Aleppo: due sacerdoti cristiani rapiti dai ribelli, nessuna notizia dai sequestratori
Il 9 febbraio, due sacerdoti, Michel Kayyal, armeno cattolico e Maher Mahfouz, sono
stati rapiti ad Aleppo da un gruppo di ribelli armati. Lo riferisce l’agenzia Fides,
che fornisce anche dettagli sulla dinamica del sequestro. I due si trovavano sulla
strada verso Damasco. Stando alle dichiarazioni di Boutros Marayati, l’arcivescovo
armeno cattolico di Aleppo, i religiosi stavano viaggiando su un autobus pubblico,
insieme ad altre persone. Si dirigevano verso la casa salesiana di Kafrun, insieme
a padre Charbel, sacerdote salesiano. “Trenta chilometri fuori da Aleppo, i ribelli
hanno fermato il mezzo, controllato i documenti dei passeggeri e poi hanno fatto scendere
solo i due sacerdoti, portandoli subito via con se.” Sebbene, prima di allontanarsi,
abbiano detto che avrebbero fatto sapere le loro condizioni, né l’arcivescovo né i
familiari hanno ricevuto notizie. Non sono ancora chiari l’obiettivo del rapimento
e la fazione di appartenenza dei sequestratori. Secondo l'agenzia AsiaNews, si tratterebbe
di un gruppo vicino agli estremisti islamici. L’episodio ha allarmato la comunità
cristiana della città. Fonti anonime hanno dichiarato che la violenza aumenta ogni
giorno. “I miliziani islamici uccidono chiunque sia sospettato di avere legami con
il regime, comprese donne e bambini. Nei quartieri, la gente paragona questi mesi
alla conquista ottomana di Aleppo avvenuta cinque secoli fa”. Da settimane la popolazione
denuncia la presenza dei gruppi armati islamici di al-Nousra – temuti anche dal Free
Sirian Army - che mirano a trasformare la Siria in uno Stato islamico. Lo scorso sei
febbraio, le milizie hanno fatto irruzione nel quartiere cristiano di Jdeideh, dove
lo scorso novembre gli estremisti avevano distrutto la più importante chiesa evangelica
della città. Nelle fila di al-Nousra si contano anche militanti provenienti da paesi
stranieri, tra cui Indonesia e Filippine. A confermarlo sarebbe un comunicato diffuso
su internet dai leader di Abu Sayyaf, un movimento estremista islamico filippino,
legato agli ambienti di al-Quaeda. Il messaggio incita tutti i musulmani ad andare
in Siria e a sacrificare la propria vita in nome dell’islam. In quasi 24 mesi di guerra,
sono state uccise oltre 60 mila persone. Gli scontri tra esercito e ribelli continuano.
Ieri sera, un’autobomba ha provocato la morte di 13 persone sul lato turco del posto
di blocco di Cilvegozu, a circa 100 km a nord ovest di Aleppo, al confine tra Turchia
e Siria. Alcuni mesi fa, l’area adiacente al fianco siriano è stata conquistata dai
ribelli. Questa zona rappresenta la principale via di uscita per i civili siriani
che fuggono dalla guerra. (V.C.)