"Ogni angelo è tremendo": l'ultimo libro di Susanna Tamaro
“Ogni angelo è tremendo”, edito da Bompiani, è la storia di una bambina che diventa
adulta. Che nasce di notte, a Trieste, mentre soffia la bora che spazza via ogni cosa
e rende ogni equilibrio impossibile. Di una bambina che cresce in una famiglia incapace
di amare. Ma è anche la storia della scoperta del mondo, della natura e della sua
bellezza. E poi, finalmente, del potere della scrittura. La bambina di cui si racconta
nel libro è Susanna Tamaro, l’autrice, che consegna ai lettori il suo libro
più intimo e coraggioso. Perché scrivere un’autobiografia? Effetto della pressione
di pubblico, degli editori o esigenza interiore? Al microfono di Adriana Masotti,
ascoltiamo la stessa Tamaro:
R. - E’ stato
un insieme di coincidenze. Mi è stato chiesto di scrivere un saggio sulla letteratura
a Trieste: io ho provato, ma non essendo un saggista, dopo un po’ mi è venuto naturale
scrivere secondo il mio punto di vista personale e quindi in prima persona. D’altra
parte, da tempo, riflettevo su che cos’è la letteratura, su che cos’è l’arte in un
mondo che fa credere - soprattutto - che la letteratura sia una via per diventare
ricchi o che basta frequentare un corso di scrittura creativa per diventare scrittori.
Dunque, da parte mia, c’era questo desiderio di indagare l’origine dell’arte e per
farlo non avrei potuto far altro che analizzare la mia vita. Il libro finisce, infatti,
nel momento in cui io scrivo il mio primo libro e dunque capisco che sono uno scrittore.
D. - La storia, però, comincia da lontano: comincia da prima della nascita,
poi la nascita, l’infanzia, l’adolescenza e viene fuori una storia di grande sofferenza,
di disorientamento. Alla fine, però, è anche una testimonianza che dà speranza, perché
si vede che si può sopravvivere al dolore…
R. - Assolutamente sì. Io non sono
una determinista e penso che l’infanzia certo ti segni molto, ma non è proprio il
segno totale della tua vita. Credo che una persona come me, che ha avuto un’infanzia
terribile, possa trovare la via per rinascere, che possa anzi diventare una persona
più forte delle altre e anche più aperta all’amore e alla compassione, proprio perché
sa quanto si soffre nella mancanza di amore. Dunque - lontano dai determinismi psicologici,
per cui se hai avuto una famiglia tremenda, devi essere tremendo a tua volta - io
penso che se hai avuto una famiglia tremenda puoi fare due scelte: o decidere di seguire
la loro strada oppure decidere di prendere la strada opposta. Io ho fatto questa scelta.
Sicuramente il fatto di essere un’artista, quindi di potermi esprimere, è stato un
grande aiuto.
D. - Il fatto di scrivere, cioè, l’ha aiutata anche a trovare
se stessa e quindi a essere capace di perdonare?
R. - Sì, ma anche di poter
metabolizzare questo dolore, condividendolo in qualche modo con i lettori. Tutti i
miei libri hanno al centro del discorso il dolore, il dolore del non amore, il dolore
della perdita… Sono libri che hanno sempre una domanda sul dolore e dunque questo
mi ha permesso di elaborare lentamente, di metabolizzare. In questo libro è come se
svelassi cosa c’era dietro le quinte, come dire: per 20 libri vi ho raccontato questo
mondo, adesso vi racconto da dove è nato questo mondo. Penso che leggendo questo libro
si vedano poi con luce diversa tutti i libri precedenti, si riescano a capire e ad
amare in modo diverso.
D. - La fede: in questo libro è quasi assente, ma c’è
stato per lei anche un cammino nel rapporto con Dio? Questo è stato importante anche
nella trasformazione del dolore in nuova capacità di vita?
R. - Sicuramente
è stato fondamentale. Nel libro ci sono due passaggi: uno quando faccio la Prima Comunione,
che io caparbiamente ho voluto fare in contrasto con la mia famiglia; e poi, nelle
pagine finali, con questa cara amica di mia nonna, che era una maestra di scuola elementare,
che finisce dicendo: “Tutto è santo, tutto è benedetto”. Io ho fatto un lunghissimo
cammino e tuttora lo faccio in questo senso, ma non ho voluto metterlo molto in questo
libro, perché sono sicura che costituirà un libro a parte. In questo ho parlato della
parte creativa e nel prossimo libro - semmai riuscirò a scriverlo - parlerò proprio
del percorso spirituale.
D. - Quanto ha inciso su di lei il recente passato,
rispetto agli anni della nascita, dell’infanzia: i conflitti mondiali, la violenza
che si è tante volte ripetuta in un territorio di confine, come quello appunto di
Trieste, della Venezia Giulia…
R. - Sicuramente molto. Credo che il libro sia
importante anche per questo, proprio perché ricostruisce quel clima che c’era negli
anni Sessanta: quando comincio ad andare a scuola a Trieste, che era un terreno particolarmente
colpito dalle tragedie del Novecento, perché avevamo avuto la I Guerra Mondiale alle
porte di casa; la II Guerra Mondiale che era passata in modo devastante; e poi gli
anni Cinquanta e gli anni Sessanta, in cui si era praticamente appena chiusa la II
Guerra Mondiale e tutto era ancora incandescente. Io con le mie antenne di bambina
iper-ipersensibile sentivo questo dolore che la terra - direi quasi fisicamente -
esprimeva intorno a me. Se fossi nata, che so, in Sicilia, probabilmente avrei avuto
tutto un altro universo narrativo, un altro universo di sentimenti.
D. - Elemento
centrale nella sua vita è sempre stata la natura, allora e oggi: le piante, gli animali,
il vento…
R. - Certamente. Credo che la natura sia stata l’ancora di salvezza
della mia infanzia disperata. Sentivo in me questa grande armonia, che non vedevo
nelle persone intorno a me, ma che vedevo però nella natura e mi dicevo: “Allora c’è
qualcosa di armonioso, c’è qualcosa di grande nella vita, che supera tutto, che supera
la storia, che supera l’infelicità, le violenze personali!”. E questo mi dava sempre
una grande pace e tuttora la natura è uno dei miei grandi interessi. Credo che una
delle grandi lontananze dell’uomo contemporaneo dal discorso di Dio e dalla fede è
sicuramente la lontananza dal mondo naturale, perché il mondo naturale ci parla in
maniera inequivocabile della presenza di un Creatore.