Egitto. Scontro tra magistratura e presidenza: no alle elezioni del 22 aprile
In Egitto, si riaccende la tensione dopo la decisione di un tribunale amministrativo
di annullare la convocazione delle elezioni, il prossimo 22 aprile, come deciso dal
presidente Morsi. Secondo i giudici, alla base del decreto ci sarebbe un grave vizio
procedurale perché il Consiglio della Shura non avrebbe riformulato i cinque articoli
considerati illegittimi dalla Corte costituzionale suprema. Un nuovo capitolo, dunque,
nel contrasto tra presidenza e magistratura come conferma, al microfono di Benedetta
Capelli, Silvia Colombo,ricercatrice dell’Istituto di Affari internazionali:
R. – Guardando
quello che è successo in Egitto dalla metà di novembre in avanti, ci si poteva aspettare
una situazione di questo tipo, visto il continuo confronto e le tensioni esistenti
tra la magistratura e il presidente Morsi. Siamo ancora in una situazione simile a
quanto già successo a metà novembre con il decreto di Morsi, che affidava poteri pressoché
assoluti al presidente. In questo momento, visto che la posta in gioco riguardo alle
elezioni è molto alta, probabilmente non sarà facile superare questa empasse
e non sarà facile portare le due parti verso una convergenza su un punto comune e
chiaramente questo porterà naturalmente a un ritardo delle elezioni e quindi a un
continuo stallo politico nel Paese.
D. – Quante possibilità ci sono che il
ricorso già annunciato dal presidente possa essere accolto?
R. – Non penso
che ci possano essere grandi possibilità. Si preannuncia una fase di forti tensioni
nelle prossime settimane a livello delle principali istituzioni del Paese, quindi
tra presidenza e Corte costituzionale suprema, visto che la stessa Corte rappresenta
un potere che si controbilancia a quello del presidente. Quindi, non penso che cederà
anche proprio perché ci sono aspetti della Costituzione e della stessa legge elettorale
che si prestano ad interpretazioni abbastanza ambigue. Di conseguenza, si arriverà
ad uno slittamento delle elezioni stesse.
D. – Ma sono le elezioni la via migliore,
la via giusta per togliere l’Egitto dallo stallo politico nel quale è? Sappiamo che
l’opposizione ha già detto di voler boicottare il voto…
R. - Sinceramente,
penso che le elezioni rappresentino in qualsiasi processo di transizione, più o meno
democratica, una fase cruciale. Di conseguenza, per poter superare anche queste tensioni
è necessario che i cittadini possano esprimere il proprio voto liberamente e che queste
elezioni siano veramente libere. Probabilmente, vedremo anche che queste elezioni
porteranno a cambiamenti nella composizione del futuro parlamento. Al di là della
questione del boicottaggio, si parla oggi di un calo di popolarità degli islamisti,
il partito che sostiene il presidente Morsi, e c’è una maggiore pluralità delle forze
politiche, al di là del blocco principale dell’opposizione, quindi ci si potrebbe
comunque aspettare un avanzamento.
D. - Gli ultimi avvenimenti a Port Said
al Cairo sono l’espressione di quale tipo di malumore da parte del popolo egiziano?
R.
– C’è una convergenza di fattori sia a livello politico che a livello socioeconomico.
Partirei da questi ultimi. Da due anni, dalla caduta del regime di Mubarak, l’Egitto
non è cresciuto da un punto di vista socioeconomico, ma al contrario si è trovato
sempre più in basso su un piano inclinato che lo sta portando verso il baratro economico.
La crisi sociale di conseguenza riguarda soprattutto l’insoddisfazione profonda e
la disperazione della popolazione che ha visto le proprie chance di miglioramento
economico o anche solo di sopravvivenza essere sempre più ridotte. A questo si aggiungono
le tensioni politiche. Dalla metà di novembre 2012, il Paese si è trovato costantemente
in una fase di tensioni e di contrapposizioni, in questa divisione tra islamisti e
forze civiche o forze liberali, tra coloro che sostengono il presidente e lo voteranno
alle elezioni e quelli che invece si asterranno sono tutti fattori di lacerazione.
La situazione è molto complessa. Non sappiamo se le elezioni o l’avvio di un processo
di transizione un po’ più regolare, con meno colpi di scena, con meno interruzioni,
potrà aiutare a lenire queste tensioni. Ma penso che sia l’unico modo per poter portare
avanti questo processo.