Mons. Tomasi all’Onu: più tutele per la libertà religiosa nel mondo
Minoranze religiose sempre più discriminate nel mondo e le stesse Nazioni Unite non
reagiscono abbastanza a questi abusi. Lo ha denunciato mercoledì mons. Silvano
Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu a Ginevra, intervenendo
ai lavori del Consiglio per i diritti umani, riunito nella città elvetica. Le parole
del presule al microfono di Roberta Gisotti:
R. - Se ci guardiamo
attorno, vediamo che nel mondo di oggi, in molti Paesi le minoranze religiose – sia
cristiane, sia di altre confessioni – sono veramente bersaglio di attacchi anche
violenti, alle volte con morti e feriti, altre volte con forme di discriminazione
più sottile, attuata attraverso decisioni di tribunali o attraverso risposte della
società, dei mezzi di comunicazione, che tendono a emarginare questi gruppi. Davanti
a queste situazioni, ci sono dichiarazioni per la libertà religiosa, ci sono norme
che provvedono alla difesa anche delle minoranze religiose, però un conto è la normativa
esistente e dall’altra parte l’incapacità di attuare questa normativa. Quindi, bisogna
fare in modo che prima di tutto cambi la mentalità, la cultura pubblica, che non tolleri
che la discriminazione religiosa sia una specie di nuovo razzismo accettabile e che
invece cerchi di rispondere in maniera efficace.
D. – Le Nazioni Unite che
cosa dovrebbero fare?
R. – Cercare di tenere presente nell’agenda anche la
questione della libertà religiosa, in modo che veramente questi abusi non si ripetano
con la frequenza con cui li vediamo e che vengano finalmente eliminati.
D.
– Quindi, forse manca una denuncia più chiara degli Stati...
R. – Sì e con
l’attuazione concreta delle norme che già esistono, cominciando da lì...
D.
– Lei ha rivendicato un ruolo dello Stato come garante della libertà religiosa...
R.
– La responsabilità dello Stato è di proteggere tutti i suoi cittadini, indipendentemente
che appartengano ad un gruppo etnico, ad un gruppo religioso, o ad un gruppo politico.
Lo Stato deve guardare ai membri della comunità internazionale e salvaguardare il
bene comune attraverso la difesa dei diritti personali di ciascun cittadino. Capita
però che lo Stato a volte tenda ad identificarsi con la maggioranza religiosa del
luogo e quindi releghi un po’ le altre minoranze a cittadini di seconda classe, o
addirittura non riconosca i diritti di cittadinanza uguali agli altri. Certo, uno
Stato può mantenere le sue identità anche da un punto di vista religioso: un conto
è l’identità storica di un Paese, altro è il modo di agire dello Stato che deve assolutamente
essere giusto e quindi trattare tutti i suoi cittadini – e di conseguenza tutti i
gruppi sia religiosi, che di altre identità – in maniera giusta ed uguale, come per
la maggioranza.