La Chiesa è di Cristo: l’eredità più forte di Benedetto XVI
Qual è l’immagine che Benedetto XVI ha della Chiesa? Quale eredità lascerà al suo
successore? Sono questi alcuni degli interrogativi che molti si pongono, nei media
e non solo. In realtà, sarebbe sufficiente ascoltare quello che il Papa sta dicendo
in questi giorni per avere una risposta. “La Chiesa è di Cristo”, ha affermato con
forza. La Chiesa ha bisogno di “rinnovarsi nello spirito”, ha ribadito domenica scorsa.
A dieci giorni dalla fine del suo Pontificato, riprendiamo dunque alcuni passaggi
degli ultimi interventi di Benedetto XVI nel servizio di Alessandro Gisotti:
“Per il bene
della Chiesa”. Dall’inizio del suo ministero petrino, Benedetto XVI lo ha testimoniato
con i suoi gesti, con le sue parole, con la sua stessa persona. Il bene della Chiesa
prima di tutto, perché la Chiesa non appartiene a noi, neppure a Pietro. La Chiesa
è di Cristo. Ed è questo il significato più profondo della sua rinuncia:
“Ho
fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo
ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza (…) Mi sostiene e mi illumina la
certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida
e la sua cura”. (Udienza generale, 13 febbraio 2013)
Ma se
la Chiesa è di Cristo, allora sono inconciliabili con Essa i protagonismi, le divisioni,
il mettere l’io davanti a Dio. Significativamente, Benedetto XVI rinuncia al suo ministero
in Quaresima, tempo forte di penitenza, conversione e rinnovamento spirituale. Un
rinnovamento che inizia con la denuncia del male che strappa le vesti di Cristo:
“Penso
in particolare alle colpe contro l’unità della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale.
Vivere la Quaresima in una più intensa ed evidente comunione ecclesiale, superando
individualismi e rivalità, è un segno umile e prezioso per coloro che sono lontani
dalla fede o indifferenti”. (Rito delle Ceneri, 13 febbraio 2013)
La visione
del Papa per l’avvenire della Chiesa non è pessimista. Tutt’altro. Benedetto XVI sa
e ci ricorda che “il futuro è di Dio” e che la Chiesa è viva, è “sempre giovane” perché
Cristo è vivo, “Egli è veramente risorto”. Bisogna allora guardare con fiducia al
futuro, vivere quello spirito pentecostale che aveva contraddistinto il Concilio Vaticano
II, bussola sicura per la Chiesa nel mare agitato della contemporaneità:
“Noi
siamo andati al Concilio non solo con gioia, ma con entusiasmo. C'era un’aspettativa
incredibile. Speravamo che tutto si rinnovasse, veramente che venisse una nuova Pentecoste,
una nuova era della Chiesa”. (Incontro con i sacerdoti romani, 14 febbraio 2013)
Una
nuova era della Chiesa che inizia ritornando al cuore dell’avvenimento cristiano:
l’incontro con Gesù. Ecco qual è l’unico vero programma che Benedetto XVI ci affida
per il futuro: mettersi in ascolto della parola e della volontà del Signore e lasciarsi
guidare da Lui:
“La Chiesa, che è madre e maestra, chiama tutti i suoi membri
a rinnovarsi nello spirito, a riorientarsi decisamente verso Dio, rinnegando l’orgoglio
e l’egoismo per vivere nell’amore. In questo Anno della fede
la Quaresima è un tempo favorevole per riscoprire la fede in Dio come criterio-base
della nostra vita e della vita della Chiesa”. (Angelus, 17 febbraio
2013)