Siria: Assad non lascia il potere, Russia chiede medizione diretta con Damasco
Per il ministro degli esteri russo Lavrov il presidente siriano, Assad, non vuole
lasciare il potere e non ascolta alcun consiglio. Sul terreno non accenna a placarsi
la violenza: è scontro finale tra ribelli e lealisti per la conquista dell’aeroporto
di Aleppo. Almeno 48 i morti di ieri secondo l’opposizione che invoca un processo
per i crimini commessi da Assad e dai vertici militari. Peggiora drasticamente la
situazione dei profughi per cui l’Ue ha stanziato 400 milioni di euro. Ieri una quarantina
di civili, in prevalenza sciiti, in fuga dalla zona di Idlib a bordo di un autobus
sono stati rapiti, mentre un colpo di mortaio è caduto in territorio Turco senza provocare
vittime. Infine, fa discutere la notizia dell’uccisione di un pasdaran iraniano, avvenuta
martedì scorso. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Lorenzo Trombetta,
studioso di Siria e giornalista residente in Libano::
R. - Anzitutto,
è un episodio ancora avvolto dal mistero. Le stesse fonti iraniane hanno dato resoconti
contrastanti, a partire dall’identità della vittima e dal suo ruolo: da Teheran affermano
che, sì, era un alto ufficiale dei pasdaran, in particolare della Brigata al-Quds,
che si occupa delle operazioni all’estero. Ma dall’ambasciata iraniana a Beirut hanno
affermato che si trattava di un ingegnere impiegato da molti anni nella gestione della
ricostruzione del sud del Libano, territorio danneggiato profondamente durante la
guerra tra hezbollah e Israele del 2006. Forse sono vere entrambe le cose: ovvero
che era un ingegnere e che lavorava con una copertura civile, ma che aveva poi un
ruolo militare. Tra l’altro, poi, la presenza di pasdaran in Libano è accertata
dagli anni Ottanta e ammessa dagli stessi hezbollah.
D. - L’episodio può confermare
la presenza di soldati iraniani in Siria?
R. - No. Sicuramente l’Iran, come
tutte le altre potenze della regione alleate o rivali dell’Iran, ha una presenza di
intelligence nel Paese, forse anche protetta da elementi della sicurezza. Parlare,
però, di truppe vere e proprie - quindi di centinaia, se non migliaia di truppe operative
- coinvolte direttamente nella repressione, questo è possibile ma non è stato ancora
dimostrato e credo che sia anche difficilmente dimostrabile. Gli iraniani, credo,
eviteranno fino all’ultimo di farsi trovare - come si dice - con le "dita sporche
di marmellata". Quindi, la presenza di un alto ufficiale, di una forza di èlite iraniana,
dimostra che sicuramente l’Iran è coinvolto - anche dal punto di vista paramilitare
e d’intelligence - ma non dimostra una presenza consistente di militari iraniani
in Siria.
D. - Cambiando prospettiva, quale può essere l’evoluzione del conflitto?
R.
- Al lungo termine - parliamo di mesi, se non di un anno e forse più - si può immaginare
una lenta caduta, un lento disfacimento del regime. Questo ovviamente se non intervengono
degli elementi esterni o comunque degli elementi che sono impossibili adesso da prevedere.
D. - A questo punto, quali sono le condizioni per un’eventuale uscita di scena
di Assad? Pensiamo, quindi, a una soluzione di tipo politico del conflitto…
R.
- Non ci sono all’orizzonte delle condizioni politiche perché Assad possa uscire di
scena. Nei giorni scorsi era stata avanzata, da parte delle opposizioni in esilio,
una proposta di dialogo al regime, ovviamente un compromesso basato sulla forza dei
ribelli rispetto al regime: il regime, però, di fatto, ha rifiutato questa proposta.
Sin dall’inizio, comunque, il regime - anche prima del 2011 - non ha mai fornito risposte
politiche ai problemi sociali ed economici del popolo siriano. Quindi, quello della
politica vera non è un linguaggio che il regime conosce, così come l’opposizione:
di fatto è un’opposizione che nasce adesso, ultimi due anni, e che non ha quindi l’esperienza,
non ha la forza, non ha la maturità per parlare di politica. Tra due parti che non
conoscono la politica, dunque, è difficile che emerga qualcosa di politico dall’interno
della Siria. Forse, la soluzione potrebbe venire - ma anche questo, per adesso, è
un miraggio - dagli attori internazionali, in particolare da Stati Uniti e Russia.
Se qualcosa viene ceduto ai russi, che hanno comunque desiderio e interesse a mantenere
il loro piede nel Mediterraneo e in Medio Oriente, forse qualcosa si potrebbe sbloccare:
visto che i russi sono il principale "sponsor" di Beshar al-Assad, se venisse assicurata
ai russi una loro presenza - anche nel post-Assad e nella Siria di domani - forse
i russi potrebbero cominciare a pensare di abbandonare il loro alleato siriano. Allora,
lì si potrebbe pensare ad una soluzione politica, a un esilio dorato e a tante altre
possibilità. Fino a quando ci sarà un braccio di ferro internazionale, sarà difficile
che qualcosa possa intervenire, anche dall’esterno, dal punto di vista politico.