I vescovi francesi: mettere l’economia al servizio della società
Un appello suddiviso in sei punti per invitare il governo francese a mettere l’economia
al servizio della società: a lanciarlo è la Commissione episcopale Giustizia e Pace
d’Oltralpe, in una nota diffusa ieri. In particolare, i vescovi chiedono la stesura
di “un codice etico comune per le istituzioni finanziarie che evidenzi l’importanza
della trasparenza, della responsabilità, dei diritti umani e della giusta ripartizione
dei profitti”. Sulla stessa linea, si pone il suggerimento di “creare un organismo
internazionale di regolamento indipendente dalle istituzioni finanziarie e con forti
preoccupazioni etiche”, così come la proposta di rafforzare le normative già esistenti
per “garantire che l’attività economica si conformi alle esigenze della giustizia”.
Per evitare l’evasione fiscale, inoltre, la commissione chiede di “introdurre una
legge che obblighi le imprese a diffondere in modo chiaro e completo tutti gli aspetti
delle loro attività economiche”. Infine, i vescovi francesi ribadiscono la necessità
di continuare a destinare lo 0,7% del Pil agli aiuti allo sviluppo e di istituire
una tassa sulle speculazioni finanziarie, grazie alla quale ricavare finanziamenti
per la giustizia sociale. “La nostra visione – scrivono i presuli – è quella di una
società in cui tutta l’attività economica è al servizio delle esigenze della giustizia
e del bene comune”, poiché “il settore finanziario esiste per servire l’economia reale
che deve essere al servizio della società; e quest’ultima, a sua volta, esiste per
tutelare e promuovere la dignità e il benessere della persona umana”. Al contrario,
evidenzia la Commissione Giustizia e Pace, “il rovesciamento di questo sistema di
valori” ha permesso “al settore finanziario di agire come se fosse al di sopra delle
leggi”, con “conseguenze a caro prezzo” per tutta la società. Per questo, pur riconoscendo
“il contributo positivo delle imprese e delle attività finanziarie per il contesto
sociale”, i vescovi francesi esortano il governo “a vigilare affinché tale contributo
sia giusto ed equo”, al fine di “realizzare, in futuro, un modello economico equanime
e duraturo”. (I.P.)