Bangladesh: in migliaia contro l’uso politico della religione
In protesta contro la strumentalizzazione della religione a scopi politici, in Bangladesh
migliaia di persone di ogni fede, età, professione ed etnia hanno recitato insieme
passi dei libri sacri delle quattro grandi religioni del Bangladesh. Dopo la lettura
di Corano (islam), Bibbia (cristianesimo), Gita (induismo) e Tripitaka (buddismo),
la gente ha cantato l'inno nazionale, per affermare che "la religione è personale,
lo Stato è di tutti". Avvenuta il 21 febbraio scorso - riporta l'agenzia AsiaNews
- l'iniziativa è stata organizzata dal movimento pacifico Gonojagoron Mancha, che
da settimane manifesta per chiedere giustizia contro i crimini di guerra e l'espulsione
del Jamaat-e-Islami (partito islamico, all'opposizione) dal governo. Intanto però,
non si fermano i gravi episodi di violenza perpetrati dai sostenitori del Jamaat,
che accusano i manifestanti di blasfemia e hanno causato la morte di quattro persone.
"La nostra protesta - spiega Imran Sarker, principale organizzatore del raduno - non
ha nulla contro la religione. Al contrario, la nostra lotta vuole porre fine alla
politica malata del Jamaat-Shibir (l'ala giovanile), che sfrutta la fede per scopi
politici". Eppure, il partito islamico non si ferma e continua a organizzare scioperi
(hartal), che puntualmente sfociano in atti vandalici, delinquenza comune, oltre a
violenze contro poliziotti e manifestanti pacifici. I disordini provocati dai sostenitori
del Jamaat si sono inaspriti dopo il 18 febbraio, quando il parlamento (guidato dall'Awami
League) ha approvato una modifica all'International Crimes (Tribunals) Act 1973. Il
nuovo emendamento permette allo Stato di chiedere la pena di morte contro chi è riconosciuto
colpevole di crimini di guerra nel 1971. Inoltre, dà la possibilità di espellere il
Jamaat-e-Islami - ritenuto il principale responsabile di torture, omicidi sommari
e stupri durante la guerra - dal governo. Proprio in uno degli ultimi incidenti provocati
dai militanti del partito islamico - avvenuto il 22 febbraio -, quattro persone sono
morte e giornalisti, intellettuali e forze dell'ordine sono stati aggrediti. Gli attivisti
del Gonojagoron Mancha sono presi di mira in modo regolare a Chittagong, Feni, Chandpur,
Rajshahi, Bogra, Sirajganj, Joypurat, Sylhet, Moulvibazar e Pabna. In molte occasione,
i seguaci del Jamaat hanno bruciato le bandiere nazionali. Il 21 febbraio scorso,
anche il primo ministro Sheikh Hasina si è espressa sulle tensioni che stanno profilandosi
nel Paese: "Il Bangladesh non sarà un sistema nazionalista, e tutte le religioni verranno
garantite... tutti vivranno qui godendo di uguali diritti". (R.P.)