Bulgaria: dopo due settimane di proteste popolari cade il governo
Sotto la pressione della protesta popolare, il governo conservatore bulgaro di Boyko
Borissov si è dimesso ieri, aprendo la strada a elezioni anticipate in primavera.
La fine della legislatura sarebbe stata prevista a luglio. Da quasi due settimane,
si registravano ogni giorno dimostrazioni di piazza, iniziate a seguito dell’aumento
vertiginoso del prezzo delle bollette di elettricità. Della crisi politica e della
situazione economica della Bulgaria, Fausta Speranza ha parlato con la docente
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Serena Giusti, che si occupa
in particolare di Europa dell'Est:
R. – Il crollo
del governo in Bulgaria ripropone un po’ la questione aperta della crisi economica
europea che poi naturalmente ha effetti più devastanti nei Paesi più deboli dell’Unione
europea. E’ stata adottata una politica fiscale abbastanza rigida per rispettare vincoli
di bilancio che la Bulgaria vuole rispettare, nonostante ancora non faccia parte dell’euro.
Quindi sono stati congelati i salari, sono state congelate le pensioni, sono aumentate
le tasse e per di più la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’aumento
delle tariffe elettriche, abbastanza grave in un Paese colpito dal freddo di questo
inverno abbastanza rigido.
D. – Non sono colpite solo le fasce più deboli…
R.
– Le fasce più coinvolte sono le fasce più deboli, quindi quelle dei pensionati, ma
anche la classe media viene colpita da questa crisi e questo è un tratto che ritroviamo
un po’ in tutti i Paesi europei, soprattutto quelli anche del Mediterraneo, come Italia,
Spagna e Grecia. Laddove si va a colpire la classe media, si colpisce l’intero Pese,
si colpisce in fondo il futuro del Paese. Questo fa sì che le persone scendano in
piazza. La Bulgaria è uno dei Paesi più poveri dell’Unione Europea, il salario medio
si aggira sull’equivalente di 480 dollari al mese, quindi c’è uno strato della popolazione
che rischia la povertà.
D. – Parliamo anche di corruzione perché sappiamo che
questo è un problema di questo Paese, stando alle statistiche…
R. – Sì, la
corruzione è un problema che riguarda sia la Bulgaria che la Romania. L’Unione Europea
era ben consapevole che questa era una questione aperta anche nel momento dell’adesione,
tuttavia la scelta politica è stata quella di far sì che non passassero troppi anni
tra il primo e il secondo allargamento ad Est. Sappiamo che una volta entrati nell’Unione
Europea, il potere anche di controllo di Bruxelles si indebolisce inevitabilmente
rispetto alla fase di esame in vista dell’ingresso. I governi bulgari non sono stati
in grado di combattere la corruzione, anche questo governo è caduto su scandali di
corruzione. Ma direi che anche qui si ripropone a livello europeo un problema dell’importanza
di una buona governance su cui i governi europei devono veramente lavorare e insistere.
D.
- Però tutti questi problemi c’erano anche prima della crisi…
R. - Sulla questione
della crisi economica bisogna distinguere da Paese a Paese. I Paesi che già nel momento
dell’adesione stavano risalendo anche da un punto di vista economico sono quelli che
hanno sostenuto meglio la crisi. La Polonia è un esempio, un esempio di un Paese che
addirittura ha reagito meglio alla crisi degli altri Paesi europei. Ma certamente
dove c’erano maggiori difficoltà, la crisi è stata ancora più grave. Penso soprattutto
alla Bulgaria e alla Romania.