2013-02-26 13:04:39

Il Papa e la preghiera, "arte" che apre a Dio il cuore dell'uomo


Domani, dunque, Benedetto XVI porrà fine al suo Pontificato per ritirarsi a una vita di preghiera. E proprio alla preghiera, il Papa ha dedicato tra il 2011 e il 2012 una vera e propria “scuola”, in particolare sviluppando una serie di catechesi alle udienze generali del mercoledì. Alessandro De Carolis ricorda alcune riflessioni del Pontefice sull’argomento:RealAudioMP3

Un atto sempre meno praticato, in misura direttamente proporzionale con l’eclissi del senso di Dio e la perdita di senso del sacro. Pregare è diventato un fatto raro, anche tra i cristiani. E praticare l’indifferenza aumenta la lontananza, perché – ha spiegato una volta Benedetto XVI – l’ardore della preghiera non è un fuoco che si può far ardere a comando e al bisogno, quanto piuttosto è una fiamma che brucia, cresce e scalda solo se alimentata con costanza. E da questa “regola” non sfugge nessuno:

“Sappiamo bene, infatti, che la preghiera non va data per scontata: occorre imparare a pregare, quasi acquisendo sempre di nuovo quest’arte; anche coloro che sono molto avanzati nella vita spirituale sentono sempre il bisogno di mettersi alla scuola di Gesù per apprendere a pregare con autenticità”. (Udienza generale 4 maggio 2011)

In settimane e mesi di riflessione, spaziando dai Salmi ai pensatori cristiani, il Papa ha fornito una serie di risposte di base alle domande consapevoli di chi cerca un contatto con Dio, e pure a quelle inconsapevoli di chi non pensa a Dio ma prima o poi percepirà che non tutti i bisogni del suo cuore, e anche del corpo, possono ricevere soddisfazione dal mondo del tangibile. Dalla sua creazione, esiste nell’uomo una insopprimibile voce che cerca risposte oltre il confine del sensibile. È quella che Benedetto XVI chiama “nostalgia di eternità”:

“L’uomo di tutti i tempi prega perché non può fare a meno di chiedersi quale sia il senso della sua esistenza, che rimane oscuro e sconfortante, se non viene messo in rapporto con il mistero di Dio e del suo disegno sul mondo. La vita umana è un intreccio di bene e male, di sofferenza immeritata e di gioia e bellezza, che spontaneamente e irresistibilmente ci spinge a chiedere a Dio quella luce e quella forza interiori che ci soccorrano sulla terra e dischiudano una speranza che vada oltre i confini della morte”. (Udienza generale 4 maggio 2011)

E tutto questo vale anche per l’uomo contemporaneo, molto spesso tentato – ha affermato in una occasione il Papa – di “eludere il mistero divino costruendo un dio comprensibile, corrispondente ai propri schemi, ai propri progetti”? La risposta è sì:

“L’uomo ‘digitale’ come quello delle caverne, cerca nell’esperienza religiosa le vie per superare la sua finitezza e per assicurare la sua precaria avventura terrena. Del resto, la vita senza un orizzonte trascendente non avrebbe un senso compiuto e la felicità, alla quale tutti tendiamo, è proiettata spontaneamente verso il futuro, in un domani ancora da compiersi”. (Udienza generale 11 maggio 2011)

Stabilito che l’orizzonte interiore di un essere umano non è dato dalla somma dei suoi sensi – e la sua felicità dalla quantità dei bisogni appagati – ma da quel “desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità che lo spingono verso l’Assoluto”, Benedetto XVI compie un passo ulteriore rispondendo alla domanda: “Qual è lo scopo primario della preghiera?”:

“Lo scopo primario della preghiera è la conversione: il fuoco di Dio che trasforma il nostro cuore e ci fa capaci di vedere Dio e così di vivere secondo Dio e di vivere per l’altro”(…) “All’assoluto di Dio, il credente deve rispondere con un amore assoluto, totale, che impegni tutta la sua vita, le sue forze, il suo cuore”. (Udienza generale 15 giugno 2011)

Questa, in estrema e incompleta sintesi, è la preghiera per Benedetto XVI. L’uomo che tra 48 ore si eclisserà dal mondo per essere solo un cuore orante per la Chiesa, giunta a un nuovo capoverso della sua lunghissima storia. Solo un ultimo insegnamento arriva da Joseph Ratzinger Benedetto XVI, quasi impercettibile nella sua semplicità, ma in perfetta linea con la sua anima e il suo stile e in perfetta antitesi col bisogno di protagonismo spesso arrogante che si nota oggi attorno. Quando pregate, ricorda a tutti, fatelo come il pubblicano in fondo alla chiesa, a capo chino. Riscoprite, dice, la bellezza di mettervi in ginocchio:

“E’ un gesto che porta in sé una radicale ambivalenza: infatti, posso essere costretto a mettermi in ginocchio – condizione di indigenza e di schiavitù – ma posso anche inginocchiarmi spontaneamente, dichiarando il mio limite e, dunque, il mio avere bisogno di un Altro”. (Udienza generale 11 maggio 2011)

Ultimo aggiornamento: 27 febbraio







All the contents on this site are copyrighted ©.