2013-02-15 14:43:16

Berlinale: meglio in film collaterali di quelli in concorso


Molti dubbi avvolgono gli ultimi giorni della 63.ma Berlinale. Sono dubbi nati già all’inizio di questa edizione del Festival, dubbi legati alla reale capacità dei selezionatori di scegliere le opere più idonee per la competizione. È una situazione contraddittoria, che genera un po’ di confusione. Da una parte sezioni collaterali, come "Panorama" e "Forum", individuano dei grandi film, dall’altra la "Selezione Ufficiale" è priva nella sua larga maggioranza di questi titoli: uno su tutti, "La maison de la radio" di Nicolas Philibert, a proposito del quale in molti si domandano come sia stato possibile escluderlo dal concorso. Anche questi ultimi due giorni hanno confermato un tale stato di cose. Un’opera come "Night train to Lisbon" del danese Bille August, inchiesta di un professore svizzero nel complesso mondo della letteratura portoghese, non ha veramente le qualità necessarie per stare in una vetrina internazionale di primo livello come la Berlinale. Un’altra come "Dark blood" dell’olandese George Sluizer, pur salvando dalla distruzione l’ultima opera interpretata dal compianto River Phoenix, ha come unici motivi di interesse il fascino della rievocazione e il senso profondo della perdita. Un’altra ancora, come "Harmony lessons" del kazako Emir Baigazin ci introduce nel cerchio di violenza senza fine che avvolge la vita di molte Repubbliche ex-sovietiche, e, pur non essendo mal filmata, nel momento in cui mette in scena delle crudeltà gratuite verso gli animali e gli uomini, è tuttavia francamente insopportabile. Il meglio ci sembra rappresentato da un film del bosniaco Danis Tanovic, "An episode in the life of an iron picker". Qui lo spettatore assiste commosso e incredulo al disastro sociale che si è instaurato in Bosnia Erzegovina, con la privatizzazione della salute pubblica e l’obbligo assicurativo per potere ricevere delle cure. Ne è protagonista una famiglia di rom che vive in uno sperduto villaggio fra le montagne. Lui raccoglie i rottami di ferro per rivenderli, lei fa la casalinga e accudisce alle due figlie piccole. Una terza è in arrivo, ma le condizioni di vita – l’inverno è rigidissimo e in casa mancano spesso riscaldamento e corrente elettrica – creano della gravi complicazioni nella gestazione. La donna sta male e durante un consulto medico si scopre che il bambino che porta in ventre è morto. Dovrebbe essere operata urgentemente, ma gli ospedali la rigettano perché non ha l’assicurazione sanitaria. La situazione sarà poi risolta con l’abituale ingegno dei poveri, ma in quell’andare e tornare di corpi sofferenti, sullo sfondo di un paese gelido nel clima e nell’animo, la nostra sensibilità di spettatori si scoglie, nella pietà e nell’indignazione. (Da Berlino, Luciano Barisone)RealAudioMP3







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