Aumentano matrimoni misti. Mons. Solmi: da Chiesa sostegno alle coppie
Sono 10.858 i matrimoni misti celebrati nelle chiese cattoliche italiane tra il 1999
e il 2008, in forte aumento rispetto al passato. È il risultato di una ricerca promossa
dall’Ufficio per il Dialogo ecumenico e interreligioso della Conferenza episcopale
italiana (Cei), in discussione in questi giorni a Roma nel convegno “Amarsi e sposarsi
nei matrimoni misti: attenzioni pastorali e canoniche”. Per un’analisi dei dati e
delle motivazioni alla base di questa crescita, Roberta Barbi ha intervistato
mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma e presidente della Commissione episcopale
permanente per la Famiglia e la Vita della Cei:
R. - C’è un
aumento di questa tipologia di matrimoni dovuti all’immigrazione e anche alla mobilità
che abbiamo nel nostro Paese in questi ultimi anni.
D. - Per matrimoni misti
s’intendono, in primo luogo, quelli tra persone di confessioni e religioni diverse:
come vengono accompagnate queste coppie all’altare e dopo come vengono seguite queste
famiglie?
R. - Va rilevato che il termine “matrimonio misto” si è esteso sia
ai matrimoni tra un cattolico e un non cattolico - una persona cristiana, comunque,
e qui dovremmo ulteriormente distinguere fra i fratelli separati, protestanti, e gli
ortodossi che mantengono il significato del Sacramento - sia fra cattolici e non cristiani.
Sono accompagnati, direi, in chiave personalizzata, nel senso che ognuna di queste
situazioni è una realtà a sé, e necessita, appunto, di un accompagnamento ad hoc.
Ecco, allora, la presenza del presbitero, del parroco cui ci si rivolge, ma anche
la presenza di coppie particolarmente sensibili, coppie di cattolici che accompagnano
questi fidanzati. Credo che questo sia anche importante, perché è il primo approccio
che la parte non cattolica - e a volte anche quella cattolica - ha con la comunità
cristiana.
D. - Nel novero finiscono anche i matrimoni con coniugi “di altre
tipologie”, cioè con abbandono formale o meno della fede: questo, da un punto di vista
pastorale, pone nuovi interrogativi?
R. - Troviamo spesso situazioni di persone
che hanno abbandonato la fede o che, dopo un’iniziale iniziazione cristiana, non hanno
più frequentato e sono in una situazione pratica di agnosticismo o di lontananza o
d’indifferenza. Proprio il momento della preparazione alle nozze è particolarmente
favorevole per un ripensamento e anche per una ripartenza. Credo che allora ci dia
delle grandi opportunità: ripresentare la preparazione al matrimonio come un’accoglienza
di tutti e una ripartenza nella fede. E qui il soggetto primo deve essere la comunità
cristiana, all’interno della quale la figura dei coniugi, degli sposi, unita a quella
del presbitero, hanno un ruolo molto importante.
D. - I figli nati in questi
matrimoni vengono battezzati?
R. - Certamente, l’impegno che si assume è quello
di battezzare, di educare nella fede i figli che nasceranno: questo è l’impegno che
ci si assume e che deve essere circondato dalla premura della comunità cristiana,
nel rispetto della parte non cattolica - a volte addirittura della parte non cristiana
- ma anche con una sollecitazione, perché il dono della fede venga a essere trasmesso
alle nuove generazioni.
D. - La maggior parte dei matrimoni misti, secondo
i dati, si concentra nel nord, dove risiede la maggior parte della popolazione immigrata:
ci racconta la sua esperienza da vescovo di una città del nord?
R. - Il Nord,
certamente, vede la presenza - parlo della realtà dell’Emilia Romagna - di un 12-13%
di persone immigrate, quindi nascono queste opportunità. Direi che quando si arriva
a un matrimonio misto è segno che è stato fatto un percorso significativo. Quando
si arriva a questo è perché c’è realmente un percorso di amore. Ed ecco che è normale
anche aprirsi alla comunità cristiana, chiedere di essere accolti, di essere capiti
nella particolarità di questo percorso. Nascono anche delle esperienze molto belle
d’integrazione nel corpo vivo della comunità: persone che iniziano a fare amicizia,
a incontrare altre coppie, a camminare insieme sia nel percorso prima del matrimonio,
e poi nel percorso di giovani coppie. Questo sollecita anche i cattolici a conoscere
maggiormente i valori del Sacramento del matrimonio, cosa credono le altre confessioni
religiose, e di instaurare un dialogo che, per certi versi, è nuovo.