Il card. Ravasi: la società contemporanea ha creato nelle nostre città una folla di
solitudini
Dolore e isolamento, i nuclei attorno ai quali si è snodata la meditazione tenuta
ieri pomeriggio dal presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il card. Gianfranco
Ravasi, al Papa e alla Curia Romana nell’ambito degli esercizi spirituali di Quaresima.
"La società contemporanea – ha detto il porporato - ha creato nelle nostre città
una folla di solitudini". Il servizio è di Paolo Ondarza:
L’Incarnazione
di Cristo e l’uomo sofferente, solo. Attorno a questo rapporto si è snodata la meditazione
pomeridiana del card. Ravasi. Di fronte al dolore l’uomo non trova risposta, può disperare
o tacere. Il porporato racconta l’esperienza del filosofo francese Emmanuel Mounier
che di fronte alla figlia colpita da encefalite acuta, non riesce a vedere in lei
solo una carne malata, ma vi sorge un’immensità di mistero. E’ l’immagine della
fede. Nel Salterio – ricorda il card. Ravasi evidenziando l’importanza di una pastorale
della sofferenza – sono molti i salmi sulla malattia: l’orante descrive il dolore,
le lacrime, l’incubo della morte, la solitudine, l’abbandono degli amici di un tempo.
In questa condizione solo Dio resta accanto:
Se anche gli amici mi hanno
abbandonato - che Lui non mi lascia. Il Signore ascolta la mia supplica - l’ultimo
versetto - il Signore accoglie la mia preghiera.
C’è poi la sofferenza
di chi è solo, isolato da tutti e messo alla prova con domande: “Dov’è il tuo Dio?”.
Il salmista è però certo che Dio non lo abbandona ed immagina il momento in cui sarà
da Lui consolato.
Ecco il punto di approdo, per ora sognato ma alimentato
dalla fede. Il Signore, che è giusto, deve ancora riportarmi alla mia dignità e soprattutto
alla mia vita vera, a quella sorgente che mi era necessaria.
L’isolamento,
"campo da gioco di Satana" scriveva un autore russo, è una piaga del mondo contemporaneo,
una "grande prova".
Pensiamo, una domenica in una grande metropoli, pensate
in quante case ci sono persone sole: lì; davanti ad un telefono ed aspettano che il
telefono suoni, perché se il telefono suona è segno che c’è qualcuno che si ricorda
ancora di loro; aspettano che il campanello di casa suoni, perché vuol dire che arriva
almeno una persona a trovarli. Invece, resterà muto tutto il giorno, in questi grandi
condomini in cui non ci si conosce neppure se si vive sullo stesso pianerottolo.
“Vistare gli ammalati” è una delle grandi opere di misericordia, il sofferente – ha
proseguito il card. Ravasi - ha bisogno di ascolto e percepisce la fretta di chi
lo visita, ma guarda l’orologio.
Il tema della solitudine, dell’isolamento,
è importante nella società contemporanea che ha creato veramente nelle nostre città
una folla di “solitudini”.
C’è poi l’isolamento della calunnia.
Certe
volte, veramente, si rimane stupiti nel vedere - questo purtroppo accade anche all'interno
del nostro mondo - la cattiveria con cui uno vuole distruggere un altro.
La
calunnia inchioda nella solitudine, nell’abbandono. A tal proposito il card. Ravasi
ha ricordato le vittime del bullismo on line: giovani che, fatti ripetutamente oggetto
di sarcasmo e ironia sul web, arrivano a preferire la morte alla vita.
Una
buona parte del male nasce dalle mani dell’uomo, anche se spesso lo attribuiamo a
Dio.
È inutile dire: “Dio vede, allora perché resta indifferente di fronte
al bambino che muore di fame in Africa, o in Asia?”, quando sappiamo che un solo bombardiere
potrebbe mantenere, forse per un anno, non so quante centinaia di bambini.
C’è
però un male non riconducibile all’uomo, un dolore che sconcerta, provoca. E’ l’esperienza
di Giobbe, narrata nel Vecchio Testamento: dopo varie prove, scopre da Dio che c’è
un disegno di insieme nel quale anche la sofferenza più dura e incomprensibile, ha
un significato. Il porporato ha quindi trattato la visione cristiana del dolore, una
visione che desta scandalo: Dio in Cristo si china sull’uomo – ha detto - e ne assume
la sofferenza, il limite. Gesù attraversa tutta la gamma oscura del dolore: paura,
solitudine, isolamento, tradimento, sofferenza fisica, silenzio di Dio, morte.
Dio, quindi in Cristo, non ci protegge da ogni sofferenza, ma
ci sostiene e ci libera in ogni sofferenza, stando con noi.
Questa
mattina le meditazioni avevano avuto come tema”la Fede come adesione cosciente, libera
e appassionata” e “l’incontro dell’uomo con il limite”. E’ nel restare puri e fiduciosi
come bambini che si connota la fede aveva detto il card. Ravasi denunciando nel contempo
il grande dramma della pedofilia. Poi l’invito ad accogliere il limite umano. Anche
se talvolta il dolore ci mette in crisi con Dio e con il mondo, nonostante
le tenebre, l’esperienza cristiana apre sempre ad un orizzonte di luce per cui il
buio non ha mai l’ultima parola.