2013-03-08 11:17:23

"Mia per sempre. Quando lui uccide per rabbia, gelosia, vendetta":il libro di Cinzia Tani sul dramma del femminicidio


In tutto il mondo si moltiplicano le iniziative contro la violenza sulle donne che nel 2012 solo in Italia ha fatto 124 vittime, uccise per mano del proprio partner o ex. Il libro di Cinzia Tani: “Mia per sempre. Quando lui uccide per rabbia, gelosia, vendetta” edito da Mondadori, disponibile in questi giorni nelle librerie, risulta purtroppo molto attuale. Roberta Calderazzo ha chiesto all’autrice del libro perché questi uomini uccidono e perché non bisogna chiamare questi delitti passionali. RealAudioMP3

R. – Perché la passione ha sempre avuto una connotazione positiva. La passione è il sentimento, che ci spinge a fare grandi conquiste, ai grandi amori. Non può essere confusa con delitti che sono, purtroppo, commessi per futili motivi:molto spesso, questi delitti avvengono durante una separazione, o subito dopo. In questi casi è il senso del possesso dell’uomo che viene frustrato non l’amore. Quindi, non si stratta di amori veri, non si tratta di passioni...

D. – Molto spesso le vittime di questi uomini violenti sono professioniste, donne affermate. Perché però non riescono a ribellarsi?

R. – Da quando la donna ha cominciato ad essere indipendente e ad avere la possibilità di lavorare e quindi ha interrotto certi rapporti ecco che lui in molti casi reagisce. Sono donne affermate, professioniste che potendosene andare scatenano questi sentimenti negativi nel loro compagno. Sono donne che si ribellano e proprio per questo vengono uccise. Sono donne che molto spesso denunciano l’uomo che le ha maltrattate e, proprio dopo questa denuncia, lui diventa più aggressivo e le uccide. Diciamo che invece sono le altre donne, quelle meno informate, le non-professioniste, che hanno più difficoltà a ribellarsi perché magari non hanno un lavoro e subiscono per anni i maltrattamenti e le umiliazioni; e non avendo il coraggio di andarsene, spesso anche per loro finisce allo stesso modo.

D. – Nel suo libro parla comunque di una via d’uscita. Quale potrebbe essere?

R. – Si parla continuamente negli ultimi tempi di questi omicidi, però si parla pochissimo della prevenzione e di cosa si può fare. L’informazione nelle scuole, con i genitori, con le famiglie, in modo tale da evitare questi soprusi sin da piccoli, perché non dimentichiamo che il bullismo è il primo segnale e che poi porterà purtroppo a questi casi terrificanti. E poi insegnare il rispetto dell’altro, sempre e comunque in tutti i luoghi.







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