Onu: serve accordo Usa-Russia per risolvere la crisi in Siria
Secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, almeno 12 civili,
di cui quattro bambini, sono rimasti uccisi ieri in un bombardamento aereo governativo
su un quartiere di Aleppo. Ma il bilancio complessivo delle vittime di questa giornata
nel Paese sarebbe di circa 70 persone. E all’indomani del vertice a Roma degli “Amici
della Siria” non mancano le critiche per quanto deciso dagli 11 Paesi che sostengono
la Coalizione nazionale siriana. A far discuter soprattutto lo stanziamento, voluto
da Washington, di 60 milioni di dollari da destinare ad aiuti umanitari e militari,
ma solo ai fini dell’addestramento dei ribelli. Dura la reazione di Mosca che
ammonisce: l’esito del summit incoraggia i terroristi. E da Ginevra ha lanciato ieri
sera un grido d'allarme il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon secondo
il quale "la soluzione militare", della crisi in Siria, "sta portando alla disintegrazione"
del Paese. Per un commento alla Conferenza di Roma, Cecilia Seppia ha sentito
Luca Gambardella, giornalista esperto dell’area mediorientale per Equilibri.net:
R. - Coloro
che si aspettavano una reale svolta da questo incontro degli “Amici della Siria”,
da questa conferenza di Roma, sono rimasti parzialmente delusi: in primo luogo, l’opposizione
siriana, la quale si aspettava delle armi che potessero essere fornite direttamente
ai gruppi armati.
D. - Il mediatore internazionale Brahimi ha detto che solo
un accordo Usa-Russia può risolvere la crisi… Qual è il ruolo degli Stati Unti nella
Conferenza degli “Amici della Siria” e in questo scenario?
R. – Credo che un
accordo Usa-Russia a questo punto sia fondamentale. Gli Stati Uniti stanno mantenendo
un basso profilo, e lo hanno testimoniato anche con questa Conferenza di Roma per
motivi soprattutto geopolitici e interessi strategici. Non ci dimentichiamo che gli
Stati Uniti in questo momento stanno riprendendo i negoziati con la Russia per la
questione del nucleare. Allo stesso tempo, c’è l’abbandono delle truppe statunitensi
dall’Afghanistan tramite il territorio russo. Per questo, qualsiasi decisione che
viene presa in merito alla Siria da parte degli Stati Unti, deve essere controbilanciata
da un’intesa diplomatica con la Russia stessa, vale a dire il principale alleato della
Siria e di Assad.
D. – Qualcosa è stato fatto ieri. Gli Stati Uniti hanno stanziato
60 milioni di dollari di aiuti umanitari e militari, ma solo ai fini dell’addestramento
e quindi non parliamo di armi, la notizia però non è piaciuta alla Russia…
R.
- La cifra di 60 milioni di dollari è sicuramente una somma non particolarmente elevata.
L’unica novità è che questi aiuti vengono rivolti direttamente non soltanto alla popolazione
civile ma anche ai gruppi armati, e quindi per la prima volta gli Stati Uniti intendono
relazionarsi direttamente con gruppi armati, e tra questi – ovviamente - ci sono quei
gruppi che fanno parte o che sono collegati a movimenti islamisti e quindi difficilmente
controllabili dall’Occidente. E da questo, appunto, derivano una serie di critiche
e dubbi sulle misure che gli Stati Uniti e tutte le forze occidentali interessate
stanno intraprendendo nei confronti della Siria che portano a pensare che l’Occidente
rischi di creare una "nuova Libia". Diciamo che si sta creando una vera e propria
competizione già da diversi mesi tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali
che supportano gli “Amici della Siria” e Paesi come il Qatar o l’Arabia Saudita che
- ormai da molto tempo - forniscono armi e carri armati all’opposizione siriana la
quale appunto si aspettava un atteggiamento quanto meno simile da parte degli Stati
Uniti.
D. - Al Khatib, leader dell’opposizione ha chiesto l’impegno per l’apertura
di corridoi umanitari, ha chiesto armi per sostenere i ribelli e ha poi parlato della
questione delle armi chimiche come un “finto problema”, una minaccia che non esiste,
che però di fatto, resta un deterrente per un intervento internazionale in Siria...
R.
- La questione delle armi chimiche è stata comunque provata da diversi video abbastanza
attendibili. Anche la questione della deterrenza è abbastanza controversa, nel senso
che l’uso di queste armi non convenzionali e l’uccisione di decine di migliaia di
civili dovrebbe già di per sé rappresentare una deterrenza, se vogliamo estendere
la deterrenza come un motivo valido per poter intervenire. La questione è di opportunità
e di interessi. Ci sono diversi interessi che riguardano Siria. Ritengo che uno dei
motivi principali che ha portato a questo stallo sia stato anche la concorrenza portata
avanti dai Paesi del Golfo, i quali invece si sono dimostrati molto più pronti rispetto
agli Stati Uniti nel fornire direttamente armi ai gruppi armati.