Il cardinale Ravasi: Papa da ammirare, mostra grandezza del ministero petrino
Nell'omelia del Mercoledì delle Ceneri, Benedetto XVI ha ricordato che le divisioni
nel corpo ecclesiale deturpano il volto della Chiesa. Il Papa ha invitato a vivere
la Quaresima in una più intensa comunione ecclesiale, superando individualismi e rivalità.
Sono parole particolarmente significative in questi ultimi giorni di Pontificato,
come commenta il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio
della Cultura, al microfono di Fabio Colagrande:
R. – Sicuramente,
in questo contesto, hanno un significato particolare, perché tutta la società registra
delle sofferenze, delle difficoltà. In questa luce, io direi che le parole del Papa
sono certamente un grande monito da raccogliere, in primo luogo e soprattutto da parte
della comunità ecclesiale. Devo anche dire che esse sono un po’ nel cuore stesso del
messaggio della Quaresima. Erano da pronunciare in qualsiasi Quaresima possibile di
questi anni, perché fanno parte proprio della scelta fondamentale che la comunità
ecclesiale deve fare di un’auto purificazione.
D. – Eminenza, lei si trovava
nella Sala del Concistoro, quando il Papa ha annunciato la sua rinuncia in latino.
Qual è stato il suo stato d’animo?
R. – La sorpresa, evidentemente, l’hanno
dichiarata tutti accanto alla sorpresa. Devo dire che ho sentito soprattutto l’ammirazione,
perché il Papa ha manifestato la grandezza della missione petrina, proprio dichiarando
che la sua fragilità fisica rendeva questo servizio più arduo. Ecco, in questa luce,
penso che sia da ammirare, perché ha fatto, in un certo senso, un atto teologico:
ha dimostrato in maniera incisiva che cosa sia veramente il ministero petrino, proprio
nel momento in cui dichiarava che non era più in grado fisicamente di poterlo continuare.
D.
– All’udienza generale del 13 febbraio, il Papa ha detto di aver compiuto questo gesto
di grande gravità per il bene della Chiesa...
R. – Il fatto che proprio il
ministero sia un ministero e questa parola che noi usiamo, che ormai è stata trasfigurata
in senso anche negativo dalla tradizione politica, questa parola ha nel suo cuore
il “minus”, cioè l’essere al servizio di, l’essere meno, non l’essere dominatori.
Una persona che è imperiale e che esercita questo potere, lo può tenere in mano esclusivamente
come suo possesso. Quando, invece, è un atto di ministero bisogna essere capaci anche
di diventare “minus”, cioè di sottrarsi per lasciare più spazio a chi riesce a compierlo
in maniera più piena.
D. – Lei si accinge a predicare gli esercizi spirituali
quaresimali per il Papa e per la Curia, proprio per scelta di Benedetto XVI. In questa
contingenza particolare con che stato d’animo si prepara a questo compito?
R.
– Devo dire che l’emozione è superata almeno da due ragioni: la prima è perché il
Papa stesso ha confermato questi esercizi, volendoli quasi come una sorta di oasi
serena, dopo questa bufera mediatica, che è avvenuta in seguito alla sua scelta. Da
questo punto di vista, allora, sarà un momento di serenità. Dall’altra parte, gli
esercizi sono sempre un’esperienza di famiglia, perché non sono presenti solo i miei
colleghi, ma anche persone che fanno parte della vita quotidiana della Curia Romana,
quindi della vita quotidiana del Papa. E’ un mondo interno che ha una funzione importante
nell’interno della Chiesa e che si trova in un momento di silenzio, di riflessione.
Forse mai come in questo momento anche la nostra comunità, di coloro che sono più
vicini al Papa nella collaborazione, hanno bisogno di avere questo spazio assoluto,
bianco direi, in cui si è soli con la propria coscienza e con Dio.