Gli ultimi 18 giorni del Pontificato di Benedetto XVI
Ripercorriamo gli ultimi intensi 18 giorni del Pontificato di Benedetto XVI in questo
servizio di Sergio Centofanti:
“Plena
liberate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri…renuntiare
…”
Benedetto XVI annuncia ai cardinali riuniti in Concistoro la sua decisione:
la rinuncia al ministero petrino. E’ il giorno della memoria della Vergine di Lourdes:
il prossimo 16 aprile, memoria di Santa Bernadette, compirà 86 anni. Le forze che
diminuiscono non gli consentono di proseguire adeguatamente nel ministero. Affida
la Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Cristo. Anche questi ultimi 18 giorni ci
mostrano la sua grande fede. Queste le sue parole nell’udienza generale del 13 febbraio:
“Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale
non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura. … Continuate a pregare per me,
per la Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà”.
Nella catechesi
ricorda che “non è il potere mondano che salva, ma il potere della croce, dell’umiltà,
dell’amore”. Invita a “dare a Dio il primo posto”. Durante la Messa per il Mercoledì
delle Ceneri parla della necessità della conversione, che è opera della misericordia
di Dio, in un mondo che spesso vuole solo condannare:
“In effetti, anche
ai nostri giorni, molti sono pronti a “stracciarsi le vesti” di fronte a scandali
e ingiustizie – naturalmente commessi da altri –, ma pochi sembrano disponibili ad
agire sul proprio ‘cuore’, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando
che il Signore trasformi, rinnovi e converta”.
Invita i credenti a non
deturpare il volto della Chiesa con divisioni e individualismi. La testimonianza “sarà
sempre più incisiva – afferma – quanto meno cercheremo la nostra gloria”. Il 14 febbraio
incontra i sacerdoti di Roma parlando a braccio per 45 minuti sul Concilio, senza
nemmeno una esitazione. Ricorda le speranze per una nuova Pentecoste della Chiesa,
che – dice – è una “realtà vitale” che entra nella nostra anima:
“Noi siamo
la Chiesa, la Chiesa non è una struttura; noi stessi cristiani, insieme, siamo tutti
il Corpo vivo della Chiesa. E, naturalmente, questo vale nel senso che noi, il vero
‘noi’ dei credenti, insieme con l’Io di Cristo, è la Chiesa; ognuno di noi, non ‘un
noi’, un gruppo che si dichiara Chiesa. No: questo ‘noi siamo Chiesa’ esige proprio
il mio inserimento nel grande ‘noi’ dei credenti di tutti i tempi e luoghi”.
All’Angelus
del 17 febbraio, sottolinea che la conversione comporta un vero “combattimento spirituale”:
“In
ogni momento, siamo di fronte a un bivio: vogliamo seguire l’io o Dio? L’interesse
individuale oppure il vero Bene, ciò che realmente è bene?”.
Al
termine degli Esercizi spirituali, il 23 febbraio, spiega che la “verità è bella”
perché Dio è bellezza. Ma il maligno vuole sporcare questa bellezza per rendere irriconoscibile
il Creatore: così il Figlio di Dio è coronato di spine e crocifisso:
“E
tuttavia proprio così, in questa figura sofferente del Figlio di Dio, cominciamo a
vedere la bellezza più profonda del nostro Creatore e Redentore; possiamo, nel silenzio
della ‘notte oscura’, ascoltare tuttavia la Parola. Credere non è altro che, nell’oscurità
del mondo, toccare la mano di Dio e così, nel silenzio, ascoltare la Parola, vedere
l’Amore”.
Oltre 100mila persone partecipano all’ultimo Angelus, il 24 febbraio.
Benedetto XVI torna a spiegare il suo gesto di “salire sul monte” della preghiera:
“Ma
questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio
perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con
cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle
mie forze”.
Nell’ultima udienza generale, il 27 febbraio, davanti a oltre
150mila fedeli, Benedetto XVI ricorda i momenti di gioia del suo pontificato, ma anche
quelli in cui le acque sono erano agitate e il Signore sembrava dormire:
“Ma
ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca
della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare”.
Ha
voluto l’Anno della fede proprio per rafforzare la nostra fiducia in Dio:
“Vorrei
invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini
nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che
ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse
amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo
amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano”.
Poi,
ancora una volta, spiega la sua rinuncia:
“Amare la Chiesa significa anche
avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene
della Chiesa e non se stessi… Non abbandono al croce, ma resto in modo nuovo presso
il Signore Crocifisso”.
Incontrando, poi, per l’ultima volta i cardinali,
ha una parola per il Conclave:
“Che il Signore vi mostri quello che è voluto
da Lui. E tra voi, tra il Collegio Cardinalizio, c’è anche il futuro Papa al quale
già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza”.
L’ultimo
abbraccio è per i fedeli di Castel Gandolfo: Benedetto XVI non è più Pontefice della
Chiesa cattolica, ma un semplice pellegrino che inizia “l’ultima tappa del suo pellegrinaggio
sulla terra”.