2013-03-07 14:17:37

Egitto. Scontro tra magistratura e presidenza: no alle elezioni del 22 aprile


In Egitto, si riaccende la tensione dopo la decisione di un tribunale amministrativo di annullare la convocazione delle elezioni, il prossimo 22 aprile, come deciso dal presidente Morsi. Secondo i giudici, alla base del decreto ci sarebbe un grave vizio procedurale perché il Consiglio della Shura non avrebbe riformulato i cinque articoli considerati illegittimi dalla Corte costituzionale suprema. Un nuovo capitolo, dunque, nel contrasto tra presidenza e magistratura come conferma, al microfono di Benedetta Capelli, Silvia Colombo, ricercatrice dell’Istituto di Affari internazionali:RealAudioMP3

R. – Guardando quello che è successo in Egitto dalla metà di novembre in avanti, ci si poteva aspettare una situazione di questo tipo, visto il continuo confronto e le tensioni esistenti tra la magistratura e il presidente Morsi. Siamo ancora in una situazione simile a quanto già successo a metà novembre con il decreto di Morsi, che affidava poteri pressoché assoluti al presidente. In questo momento, visto che la posta in gioco riguardo alle elezioni è molto alta, probabilmente non sarà facile superare questa empasse e non sarà facile portare le due parti verso una convergenza su un punto comune e chiaramente questo porterà naturalmente a un ritardo delle elezioni e quindi a un continuo stallo politico nel Paese.

D. – Quante possibilità ci sono che il ricorso già annunciato dal presidente possa essere accolto?

R. – Non penso che ci possano essere grandi possibilità. Si preannuncia una fase di forti tensioni nelle prossime settimane a livello delle principali istituzioni del Paese, quindi tra presidenza e Corte costituzionale suprema, visto che la stessa Corte rappresenta un potere che si controbilancia a quello del presidente. Quindi, non penso che cederà anche proprio perché ci sono aspetti della Costituzione e della stessa legge elettorale che si prestano ad interpretazioni abbastanza ambigue. Di conseguenza, si arriverà ad uno slittamento delle elezioni stesse.

D. – Ma sono le elezioni la via migliore, la via giusta per togliere l’Egitto dallo stallo politico nel quale è? Sappiamo che l’opposizione ha già detto di voler boicottare il voto…

R. - Sinceramente, penso che le elezioni rappresentino in qualsiasi processo di transizione, più o meno democratica, una fase cruciale. Di conseguenza, per poter superare anche queste tensioni è necessario che i cittadini possano esprimere il proprio voto liberamente e che queste elezioni siano veramente libere. Probabilmente, vedremo anche che queste elezioni porteranno a cambiamenti nella composizione del futuro parlamento. Al di là della questione del boicottaggio, si parla oggi di un calo di popolarità degli islamisti, il partito che sostiene il presidente Morsi, e c’è una maggiore pluralità delle forze politiche, al di là del blocco principale dell’opposizione, quindi ci si potrebbe comunque aspettare un avanzamento.

D. - Gli ultimi avvenimenti a Port Said al Cairo sono l’espressione di quale tipo di malumore da parte del popolo egiziano?

R. – C’è una convergenza di fattori sia a livello politico che a livello socioeconomico. Partirei da questi ultimi. Da due anni, dalla caduta del regime di Mubarak, l’Egitto non è cresciuto da un punto di vista socioeconomico, ma al contrario si è trovato sempre più in basso su un piano inclinato che lo sta portando verso il baratro economico. La crisi sociale di conseguenza riguarda soprattutto l’insoddisfazione profonda e la disperazione della popolazione che ha visto le proprie chance di miglioramento economico o anche solo di sopravvivenza essere sempre più ridotte. A questo si aggiungono le tensioni politiche. Dalla metà di novembre 2012, il Paese si è trovato costantemente in una fase di tensioni e di contrapposizioni, in questa divisione tra islamisti e forze civiche o forze liberali, tra coloro che sostengono il presidente e lo voteranno alle elezioni e quelli che invece si asterranno sono tutti fattori di lacerazione. La situazione è molto complessa. Non sappiamo se le elezioni o l’avvio di un processo di transizione un po’ più regolare, con meno colpi di scena, con meno interruzioni, potrà aiutare a lenire queste tensioni. Ma penso che sia l’unico modo per poter portare avanti questo processo.







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