Giornata degli stati vegetativi. Scienza e vita: "Diamo voce a chi non ha voce"
“S’impone la necessità di una vera svolta culturale e sociale che coinvolga società,
medicina e politica“. E’ l’appello lanciato, in occasione della terza Giornata degli
stati vegetativi, dall’Associazione Scienza e Vita, che tiene a sottolineare anche
quanto sia cambiata negli ultimi anni la valutazione scientifica di questo tipo di
pazienti. Lo spiega al microfono di Gabriella Ceraso, Massimo Gandolfini
neurochirurgo e vicepresidente dell’Associazione:
R. – Dal punto
di vista terminologico, lo stato vegetativo nasce intorno agli anni Settanta-Ottanta
ad opera di un neurologo e di un neurochirurgo, volendo intendere con vegetativo
il fatto che venissero conservate ed erano autonome le possibilità di vita biologica,
con – allora così si disse – un annullamento, una cancellazione della coscienza. Oggi
c’è una revisione totale: si deve dire che non siamo in grado di comprendere, di evidenziare
la quantità di coscienza che è presente in quel soggetto, ma abbiamo le prove che
una forma di coscienza in questi pazienti c’è. E’ il versante comunicativo del paziente
che è stato gravemente leso. Poi c'è lo stato di minima coscienza che è invece una
forma di stato vegetativo ancora più attenuata.
D. – E’ fuori luogo o è necessario
parlare anche in questa occasione di tematiche quali eutanasia, accanimento terapeutico
o leggi sulle dichiarazioni anticipate?
R. – Certamente dobbiamo affrontare
questo argomento che è sul tappeto, della Dichiarazione anticipata di trattamento
(Dat). Queste dichiarazioni ci sono, hanno fatto il loro iter parlamentare e così
come sono state composte, tutto sommato, possono essere accettabili. Però, limitarsi
a questo nella Giornata degli stati vegetativi, è riduttivo. Poniamo l’argomento della
intollerabile eticità di poter comminare la morte di un nostro cittadino, ma prendiamo
anche coscienza del fatto che ci sono famiglie che già oggi devono essere aiutate.
E’ una Giornata, secondo me, davvero importante e virtuosa per fare presenti tutte
e due le cose. L’interessante è che il filo rosso che unisce tutte e due le cose è
il tema della dignità della vita umana.
D. – Per il mondo politico, questo
tema oggi che cosa deve significare?
R. – Bisogna cercare di risparmiare da
una parte, ma questi fondi destinati alle queste famiglie sono intoccabili e sacri!
D.
– Quindi lei metterebbe al primo posto tra le necessità la questione delle risorse?
R.
– Sì. C’è bisogno, secondo me, di una rilevazione reale, cioè sul territorio, in cui
però l’aiuto, il finanziamento non sia legato alla diagnosi, ma alla singola persona;
dall’altra parte un coordinamento statuale e nazionale che indichi dei protocolli
o delle linee-guida alle Regioni, è di grandissima importanza.