Esercizi spirituali. Il cardinale Ravasi: sacerdoti testimoni nella società, ma liberi
da vincoli politici
Penultimo giorno di meditazioni in Vaticano. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente
del Pontificio Consiglio della Cultura, incaricato di predicare gli Esercizi spirituali
al Papa e alla Curia Romana, ha posto l’accento sulla figura del sacerdote ma anche
sulla famiglia e gli anziani. Ce ne parla Benedetta Capelli:
Sono due Salmi
– il 16 e il 73 – a guidare la prima meditazione odierna del cardinale Gianfranco
Ravasi. Due testi sacerdotali che hanno al termine un messaggio pasquale. In entrambi
si confessa la debolezza, il peccato, ma poi si guarda alla meta finale che è la comunione
perfetta con Dio. Raccontando le caratteristiche del sacerdote nella Torah, il cardinale
si sofferma proprio su un punto fondamentale:
“Il sacerdote deve essere
presente nella società, proprio perché è il tramite tra Dio e il popolo deve avere
la libertà da ogni vincolo ed interesse concreto, non deve partecipare, non deve lasciarsi
impastoiare nelle questioni della politica, pur essendo presente con la sua testimonianza”.
Dio
quindi basta a tutto e, infatti, al termine del Salmo 16 c’è la professione di fede.
La fede nell’immortalità che è unione piena, mistica, abbraccio con Dio, amore totale
per il nostro amato. Un concetto di immortalità che oggi è decisamente diverso perché,
nella società attuale, si è cancellata l’idea della morte:
“L’immortalità
della società contemporanea è cercare di vivere più a lungo, cercare di sanare gli
organi, ricambiarli come una macchina e continuare a vivere. Questa concezione dell’immortalità
è una concezione misera, già nella 'Spe salvi', Benedetto XVI ci ricordava che l‘eternità
non è una continuità di tempo senza fine. Potrebbe invece essere anche una maledizione
continuare sempre senza poter avere una meta, in una sorta di movimento continuo e
perpetuo”.
Nel Salmo 73 si indica nelle “cose sante di Dio” la via per
tornare a Lui. Dopo la crisi vocazionale – crisi che può toccare anche il fedele –
si ritrova la strada e prima di tutto nella preghiera, nella fiducia completa e nell’abbandono
ai progetti che il Signore riserva per noi, ma in particolare nella purezza della
fede. Una via che porta all’essere abbracciati in Dio, “anche se la mia carne e il
mio cuore – dice il cardinale Ravasi – verranno meno, io sarò con Lui”:
“Questi
sacerdoti ci hanno invitato un po’ ad una certa serenità anche nel realismo della
nostra vita, anche nelle nostre cadute – nelle cadute spirituali, nelle cadute della
nostra esistenza – è un po’ l’impasto della nostra vita. Però, dall’altra parte -
come messaggio ultimo - ci offrono il messaggio dell’oltre: il saper guardare più
in avanti e più in là, verso quella meta ultima. Qui abbiamo, perciò, un messaggio
che potremmo chiamare pasquale!”.
Al centro della seconda meditazione odierna,
il cardinale Ravasi pone la famiglia e ricorda l’efficace definizione data dal sociologo
Levi-Strauss, famiglia come “unione più o meno durevole ma reperibile in ogni società”.
Nonostante le prove che affronta, soprattutto la mancanza drammatica di lavoro, oggi
vive pure di solitudini:
“La società contemporanea, purtroppo, ha adottato
come emblema la ‘porta blindata’: si ha paura di tutto ciò che sta fuori. Una volta,
anche nella nostra tradizione, era il cortile delle case condominiali il luogo dove
si viveva, le porte erano aperte e c’era una comunicazione. Il riso e le lacrime erano
condivise: adesso, invece, è proprio una ‘fiamma isolata’, sono però ‘fiamme’ anche
di calore, non soltanto che bruciano e devastano”.
E quindi nel Salmo 128
si nota come il padre sia colui che mantiene la famiglia, la madre sua “vite feconda”,
colei che è “nell’intimità della casa”:
“Un’intimità che non è fatta solo
– evidentemente – di sessualità anzi, la cultura contemporanea, la società contemporanea,
ha spezzato una collana che era fatta di tre anelli. Primo anello: la sessualità;
ma la sola sessualità è anche animale e non basta. Secondo anello: l’uomo è capace
di eros, che non è la pornografia, l’eros è la scoperta della bellezza, del fascino,
del sentimento, della passione, della volontà di stare insieme, la meraviglia dello
sguardo del volto. Però, non basta. L’uomo è capace – e così chiude il ciclo della
collana – di amore”.
E poi i figli, segni della creazione e della storia
della salvezza che continua, e anche gli anziani, presenti ripetutamente nel Salterio.
Di loro si ricorda quanto siano testimoni, voce “del braccio della tua potenza”. Infine,
concludendo la meditazione, il cardinale Ravasi ha recitato un antico inno tibetano:
“il corpo del vecchio è un prezioso scrigno di canti di fede”.
Nella meditazione
di ieri pomeriggio, il cardinale Ravasi ha evidenziato che la sapienza è un grande
dono dello Spirito Santo, la bellezza una “feritoia” sul trascendente. Entrambe sono
vie verso l’Assoluto.
Domani mattina, l’ultima meditazione del porporato e
il discorso di Benedetto XVI a conclusione degli Esercizi spirituali.