Tanzania: sgomento e dolore a Zanzibar per l'assassinio di un sacerdote
Shock e dolore per l’assassinio di un sacerdote cattolico sono stati espressi nell’isola
di Zanzibar sia dai membri della piccola comunità cristiana che da tanti musulmani:
lo dice all'agenzia Misna mons. Augustine Shao, il vescovo locale, all’indomani dell’agguato
avvenuto nel cuore della “città vecchia”. Secondo una ricostruzione fornita da responsabili
di polizia e confermata da mons. Shao, padre Evarist Mushi è stato ucciso a colpi
di pistola mentre stava parcheggiando l’automobile di fronte all’ingresso della sua
parrocchia di San Giuseppe. Erano le 7 di mattina e il sacerdote doveva dire la Messa
della prima domenica di quaresima. A ucciderlo sarebbero stati alcuni uomini che lo
attendevano e che sarebbero poi fuggiti in motocicletta. Secondo il quotidiano della
Tanzania The Guardian, in relazione all’omicidio la polizia ha già fermato tre sospetti.
Sulle possibili motivazioni dell’agguato, però, non ci sono molti elementi. Una fonte
della Misna che ha conosciuto personalmente padre Mushi ricorda che il religioso era
stato a lungo impegnato in un programma di lotta all’Aids frutto di una collaborazione
tra la Chiesa locale e i rappresentanti della comunità musulmana. L’impegno di padre
Mushi a favore del dialogo interreligioso è sottolineato anche dal vescovo, secondo
il quale però negli ultimi tempi nell’isola e nell’arcipelago di Zanzibar il tradizionale
clima di apertura e confronto tra le culture è apparso per certi versi a rischio.
“La maggioranza dei musulmani vuole la pace e il dialogo – sottolinea mons. Shao –
ma negli ultimi due anni è cresciuto il peso di gruppi estremisti che secondo il governo
riceverebbero finanziamenti dall’estero”. Uno dei nomi più ricorrenti è Uamsho, “risveglio”
in lingua swahili, una formazione nata nel 2001 che si batte per una piena autonomia
dell’arcipelago dalla Tanzania. A Zanzibar l’agguato di ieri non è il primo contro
un religioso cattolico. A Natale alcuni sicari avevano sparato a padre Ambrose Mkenda,
che era rimasto ferito. Rispetto alla Tanzania l’arcipelago gode di uno statuto di
semi-autonomia. Lo scorso anno era stato teatro di disordini dopo l’arresto di Sheikh
Ponda Issa Ponda, dirigente di un’organizzazione ritenuta da fonti della Misna “estremista
e non rappresentativa degli orientamenti della maggioranza dei musulmani”. (R.P.)