Usa: Obama firma decreto sui tagli alla spesa. A rischio 750 mila posti di lavoro
Nessun accordo negli Stati Uniti per evitare i tagli automatici alla spesa per 85
miliardi di dollari, che sono già scattati grazie ad un decreto firmato dal presidente,
Barack Obama. La stretta colpirà servizi pubblici, programmi sociali, ricerca, salari
statali e spese militari. Da Washington, il servizio di Francesca Baronio:
A nulla sono
valse le negoziazioni che sono andate avanti sino a ieri con i leder del Congresso,
convocati in extremis alla Casa Bianca. Alla fine, il presidente Stati Uniti, Barack
Obama, ha dovuto firmare il decreto che autorizza tagli alla spesa pubblica per 85
miliardi. “I tagli avranno un effetto domino sull’economia, ha detto Obama, che con
un durissimo intervento ha parlato della perdita 750 mila posti di lavoro. Secondo
l’Amministrazione americana, "i tagli non sono necessari", serve invece "responsabilità".
Di parere opposto lo speaker della Camera, John Boehner, che propone, ancora una volta,
la linea dei repubblicani: "Il problema non sono le maggiori entrate ma la spesa".
E preoccupazione è espressa anche dal Fondo monetario internazionale, che parla di
rallentamento dell’economia globale e una riduzione di quella americana dello 0,5%.
Già da ieri, 42 miliardi di dollari sono stati sottratti alla spesa sociale, alla
sanità, all'istruzione e alla giustizia. I restanti 43 riguardano invece tagli al
bilancio della Difesa.
E sulle conseguenze del decreto sui tagli della spesa
americana, Giancarlo La Vella ha intervistato Nico Perrone, docente
di Storia Americana all’Università di Bari:
R. – Io credo
che si debba riconoscere ad Obama la sensibilità di rendersi conto che i tempi sono
cambiati ovunque. Ora, diciamo che la spinta a lui è venuta dalle difficoltà che ci
sono: maggioranze instabili, due rami del parlamento che non riesce a controllare…
Resta però il fatto dell’esistenza di un problema incombente molto grande per gli
Stati Uniti e per il mondo, di cui Obama ha la percezione e la consapevolezza di voler
cercare dei rimedi. D. – Cercare dei rimedi anche in questo caso, come in Europa,
attraverso una serie di sacrifici: si parla di 750 mila posti di lavoro a rischio
…
R. – Questo è certamente vero. Diciamo che però i sacrifici, finora, in America,
non sono stati diretti in modo particolare verso i ceti più poveri. I sacrifici ci
sono e sono sacrifici per tutti, ma graduati a seconda del reddito. Questo invece
non si è riscontrato in Europa e in Italia.
D. – In una innegabile connessione,
che esiste tra le grandi economie mondiali, questa decisione di Obama quali effetti
può avere, da una parte per l’Europa, che sta cercando di uscire dalla crisi, e, dall’altro,
per la Cina, un’economia emergente, sia pure in rallentamento?
R. – La Cina
è l’economia emergente di cui tutti hanno paura, nonostante il rallentamento, che
sta facendo registrare. Tuttavia, l’attento controllo della situazione – rispetto
alla crisi – credo che da parte degli Stati Uniti, da parte di Obama in particolare,
sia riconfermato, anche ora, come il più stabile, il più deciso, il più lungimirante.
Se questo possa servire, è difficile dirlo ora; certo è che Obama si preoccupa di
non ridurre fortemente i consumi: questa preoccupazione invece in Europa non c’è stata.
E questa è una differenza non da poco.
D. – L’aspetto politico di questa decisione:
è ancora una volta scontro con il fronte repubblicano?
R. – Una spaccatura
certamente lui l’ha messa in conto; ma le divisioni erano molto più preoccupanti quando
aveva bisogno della rielezione. Credo che ora giocherà molto la carta dell’appello
all’opinione pubblica, cercando di catturare anche gli incerti e cercando di avere
un certo equilibrio per la sua amministrazione.