2013-02-24 10:50:44

Centrafrica, appello dei vescovi: serve aiuto per salvare il Paese dall'"asfissia"


È difficile la situazione del Centrafrica, nonostante gli accordi di pace tra il governo e i ribelli della coalizione Seleka, firmati l’11 gennaio scorso. Le organizzazioni internazionali parlano di gravi rischi umanitari e un appello a salvare il Paese dall’"asfissia" è arrivato, nei giorni scorsi, anche dalla Conferenza episcopale locale. Quanto è lontano il Paese da una vera pace? Davide Maggiore lo ha chiesto al sacerdote centrafricano, don Mathieu Fabrice Evrard Bondobo:RealAudioMP3

R. – Bisogna essere realistici, perché c’è la speranza di arrivare a una vera pace. Ma c’è anche molto da fare: bisogna coltivare la pace e lavorare per far sì che questa vera pace possa realizzarsi. Il governo di unione nazionale è stato formato recentemente e questo è già un passo molto importante. Adesso il governo, il presidente della Repubblica e tutti gli attori politici coinvolti stanno lavorando. Bisogna però lavorare anche sul tempo, ovviamente.

D. – A preoccupare, però, è anche la situazione umanitaria: le strade sono ancora chiuse e gli aiuti non possono raggiungere chi ne ha bisogno. Quali conseguenze può avere questo sulle popolazioni?

R. – I vescovi, nel loro messaggio, hanno presentato la realtà attuale, soprattutto nelle zone occupate dalla coalizione Seleka. In queste zone occupate, c’è la paura della popolazione, ci sono i campi agricoli abbandonati, persone malate senza cure perché gli ospedali sono chiusi o distrutti, le scuole sono chiuse e lo stato di diritto non esiste quasi più... E’ una situazione allarmante, con conseguenze veramente terribili sulla popolazione. Bisogna che tutti lavorino per uscire da questa situazione e vivere nella pace, ricominciando a lavorare ciascuno nella propria occupazione. E’ necessario riprendere una vita sociale normale.

D. – Abbiamo accennato al fatto che il conflitto ha anche impedito il lavoro nei campi: la fame è un rischio?

R. – E’ un rischio veramente alto. Secondo alcuni analisi condotte dal Programma alimentare mondiale, i prezzi dei viveri sono aumentati veramente molto in queste zone occupate dai ribelli. Non c’è una libera circolazione delle persone perché alcune zone sono ancora chiuse e quindi non ci sono viveri. La popolazione soffre, perché già la situazione economica del Paese è difficile: chi ha già pochi soldi in tasca, fa fatica a comprare viveri. Quindi, il rischio fame è molto alto in queste zone.

D. – I vescovi, nel loro messaggio, si rivolgono anche alle persone di buona volontà: noi, in Europa, possiamo fare qualcosa? C’è un appello che vuole lanciare?

R. – Il mio appello è quello di riprendere il messaggio dei vescovi, soprattutto il secondo momento, quando i vescovi chiedono di agire e di fare qualcosa: non possiamo rimanere a guardare la situazione nella quale la popolazione sta vivendo. I vescovi chiedono di liberare rapidamente questo popolo, compiendo opere concrete, come la libera circolazione nelle zone occupate, l’apertura di un corridoio umanitario. In queste zone, le linee telefoniche sono chiuse e il popolo non può comunicare: questa è una cosa gravissima. Necessaria anche l’apertura di una inchiesta internazionale per chi ha violato i diritti umani. Quindi, il mio appello è questo: che l’Europa ci possa aiutare ad affrontare questa situazione così terribile e così drammatica, in modo da poter arrivare ad una pace vera.







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