Vescovi tedeschi. Don Colombo: nessuno strappo con il Magistero sulla "contraccezione"
d’emergenza
Il comunicato della Conferenza episcopale tedesca sulla cosiddetta “contraccezione
d’emergenza” non rappresenta, come certi hanno sostenuto, uno strappo con i documenti
del Magistero cattolico. Così don Roberto Colombo, bioeticista, docente all'Università
Cattolica di Roma, interviene sul dibattito in corso. La dichiarazione dei vescovi
– precisa – si riferisce alla somministrazione di preparati solo in casi di violenza
sessuale al solo fine di prevenire il concepimento. Massimiliano Menichetti
lo ha intervistato:
R. – I vescovi
tedeschi hanno inteso affermare che in un ospedale cattolico, nell’ambito dell’assistenza
dovuta ad una donna che ha subito violenza sessuale, è lasciata alla decisione dei
medici - in scienza e coscienza - la possibilità, non l’obbligatorietà, anche di somministrare
un farmaco che sia in grado di prevenire la fecondazione, qualora essa non sia ancora
avvenuta, impedendo l’ovulazione, cioè la disponibilità del gamete femminile.
D.
– Quindi assolutamente escluso l’effetto abortivo?
R. – Certo! Al medesimo
tempo, i vescovi hanno ribadito che metodologie di tipo farmacologico che siano in
grado di causare la morte dell’embrione o impedire l’impianto nell’endometrio uterino,
continuano ad essere inaccettabili.
D. – Don Roberto, ma come si fa a essere
certi che non sia avvenuto il concepimento in un caso di questo tipo?
R. –
Occorre che il medico tenga conto, anzitutto, dei più attendibili studi scientifici
sul meccanismo di azione dei singoli contraccettivi orali che ha a disposizione, nelle
diverse posologie in cui possono venire somministrati. Inoltre dovrà tenere conto
della fase del ciclo ovulatorio in cui è avvenuto lo stupro e della distanza di tempo
in cui è possibile intervenire, somministrando il farmaco. Infine dovrà eseguire un’accurata
diagnostica - ecografica ed ormonale – per valutare quali sono i segni obiettivi su
una non ancora avvenuta ovulazione. Sulla base di questa complessa, ma rigorosa procedura,
è possibile raggiungere delle conclusioni che, nell’ambito della inevitabile incertezza
di ogni diagnosi medica, possono però fornire preziose indicazioni sulla non ancora
avvenuta ovulazione nella donna.
D. – Quindi lo ribadiamo: al contrario di
come larga parte della stampa ha letto questa decisione, non si parla né di una decisione
dei vescovi a favore della contraccezione tout court, né quantomeno di un favore nei
confronti di "pillole del giorno dopo", finalizzate a provocare l’aborto...
R.
– I vescovi si sono limitati al caso specifico della donna violentata che, in ragione
del fatto di temere la gravidanza come conseguenza di questo atto delittuoso, chiede
un aiuto ai medici per evitare il concepimento. Non si tratta, invece, dell’altro
caso: quello in cui una volta che il concepimento sia avvenuto, si richiede un intervento
per sopprimere il concepito, al fine di non far proseguire la gravidanza.