Venezuela: a migliaia seguono il feretro del presidente Chavez. Domani i funerali
Venezuela in lutto per la morte del presidente Hugo Chavez. Il feretro ieri è stato
accompagnato da centinaia di migliaia di persone nella hall dell'Accademia militare
di Caracas, dove domani si celebreranno i funerali. Nel frattempo sono molti i messaggi
di cordoglio del mondo mentre sono in arrivo nella capitale venezuelana tutti i Capi
di Stato dell’America Latina. Da Caracas Alessandro Rampietti:
Il giorno dopo
l’annuncio della morte di Hugo Chavez, Caracas è stata invasa da centinaia di migliaia
di Venezuelani giunti da tutto il paese per accompagnare la bara del defunto leader
bolivariano. Un tragitto durato diverse ore, con la folla accalcata dall’ospedale
dov’è morto all’accademia militare dove i suoi sostenitori gli hanno reso omaggio
fino a tarda notte. Una prova generale dei funerali di Stato previsti per venerdì,
e una prova della forza politica del Chavismo in un paese profondamente diviso e preoccupato
da un futuro incerto. Molti temono che la scomparsa del leader che per 14 anni ha
guidato il Paese a sua immagine e somiglianza possa incendiare un clima già teso e
polarizzato. Per ora governo e opposizione hanno scambiato messaggi concilianti ma
dietro l’angolo si profilano scontri politici e istituzionali. A partire da chi guiderà
il Paese durante la transizione alle elezioni che verranno annunciate nei prossimi
30 giorni. Secondo il governo Chavez avrebbe scelto il suo erede e delfino, Nicolas
Maduro, come presidente ad interim prima di morire, ma secondo l’opposizione la Costituzione
indica chiaramente che il presidente dell’Assemblea dovrebbe assumere l’incarico.
In un annuncio senza precedenti l'esercito venezuelano si è schierato dicendo che
promuoverà la candidatura di Nicolas Maduro alle elezioni generali; mentre l’opposizione
proverà nuovamente ad unirsi attorno ad Enrique Capriles, il candidato sconfitto da
Chavez nelle elezioni dello scorso ottobre. Nel frattempo continua il periodo di lutto
con l’arrivo di tutti i Capi di Stato dell’America Latina, alleati e non, uniti nel
cordoglio e nella preoccupazione per un’assenza che promette di avere importanti conseguenze
politiche per tutta la regione.
Cordoglio è stata espressa dalla Chiesa
locale come sottolinea al microfono di BenedettaCapelli, Luis Badilla,
esperto di questioni latinoamericane:
R. - C’è stata
una reazione immediata ed è stata una reazione di dolore, naturalmente. Di questo
dolore e del cordoglio si sono fatti carico i vescovi, una buona parte dei vescovi,
e in particolare il segretario della Conferenza episcopale, l’arcivescovo Jorge Urosa,
che si trova qui a Roma, essendo un cardinale elettore. Mons. González de Zárate Salas,
che è il segretario dell’Episcopato, parlando a nome di tutti i vescovi, ha detto:
“In un’ora come questa occorre far parlare i sentimenti più alti”, chiedendo - al
tempo stesso - ai venezuelani unità e calma. Simili concetti aveva espresso, durante
la notte da Roma, anche il cardinale Jorge Urosa, che presiede oggi una Messa in suffragio
di Chávez. Da sottolineare, infine, che in Venezuela molti vescovi hanno anche ricordato
che la morte non è la fine della nostra vita, ma - come ha detto uno di loro - la
morte lascia piuttosto il posto a una vita piena, di felicità, accanto a Dio, Padre
Nostro. Con queste parole la Chiesa ha ricordato Chávez, richiamando i venezuelani
all’unità e alla calma.
D. - Qual è stata l’impronta che ha lasciato Hugo
Chávez nella storia del Venezuela e, soprattutto, che fase si apre adesso?
R.
- Tutti sappiamo che il presidente Chávez era una figura politica e un leader molto
discusso, ma - al tempo stesso - anche molto amato e rispettato. Nei suoi confronti,
sia all’interno del Paese che fuori dal Paese, c’era una forte opposizione: è chiaro,
però, che Chávez lascia una forte impronta sia in Venezuela che nel resto dell’America
Latina. Tutto dipenderà ora da quello che potrà succedere nel futuro prossimo. Dobbiamo
ricordare, infatti, che fra 30 giorni - secondo la Carta Costituzionale - si devono
realizzare le elezioni presidenziali. Si dovrà vedere allora cosa succederà: se al
governo del Paese rimarrà il delfino del presidente, l’attuale vicepresidente Maduro,
o se il Paese preferirà un’altra strada. La domanda avrà una risposta definitiva soltanto
nei prossimi mesi, forse anche fra un paio di anni.
D. - Chávez ha ottenuto
quattro mandati presidenziali consecutivi, quindi un lasso di tempo molto lungo: la
popolazione, in questo periodo, ha visto le proprie condizioni cambiare?
R.
- Per una parte importante della popolazione venezuelana molte cose sono cambiate
in positivo, ma per un’altra parte della popolazione - e non certo piccola - le cose
sono cambiate in senso negativo. Di fatto il Paese, in questo momento, oltre alla
crisi politica e istituzionale che si trova ad affrontare dopo la morte del presidente,
dovrà affrontare una gravissima crisi sociale ed economica che vede larghi strati
sociali vivere in povertà; una violenza accresciuta negli ultimi anni, in modo spaventoso
e preoccupante; problemi per l’esportazione del petrolio, che è la sua risorsa fondamentale,
per via della crisi internazionale; nonché problemi anche nei rapporti diplomatici
e politici con i Paesi vicini.
D. - Proprio riguardo ai rapporti con i Paesi
vicini, il presidente Obama ha espresso vicinanza alla popolazione venezuelana e ha
detto che spera si apra una nuova fase: i rapporti con Washington sono sempre stati
tesi e questa situazione è stata anche un po’ il cavallo di battaglia di Hugo Chávez.
Ora potrà cambiare qualcosa?
R. - Mi sembra che nell’immediatezza non cambierà
un granché, anche perché - purtroppo - in queste ore si sono addensate nuove nuvole
in questi rapporti, già molto difficili, per il fatto che il governo del Venezuela,
ora guidato dal vicepresidente Maduro, ha espulso due diplomatici, accusandoli di
ingerenza negli affari interni del Venezuela, ma anche per l’affermazione - che non
trova al momento alcun tipo di riscontro - in base alla quale il presidente Chávez
sarebbe stato avvelenato, così come dicono sia successo in passato con il presidente
Arafat. Io credo che questi due fatti, verificatisi nelle ultime 48 ore, non consentano
nell’immediatezza di pensare a un cambiamento drastico, nel senso di un miglioramento
dei rapporti tra Caracas e Washington. Dobbiamo aspettare, anche qui, il tempo e lo
sviluppo degli avvenimenti più duri.