Tunisia: cresce la protesta contro il partito islamista al potere
In Tunisia appare sempre più in difficoltà il governo a maggioranza islamista di Hamadi
Jebali, dopo l’omicidio del leader dell’opposizione, Belaid, avvenuto il 6 febbraio
scorso. Ieri hanno presentato le loro dimissioni i tre ministri che rappresentavano
il partito laico del Congresso per la Repubblica. Intanto, per le strade di Tunisi
resta alta la tensione: sabato, alcune migliaia di islamisti, sostenitori di "Ennahda",
il partito radicale al potere, hanno manifestato nella capitale all’indomani dei
funerali di Belaid, lanciando slogan antioccidentali, in particolare contro la Francia.
I dimostranti hanno protestato anche contro il premier Jebali, che si è dimesso da
segretario generale di "Ennahda", confermando che lascerà la guida del Paese se non
riuscirà a breve a dar vita a un governo tecnico. Non cessano, intanto, gli attacchi
contro le sedi del partito governativo, accusato di aver tradito la rivoluzione tunisina.
La rivolta contro gli islamisti, quindi, cresce nel Paese. Thomas Chabolle
ne ha parlato con padre Jawad Alamat, direttore nazionale delle Pontificie
Opere Missionarie:
R. – Cet un
tournant encore plus important de ce qui a précédé,il y à deux ans … Questa è una
svolta ancora più importante di quella di due anni fa, e lo dico perché qui non ci
si sta rivoltando contro un regime o contro un gruppo o un clan che stiano sfruttando
il Paese; qui si sta cercando di far crollare coloro che hanno voluto uccidere le
parole “verità” e “libertà”: quello che i tunisini hanno sognato e voluto fin dalla
loro prima rivoluzione.
D. – I tunisini temono di aver perso quella libertà
per la quale si sono battuti?
R. – Les tunisiens ont vécu – et nous aussi avec
eux, comme Eglise proche, … I tunisini hanno vissuto una luna di miele dopo la
rivoluzione: e noi con loro, come Chiesa, perché la Chiesa è solidale ed è vicina
al popolo tunisino. E poi a questa luna di miele è subentrata una depressione popolare,
perché hanno avuto l’impressione che la rivoluzione per la quale sono scesi in piazza
ed i valori che volevano difendere, siano stati loro rubati, e che sia qualcun altro
che si sta appropriando della loro rivoluzione, del loro Paese. E improvvisamente,
questa depressione è diventata generale e allo stesso tempo ho l’impressione che con
l’assassinio di Belaid ci sia stato un risveglio della coscienza popolare: c’è di
nuovo l’audacia, il coraggio che si risvegliano per dire: “No, questo non possiamo
accettarlo. Dobbiamo nuovamente scendere in piazza per difendere, in maniera ancora
più determinata, ciò per cui ci siamo battuti”.
D. – La società tunisina è
più estremista oggi?
R. – J’éviterais "la société tunisienne" comme ça, en
général, parce que … Vorrei evitare di definire la società tunisina in questo modo,
in generale, perché i tunisini sono un grande popolo, con uno spirito aperto, come
dice la sua storia. C’è però una minoranza, una parte della società tunisina, che
è stata resa più integralista, e in effetti è questo all’origine di quello che è successo:
e l’omicidio di Belaid è veramente la più forte dichiarazione di guerra di questa
minoranza contro uno spirito di apertura molto più maggioritario.
D. – La grave
crisi economica del Paese alimenta l’estremismo?
R. – Ils ont fait la révolution
tunisienne au moment ou l’Europe entrait en crise … Hanno fatto la rivoluzione
tunisina nel momento in cui l’Europa è entrata in crisi, considerando che l’Europa
è l’unico partner economico della Tunisia. E il fattore economico ha avuto un ruolo
grandissimo nella manipolazione operata da una minoranza con l’obiettivo di fomentare
l’estremismo nel popolo tunisino.