Il futuro della Siria passa per Roma. Oggi la riunione interministeriale alla presenza
degli oppositori
Al via la conferenza interministeriale sulla Siria, a cui prende parte anche l'opposizione
al regime di Assad. Delicati i punti di discussione, a cominciare dagli aiuti militari
ai ribelli a quelli umanitari per la popolazione civile. Arrivato nella capitale
italiana anche anche il nuovo Segretario di Stato americano, John Kerry. A cura di
Salvatore Sabatino:
La svolta di Washington – Aiuti diretti ai ribelli
siriani per accelerare la caduta di Assad. Le intenzioni degli Stati Uniti sono chiare.
E traspaiono dalle parole del neo segretario di Stato, John Kerry, prima a Parigi,
durante l’incontro con l’omologo Fabius, poi a Roma, nei primi incontri istituzionali,
in preparazione al vertice internazionale sulla Siria convocato per oggi. In realtà
bisognerà sciogliere diversi nodi. Washington, infatti, sarebbe indirizzata a fornire
beni di prima necessità, per aiutare la popolazione civile; uno dei portavoce dell’opposizione
siriana, invece, ha detto esplicitamente che alla conferenza odierna verrà chiesto
un “sostegno militare qualitativo” per arrivare a una “soluzione politica da una posizione
di forza”. Come dire, si guarda al post-Assad, con la consapevolezza di proseguire
nella guerra. Certamente Obama attenderà il ritorno di Kerry a Washington per prendere
una decisione. Il cambio di passo, però, potrebbe essere annunciato oggi. In realtà
non solo da parte degli Stati Uniti, ma anche da parte della comunità internazionale,
che in seguito all’estrema cautela avuta nei confronti della crisi siriana, ne ha
causato l’impasse diplomatico.
Aiuti sì, ma niente armi – Quello che
si discuterà oggi a Roma sarà un piano complesso e molto articolato. Washington, infatti,
prevede di fornire direttamente ai rappresentanti della coalizione politica che si
oppone al regime di Assad materiali ed equipaggiamento civile e militare: dunque,
giubotti antiproiettile, veicoli blindati, mezzi di comunicazione. Si prevede inoltre
di organizzare, ove sia possibile, veri e propri corsi di addestramento per i combattenti
ribelli, oltre all'invio di aiuti per far fronte alla gravissima emergenza umanitaria.
Dopotutto Obama nei giorni scorsi era stato chiaro, parlando della necessità di creare
maggiori tutele per i civili coinvolti nel conflitto. Niente armi, però, arriveranno
dall’America, visto che fin dall'inizio il timore della Casa Bianca e del Pentagono
è che possano finire nelle mani sbagliate. Una probabilità che nessuno può permettersi,
soprattutto in un momento come questo, in cui si rafforza la coalizione internazionale
al fianco dei ribelli e la Russia sembra lentamente sfilarsi dall’alleanza di ferro
con Damasco.
Le convergenze diplomatiche – Di un sostegno diretto ai
ribelli siriani Kerry parlerà col ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, che
incontrerà nelle prossime ore a Berlino. ''Continueremo a offrire e aumentare l'assistenza
al popolo per promuovere la transizione verso un regime post-Assad'', si è limitato
a commentare il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. Ma le parole del segretario
di Stato sono più che chiare sulla strada che gli Stati Uniti stanno per imboccare
nel tentativo di porre fine a una guerra civile che in due anni si calcola abbia causato
oltre 70.000 vittime. ''Pensiamo che più aiuti arrivano nelle zone liberate della
Siria piu' la transizione si avvicini”, ha spiegato Kerry, da Parigi. Incassando il
pieno appoggio di Fabius: ''Sulla Siria la pensiamo nello stesso modo. Bashar Al Hassad
deve andare via''. Piena sintonia di vedute anche col segretario generale della Nato,
Anders Fogh Rasmussen, che ha incontrato a Roma.