Benedetto XVI saluta i cardinali: la Chiesa vive in Cristo, prometto obbedienza al
futuro Papa
“La vostra vicinanza e il vostro consiglio mi sono stati di grande aiuto”, prego per
il nuovo Papa e gli prometto fin d’ora “reverenza ed obbedienza”. Con queste parole
Benedetto XVI ha ringraziato e si è congedato giovedì mattina dal Collegio cardinalizio,
nell’ultima udienza del Pontificato. Ai 144 porporati presenti, il Papa ha ribadito
che la Chiesa non è un’organizzazione “costruita a tavolino”, ma il suo “cuore” è
Cristo ed è Lui a renderla viva. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Il più straordinario
atto di congedo nella storia della Chiesa non solo contemporanea si consuma in meno
di un'ora. Ma tanto basta a Benedetto XVI per compiere un gesto che nessun protocollo
poteva stabilire: inchinarsi fin d’ora, in segno di obbedienza, davanti al nuovo Papa,
che tra non molti giorni verrà scelto dal gruppo dei cardinali che in quel momento
gli siede davanti, e che tra breve si completerà in vista del Conclave:
“Continuerò
ad esservi vicino con la preghiera, specialmente nei prossimi giorni, affinché siate
pienamente docili all’azione dello Spirito Santo nell’elezione del nuovo Papa. Che
il Signore vi mostri quello che è voluto da Lui. E tra voi, tra il Collegio dei cardinali,
c’è anche il futuro Papa, al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza
ed obbedienza”.
Sono le 11.06 quando Benedetto XVI siede al suo posto.
Il colpo d’occhio che gli si presenta è per certi versi simile a quello dell’11 febbraio,
anche se la Sala del Palazzo apostolico dove si svolge l’incontro è la Clementina
e il numero dei presenti è certamente maggiore e diversamente disposto. Ma stavolta
i sentimenti dominanti sono commozione e affetto, non più sorpresa e stupore. E spetta
ancora al cardinale decano, Angelo Sodano, trovare le parole per dire il grazie delle
porpore al Papa:
“Amato e venerato Successore di Pietro, siamo noi che dobbiamo
ringraziare Lei per l'esempio che ci ha dato in questi otto anni di Pontificato (...)
Con profondo amore noi abbiamo sempre cercato di accompagnarla nel Suo cammino, rivivendo
l'esperienza dei discepoli di Emmaus, i quali, dopo aver camminato con Gesù per un
buon tratto di strada, si dissero l'un l'altro: ‘Non era forse ardente il
nostro cuore, quando ci parlava lungo il cammino?’. Sì, Padre Santo, sappia
che ardeva anche il nostro cuore quando camminavamo con Lei in questi ultimi anni.
Oggi, vogliamo ancora una volta esprimerle tutta la nostra gratitudine”.
E
Benedetto XVI ricambia, abbracciando affettuosamente il cardinale Sodano e, al termine
del suo discorso, uno a uno tutti i presenti, e rileggendo la storia degli ultimi
otto anni della Chiesa con chi, accanto a lui, ne ha portato la responsabilità:
“La
vostra vicinanza, il vostro consiglio, mi sono stati di grande aiuto nel mio ministero.
In questi 8 anni abbiamo vissuto con fede momenti bellissimi di luce radiosa nel cammino
della Chiesa assieme a momenti in cui qualche nube si è addensata nel cielo. Abbiamo
cercato di servire Cristo e la sua Chiesa con amore profondo e totale che è l’anima
del nostro ministero. Abbiamo donato speranza, quella che ci viene da Cristo e che
solo può illuminare il cammino”.
L’eco con quanto affermato in Piazza San
Pietro, davanti ai 150 mila e più dell’ultima udienza generale, è evidente. Nel cuore
del Papa quell’esperienza è impressa a fuoco, perché gli ha mostrato in modo “fisico”
quei due capisaldi del suo magistero, emersi in modo plastico specie in questi ultimi
giorni di Pontificato, ovvero che la Chiesa “è di Cristo” e che la Chiesa “è viva”:
“La
Chiesa non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino, ma una realtà vivente.
Essa vive lungo il corso del tempo in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi,
eppure nella sua natura rimane sempre la stessa. Il suo cuore è Cristo. Era la nostra
esperienza ieri, mi sembra, in piazza. Vedere che la Chiesa è un corpo vivo, animato
dallo Spirito Santo, e vive realmente dalla forza di Dio.”
Benedetto XVI
prende a prestito le parole di un teologo amato e tante volte citato, Romano Guardini,
perché portano in sé la sapienza del Concilio. Ed è su questa sapienza che il Papa
innesta la propria visione di Chiesa, espressa per l’ultima volta come capo e servitore.
È la sua anima a parlare sommessamente nel silenzio della Sala Clementina. E chi ascolta
non può non cogliere in quelle parole la roccia dell’eredità lasciata dal Pontefice
teologo, e umile lavoratore della Vigna del Signore, a chi su di essa costruirà la
storia della Chiesa di domani:
“’La Chiesa si risveglia nelle anime’. La
Chiesa vive, cresce e si risveglia nelle anime che come la Vergine Maria accolgono
la Parola di Dio e la concepiscono per opera dello Spirito Santo (...) Attraverso
la Chiesa il mistero dell’incarnazione rimane presente per sempre. Cristo continua
a camminare attraverso i tempi in tutti i luoghi. Rimaniamo uniti, cari fratelli,
in questo mistero, nella preghiera, specialmente nell’Eucaristia quotidiana, e così
serviamo la Chiesa e l’intera umanità. Questa è la nostra gioia che nessuno ci può
togliere”.