"Avvenire" consegna al Pakistan 31 mila firme per la liberazione di Asia Bibi
31mila sottoscrizioni per la liberazione di Asia Bibi, la mamma pakistana condannata
a morte nel suo Paese per aver violato, in quanto cattolica, la legge sulla blasfemia.
Le firme, raccolte dal quotidiano Avvenire, sono state consegnate a Roma all’ambasciatrice
della Repubblica islamica pakistana in Italia, Tehmina Janjua. Da circa due anni e
mezzo, il giornale della Cei dedica ogni giorno uno spazio alla causa di Asia Bibi,
detenuta da 1358 giorni. Al microfono di Paolo Ondarza, il direttore di Avvenire
Marco Tarquinio:
R. – Oramai
da due anni e mezzo, diamo conto del perché Asia Bibi è condannata alla pena capitale:
perché è semplicemente una cristiana. Diamo conto ogni giorno dell’inesorabile passare
del tempo… Questa donna è in cella, separata dai suoi figli, dalla sua famiglia. E’
una donna che continua a trovare forza solo nella fede e nella preghiera.
D.
- 31 mila firme, pervenute nella vostra redazione, sono già state consegnate alle
rappresentanze diplomatiche pakistane. Qual è il vostro auspicio dopo mesi di impegno?
R.
- Che ci sia un giudice e in qualunque città pakistana venga celebrato il processo
di appello ad Asia Bibi, e che si rimetta in movimento il procedimento che ha portato
alla condanna a morte questa giovane madre pakistana. Credo sia molto importante che
il Pakistan, che è un grande Paese, dimostri che c’è un giudice, un giudice che possa
evitare questa ignominia. La legge sulla blasfemia è una normativa che, così com’è,
si presta a strumentalizzazioni gravissime e che ha prodotto già quattromila condanne
a morte. E’ una legge che non a caso viene chiamata “legge nera”, proprio perché è
un cuore ferito, sanguinante, nella realtà del Pakistan, che è un grande Paese e che
dovrebbe trovare la via per dimostrare a se stesso e al mondo di voler voltare pagina.
D.
- Asia Bibi è a conoscenza della vostra mobilitazione?
R. - Non ho la certezza
assoluta. Sappiamo che la sua famiglia ne è a conoscenza. Mi piace ricordare come
è cominciata la cosa: inizialmente, abbiamo pubblicato una lettera straordinaria di
Asia Bibi dal carcere. A partire da questo, sono cominciate ad arrivare in redazione
lettere appassionate, bellissime, e abbiamo deciso di accompganere questo slancio
dei nostri lettori.
D. - Quindi, è una mobilitazione partita dal basso, partita
dai lettori di Avvenire?
R. – A me piace dire che la consapevolezza cambia
il mondo. Quando un giornale o una televisione, una radio, come la Radio Vaticana,
informa con pulizia e aderenza alla verità dei fatti, lì parte la forza dell’opinione
pubblica.
D. – Queste 31 mila firme raccolte danno l’idea di come Asia Bibi
non sia sola, anche se, va detto, non sempre tutti gli organi di stampa, tutti i media
si sono occupati del suo caso…
R. – Non c’è una capacità di tenere accesi i
riflettori su un caso come questo. Mi ha colpito molto che sulla grande stampa internazionale
– lo dico senza vena polemica ma con amarezza – abbia furoreggiato il caso di una
donna condannata a morte per una vicenda di adulterio e non si sia riusciti a tenere
accesa l’attenzione sulla vicenda di una donna che è stata condannata a morte a causa
della sua fede. Forse dice qualcosa del tempo che viviamo.