Il nunzio in Libano: Benedetto XVI, artefice di pace per il Medio Oriente
Il Libano ha appreso con stupore, ma anche con stima e rispetto, la notizia della
rinuncia del Papa. Il Paese dei Cedri ha accolto nel settembre scorso Benedetto XVI
per quello che è stato il suo ultimo viaggio apostolico internazionale. Tracey
McLure ne ha parlato col nunzio in Libano, mons. Gabriele Caccia:
R. – Quando
abbiamo vissuto i giorni fantastici e indimenticabili della presenza del Santo Padre
in Libano, nessuno di noi avrebbe mai pensato a una decisione così improvvisa, come
quella che abbiamo ascoltato nei giorni scorsi. Ma in un certo senso tutto ciò rende
ancora più preziosi le parole e il dono che il Santo Padre ha fatto, il dono dell’Esortazione
apostolica, che sarà visto quasi come un testamento per questa regione del mondo.
Le sue parole, a tutti i livelli, a livello istituzionali, con il presidente della
Repubblica, con gli uomini impegnati nelle istituzioni e i centri di cultura, nel
servizio diplomatico, i discorsi indimenticabili pieni di entusiasmo con i giovani,
l’incontro con le realtà della Chiesa, delle Chiese del Medio Oriente, con i patriarchi,
i vescovi, con i confratelli cristiani ma non cattolici, gli incontri personali con
i capi musulmani che qui vivono e con il mondo musulmano. Tutto questo assume un valore
ancora più importante e quasi profetico. Il futuro della Chiesa trova sempre la sua
possibilità nelle radici della Chiesa e il Medio Oriente è il luogo dove tutto è nato.
Quindi è anche una responsabilità per tutti noi per vivere all’altezza del messaggio
che il Santo Padre ci ha lasciato e sulle strade che egli ci ha indicato per i prossimi
anni.
D. – Che cosa vorrebbe dire attraverso la Radio Vaticana a Papa Benedetto
XVI?
R. – Vorrei ripetere le parole che ho avuto modo di dire salutandolo qui
in nunziatura. Innanzitutto un grande grazie per la sua generosità a rispondere alla
chiamata del Signore, per la fatica con la quale ha affrontato il peso del ministero
petrino, per il coraggio che l’ha guidato in tutte le sue scelte, anche quella di
visitare una regione come la nostra, percorsa da guerre e violenze. E insieme vorrei
anche ripetere al Santo Padre: si senta riconfortato nel suo ministero perché lei
ha potuto vedere quanto la gente la stima, la ama e soprattutto quanto prega per lei.
E’ significativo per me che l’ultimo incontro fuori programma, prima di raggiungere
l’aeroporto, sia stato proprio una sosta a un monastero di vita di clausura contemplativa
presso le carmelitane di Harissa. E’ stato un momento di grande emozione e di grande
fede. E vorrei dire che il Santo Padre ora condurrà una vita simile in un luogo di
preghiera, in un clima di raccoglimento. Noi sappiamo come è importante tutto ciò
e quindi vogliamo dire al Santo Padre: noi nella preghiera le staremo sempre uniti,
l’accompagneremo sempre, ma anche chiediamo che lei continui a intercedere per la
pace e a pregare per tutti noi, in modo particolare per i cristiani del Medio Oriente,
che tanto la amano e che hanno apprezzato il suo ultimo viaggio tra di loro.