorare. Io ho lavorato
in diversi posti, dove uno deve aspettare sotto la pioggia, non c’è nessuno, non si
può neanche avere un caffè… Quindi, secondo me, il Vaticano sta facendo un bel lavoro.
Parliamo
con colleghi stranieri proprio di copertura mediatica:
R. - A priori, noi giornalisti
amiamo i conflitti. Io in questi giorni ho pensato di fare un articolo sull’aspetto
della carità della Chiesa cattolica – solo uno degli aspetti che ci saranno da raccontare
– però ho paura onestamente che non lo prendano quel pezzo. “Vendono” di più i litigi,
le guerre: il fronte romano contro i riformisti stranieri o cose simili…
R.
- Per me, è molto interessante che in generale la Chiesa cattolica non sembri considerata
in ambito politico, eppure abbiamo qui cinquemila giornalisti per un Conclave. Perché?
Perché c’è un senso, un senso comune che sente la Chiesa cattolica e che rimane una
grande cosa. C’è una consapevolezza quasi istintuale che la Chiesa cattolica faccia
una parte essenziale nella nostra civilizzazione, anche oggi.
Emerge la sfida
di sempre: raccontare la Chiesa non solo come istituzione, ma come popolo di Dio.