2013-02-17 07:57:01

Mozambico: iniziativa del Cuamm a favore delle madri sieropositive


“Donne per la vita”. Queste parole sintetizzano il progetto di un gruppo di madri sieropositive della città di Beira, in Mozambico, che hanno costituito un’associazione per aiutare altre donne ad andare oltre i problemi sanitari e sociali dovuti all’Aids. A illustrare il contesto in cui nasce l’iniziativa, al microfono di Davide Maggiore, è Andrea Atzori, delegato per le relazioni internazionali di “Medici con l’Africa–Cuamm” che sostiene il progetto:RealAudioMP3

R. – Beira è una realtà urbana, è la seconda città del Paese, ha circa 600 mila abitanti e ha diversi problemi sanitari, ma è soprattutto l’alta prevalenza di Hiv a spiccare. Raggiunge, infatti, quasi il 25 per cento della popolazione. Quindi una persona su quattro è sieropositiva. Questo chiaramente ha un impatto drammatico sulla salute delle persone e, soprattutto, mette a dura prova i servizi sanitari, che devono fornire il trattamento antiretrovirale e tutta una serie di servizi sanitari a supporto di queste persone sieropositive. La città di Beira si caratterizza anche per avere una popolazione che appartiene a fasce più povere, quindi alle zone periferiche della città, dove oltre all’alta prevalenza, ci sono difficoltà di accesso ai servizi sanitari di base.

D. – In questo contesto nasce l’associazione “Kuplumussana”, che il Cuamm ha deciso di sostenere...

R. – Nasce innanzitutto dall’intervento dei Medici con l’Africa-Cuamm, che era concentrato nelle unità sanitarie. Lavorando nelle unità sanitarie si è capito che i servizi sanitari non erano sufficienti per coprire tutti i bisogni di queste persone e serviva un intervento di tipo comunitario, vicino alle persone, nelle loro comunità e nei quartieri della città. Per questo si è iniziato a dialogare con le persone sieropositive, soprattutto con le donne sieropositive. Si è iniziato con un gruppo molto piccolo, per poi arrivare a costituire un’associazione che si chiama “Kuplumussana”. L’associazione lavora con i servizi sanitari, per facilitare e aiutare le persone ad avvicinarsi al test, quindi a capire se sono sieropositive o no, per facilitare l’accesso al trattamento antiretrovirale, che mantiene in vita queste persone, e poi per fare in modo che anche nei momenti più importanti, come quello della gravidanza, si sappia se una donna è sieropositiva, faccia, dunque, tutto il trattamento e partorisca in strutture protette, dove vengano dati farmaci, che diano una buona chance ai bambini di nascere sieronegativi.

D. – Come, concretamente, l’Associazione “Kuplumussana” fa questo?

R. – Le donne sieropositive sono una quarantina. L’associazione si coordina con i servizi sanitari. Quando il servizio sanitario ha bisogno del loro aiuto, nel caso una persona sotto trattamento lo abbia sospeso e quindi sia “sparita”, non si trovi più, loro vanno a ricercarla nelle comunità e le spiegano l’importanza di continuare il trattamento. Oppure, prima ancora, fanno delle attività di sensibilizzazione nelle comunità, dicendo quanto sia importante fare il test per sapere se si è sieropositivi o meno. Fanno un’opera di sensibilizzazione anche verso i mariti, in modo che anche la coppia sappia se è sieropositiva o meno. Oppure supportano le donne, in quelle situazioni in cui vivono in abbandono, perché il marito le ha abbandonate, dopo aver scoperto che sono sieropositive o in situazioni di violenza o, comunque, di indigenza. Quindi, è proprio una completa integrazione tra quello che è il servizio sanitario e quello che invece è anche il supporto psicosociale.

D. – Qual è l’importanza in questa società dell’elemento femminile? Perché puntare sulle donne per questo progetto?

R. – Spesso le donne sono le più povere e a volte hanno più difficoltà ad accedere ai servizi sanitari; chi ha lavorato in Africa sa che la donna è il vero motore dell’economia locale, la vera forza delle comunità africane. Bisogna lavorare perché le donne accedano ai servizi sanitari. La donna, anche quando è sieropositiva, quindi con l’Hiv, grazie ai farmaci oggi ha buone chance di dare alla luce bambini sieronegativi, e questo vuol dire una generazione libera dall’Hiv.







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