Siria: il regime apre a negoziati, 5 mila rifugiati ogni giorno
C’è poi l’allarme dell'Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati: nell’ultimo mese
si contano oltre 160 mila nuovi fuggitivi siriani, al ritmo di circa 5 mila al giorno.
Fausta Speranza ne ha parlato con Marco Bertotto, direttore del network
"Agire" che riunisce numerose organizzazioni non governative umanitarie:
R. – E’ un dato
eclatante che rispecchia una situazione in Siria che va peggiorando. Parliamo di quattro
milioni di persone all’interno del Paese che necessitano di aiuto, di cui due milioni
sono fuggite da casa, sono sfollati, e di 760 mila siriani che sono rifugiati nei
Paesi confinanti con flussi di fuga che hanno raggiunto la cifra di 5 mila persone
al giorno.
D. – In questo momento quali strutture, quali organismi sono davvero
in prima linea per accogliere questi rifugiati nei vari Paesi intorno alla Siria?
R.
- Ci sono diverse agenzie delle Nazioni Unite, ci sono numerose organizzazioni non
governative, la Mezzaluna rossa siriana, il movimento della Croce rossa internazionale
e poi svariate organizzazioni non governative italiane, alcune delle quali sono operative
all’interno del Paese.
D. –Quali sono i bisogni davvero urgenti e reali di
queste persone che si ritrovano fuori dalla Siria fuggite dalla guerra?
R.
– In questo momento c’è bisogno pressoché di tutto. In Siria il Pil è crollato del
30% dal marzo 2011, mese in cui questa situazione di violenza si è venuta a creare.
Inoltre, è salito il prezzo del cibo, è salito il prezzo del carburante, è crollata
la produzione agricola, per cui 4 milioni di siriani, circa un quarto della popolazione
complessiva, hanno necessità di aiuti specie di beni essenziali come cibo, acqua.
Anche la situazione sanitaria è una situazione estremamente precaria, è molto difficile
far arrivare medicinali. C’è un problema centrale che oggi le organizzazioni umanitarie
hanno, che è quello dell’accesso alle popolazioni in stato di necessità. Le misure
di sicurezza non rendono possibile raggiungere tutte le comunità colpite dalla violenza
e dalle conseguenze del conflitto e quindi l’accesso costituisce uno dei principali
ostacoli ai soccorsi di aiuto umanitario.
D. – Nella sua esperienza incontrando
queste persone, la speranza principale è di tornare presto nel Paese?
R. –
Evidentemente queste persone sono fuggite da una situazione estremamente pericolosa
nella speranza di poter presto tornare a casa. Oggi purtroppo la situazione del conflitto
è tale che queste speranze rischiano di essere disilluse ancora a lungo, a meno che
non ci sia da parte della comunità internazionale quello che è mancato fino ad oggi,
cioè una precisa strategia finalizzata a mantenere una situazione di stabilità che
possa consentire il rientro. Però oggi siamo ben distanti da questo momento.