Indonesia: rapporto sugli attacchi alle minoranze religiose nel 2012
Il governo indonesiano non riesce a proteggere le minoranze religiose di fronte al
crescere dell’intolleranza religiosa e della violenza, che ha prodotto 264 attacchi
nel 2012: lo afferma un nuovo Rapporto pubblicato dall’Ong “Human Rights Watch” (HRrw),
dal titolo “Nel nome della religione”, di 107 pagine, e inviato all’agenzia Fides.
Il rapporto invita il presidente Susilo Bambang Yudhoyono ad adottare una politica
di “tolleranza zero” verso i ripetuti attacchi contro le minoranze religiose che stanno
avvelenando la società. Bande islamiche attaccano chiese cristiane e anche “sette
deviate”, mentre il governo indonesiano, la polizia e i militari “assistono passivamente”
e, a volte, “partecipano attivamente” difendendo i nuovi gruppi estremisti, denuncia
Hrw. Il rapporto documenta “il fallimento del governo”, che porta i gruppi militanti
a diventare sempre più aggressivi, perché impuniti. A farne le spese sono comunità
ahmadiy (considerati musulmani eretici), cristiani e comunità islamiche sciite. Secondo
un monitoraggio compiuto dall’Ong in 10 province, nel 2012 si sono verificati 264
episodi di violenza contro le minoranze religiose. Nella maggior parte degli attacchi,
esecutori e mandanti sono rimasti impuniti. In due casi, i funzionari locali si sono
rifiutati di applicare e far rispettare le decisioni della Corte Suprema, che garantiva
alle minoranze il diritto di costruire luoghi di culto, mentre perfino il Ministro
per gli Affari religiosi, Suryadharma Ali – nota il testo – ha rilasciato “dichiarazioni
discriminatorie”. Secondo Hrw, “Yudhoyono dovrebbe insistere sul far perseguire ogni
attacco violento contro le minoranze, mentre ha mostrato una sostanziale indifferenza”.
In più, funzionari governativi e forze di sicurezza indonesiane hanno spesso facilitato
vessazioni e intimidazioni di gruppi di militanti verso le minoranze. Fra i gruppi
estremisti più attivi, si segnalano il “Forum Umat Islam” (“Forum del popolo islamico”)
e il “Front Pembela Islam” (“Fronte dei Difensori dell’Islam”): questi sposano una
interpretazione dell'Islam sunnita che definisce i non-musulmani come “infedeli” e
“blasfemi”. Da tale contesto deriva una grave erosione della libertà religiosa per
i cristiani e le altre minoranze. Tale erosione viene giustificata e avallata – è
l’aspetto peggiore, giudica il Rapporto inviato a Fides – anche da istituzioni pubbliche
come il Ministero degli Affari Religiosi, il Consiglio per il monitoraggio delle credenze
nella società (sotto l’egida del Procuratore generale), il Consiglio degli Ulema,
riconosciuto dallo Stato, che hanno usato la loro autorità per penalizzare le minoranze
religiose. (R.P.)