Kenya. Elezioni segnate dalla violenza: almeno 17 le vittime
Il Kenya ieri al voto per eleggere il suo presidente. I due principali candidati sono
il primo ministro Raila Odinga e il vice primo ministro Uhuru Kenyatta. Intanto, a
conferma delle preoccupazioni della vigilia, circa 17 persone, tra le quali 9 agenti
di polizia, sono state uccise a Mombasa e Kilifi. Giovani armati di machete e pistola
hanno attaccato le stazioni di Polizia. Forse all'origine delle violenze gruppi separatisti
islamici. Quale situazione si prospetta per il Kenya? Giancarlo La Vella lo
ha chiesto al missionario comboniano, padreKizito Sesana:
R. – Il Kenya
viene da 4 o 5 anni di crescita economica annuale intorno al 7%. Questa crescita però
non è ridistribuita equamente: non c’è stata giustizia in questo boom economico che
sta avvenendo. C’è una divisione sempre più grande tra i ricchi e i poveri. Inoltre
la sicurezza sociale praticamente non esiste per la stragrande maggioranza di lavoratori
e questo crea una grande tensione. E’ ovvio che se qualcuno vuole aumentare o lavorare
su queste divisioni, per creare violenza, ha gioco facile.
D. - Stanno prendendo
piede movimenti separatisti che sarebbero coinvolti anche nelle violenze di questi
giorni: che cosa chiedono?
R. – Sì, ad esempio c’è un gruppo di matrice islamica,
che però, come spesso succede, usa l’islam solo per ragioni politiche. Questo gruppo
chiede la separazione della regione costiera dal Kenya. Tutto questo ha una ragione
storica. Fino a tempi recenti la costa è stata indipendente. Almeno fino a quando
non sono arrivati gli inglesi la regione costiera era sotto il dominio di un sultano.
Al momento dell’indipendenza del Kenya c’era stata una richiesta separatista forte
da parte di alcuni personaggi, più o meno eredi della tradizione islamica, che era
stata poi riassorbita. Sembrava non ci fosse più segno di queste rivendicazioni, che
invece sono riemerse un paio di anni fa.
D . – Il Kenya è uno dei principali
territori africani di missione. Come la Chiesa sta operando in questo Paese?
R.
– La Chiesa sta lavorando molto bene per la pace. Ci sono molte iniziative ormai da
un paio d’anni che, in vista di queste elezioni, cercano di sviluppare una cultura
di convivenza tra le diverse etnie. Ci sono molti progetti concreti.