Esercizi spirituali, il cardinale Ravasi: sapienza e bellezza vie verso il Signore
La sapienza è un grande dono dello Spirito Santo, la bellezza una “feritoia” sul trascendente.
Queste le vie verso l’Assoluto, indicate dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente
del Pontificio Consiglio della Cultura, nella meditazione di ieri sera durante gli
esercizi spirituali in Vaticano alla presenza del Papa e della Curia. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
Dopo le meditazioni
dedicate alle ‘notti’ del peccato e dell’assenza di Dio, il cardinale Ravasi si è
soffermato ieri sera sulla ‘luce dell’alba’, illuminata dal “sapore della felicità”,
attraverso l’analisi di due parole importanti per la teologia e per la filosofia:
sapienza e bellezza. Il cuore della sapienza, da non identificare semplicemente con
l’intelligenza ma con un’autentica “densità di umanità”, è la ricerca che porta a
dare senso alla vita:
“Il verbo ‘sápere’ in latino ha come primo significato
avere sapore. Ed è tardo, successivo, il significato di sapere. E’ avere gusto. Per
questo motivo, lo stolto si dice anche insipiente e, per certi versi, anche insipido,
perché il vero sapiente è colui che dà senso alla vita”.
Tante volte siamo
avvolti da un’insipienza che diventa semplicemente stupidità, volgarità. Anche il
mondo della comunicazione di massa – ha detto il cardinale Ravasi - spesso predilige,
come in questi giorni, la pula al grano, il ‘chiacchiericcio’ alla verità. Il sapiente,
invece, trova la sua gioia nella legge del Signore. E’ come “un albero piantato lungo
un ruscello che dà frutto”:
“Questo albero, che ci permette di essere ricchi
di frutti, è l’albero della Croce. E il Sapiente che è lì e che ci alimenta è Cristo.
Per cui, noi con il battesimo, con le acque del ruscello del Battesimo - idealmente
- siamo partecipi di quella Sapienza e di quella Croce”.
L’altra via indicata
dal cardinale Ravasi è quella della bellezza, declinata nelle sue forme più alte.
I salmi, in particolare, sono poesia, canto e musica e seguono la via della bellezza
per pregare e per parlare di Dio. Ma questa via - ha affermato - porta anche inquietudine.
La bellezza non lascia indifferenti. La ferita inferta dall’arte all’umanità è una
“feritoia” aperta sull’assoluto, sul trascendente, come ricordato con queste parole,
nel 2002, dall’allora cardinale Joseph Ratzinger:
“La bellezza ferisce,
ma proprio così essa richiama l’uomo al suo destino ultimo”.