2013-02-08 07:55:17

Tunisia nel caos. Sciopero generale nel giorno dei funerali di Belaid. Ennhada si spacca


Tunisia. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, condanna fermamente l'assassinio di Chokri Belaid. Oggi i funerali dell’esponente politico dell'opposizione ucciso due giorni fa sotto casa. Tensione nelle piazze del Paese. Indetto per oggi lo sciopero generale. Intanto sul fronte politico il presidente della repubblica si è detto contrario ad un esecutivo fatto di tecnici come auspicato dal premier Jebali e il partito di governo Ennhada si divide. Massimiliano Menichetti:00:01:23:98

Oggi sarà la giornata più calda dalla rivoluzione dei gelsomini, che due anni fa rovesciò il regime Ben Ali. L’uccisione, mercoledì, del leader dell'opposizione laica, Chokri Belaid, rischia di far piombare la Tunisia nel caos. Ieri centinaia di manifestanti hanno attaccato e saccheggiato una stazione di polizia a Tunisi, contestazioni anche a Gafsa, qui 7 persone sarebbero rimaste ferite, ma tensioni con la dura risposta della polizia si registrano in varie città del Paese. E oggi nel giorno dei funerali di Belaid, che si terranno in forma solenne, con la supervisione del ministero della Difesa e dell'esercito, l'Ugtt, il principale sindacato tunisino, ha accolto l'appello dell'opposizione laica e per la prima volta dal 1978, ha proclamato uno sciopero nazionale che paralizzerà la il Paese. Sul fronte politico il partito di governo Ennhada, vicino ai Fratelli Musulmani, spaccandosi al suo interno, ha respinto la proposta del premier filo-islamico Hamad Jebali della formazione di un esecutivo tecnico. “No” a questa soluzione anche dal presidente della Repubblica, Monce Marzouki, che nell'iniziativa vede il rischio di un golpe. In questo scenario proseguono senza grandi svolte le indagini per far luce sull’assassinio di Chokri Belaid. Il gruppo salafita tunisino 'Ansar al-Sharia' ha fermamente negato qualsiasi legame dei suoi seguaci con l'omicidio del leader dell'opposizione di sinistra. Intanto in una nota il Segretario generale dell’Onu Ban ki-Moon ha condannato l’attentato, sottolineando che nel Paese ci sono stati progressi importanti nella transizione democratica, ma che ''resta ancora molto da fare per quanto riguarda il processo costituzionale e per soddisfare le esigenze economiche e sociali della popolazione''. "La transizione democratica della Tunisia - ha affermato – non dovrebbe essere ostacolata da atti di violenza politica"

Sulla situazione in Tunisia, Fabio Colagrande ha intervistato Adnane Mokrani, tunisino, teologo musulmano, docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica: RealAudioMP3

R. – Chokri Belaid è una persona che ha lottato contro la dittatura, credeva nella democrazia e nella libertà. Il suo assassinio è un dramma da condannare radicalmente, ma spero sia anche una speranza per unire il popolo tunisino contro i nemici della democrazia e dare la priorità all’unità nazionale, agli obiettivi della rivoluzione, che sono dignità, lavoro, libertà, e non perdersi nelle lotte tra partiti e tra interessi egoistici. La priorità ora è di finire di scrivere la Costituzione, fare nuove elezioni e arrivare a un governo normale, secondo una Costituzione ben stabilita.

D. – L’impressione è che ci sia uno scontro anche tra due modi diversi di leggere l’islam, in Tunisia come in altri Paesi che hanno attraversato la "primavera araba"…

R. - Sì, ho sempre pensato che la democrazia senza gli islamisti sia impossibile e che con loro sia difficile. C’è questa sfida reale, ma non si può negare la diversità, la pluralità, il pluralismo interno del popolo. Non si può imporre uno stile di vita o un pensiero unico. Dobbiamo comunque collaborare con quelli che sono convinti dei valori e dei principi della democrazia per poter andare avanti.

D. - Le "primavere arabe" stanno fallendo nel nord Africa?

R. – Il termine "primavera" non mi convince molto. Siamo in cammino. Una rivoluzione è un processo lungo, potrebbe durare dieci anni, forse di più. E’ un processo che chiede una maturazione culturale, un cambiamento di mentalità, una preparazione. Adesso, il governo è totalmente nuovo, senza esperienza: c’è bisogno di un’educazione politica, non solo per l’esecutivo, ma anche per l’opposizione. Stiamo imparando. Non dobbiamo perdere la speranza, perché perdere la speranza significa cadere nel peggio e tornare alla dittatura.


“Tutti i percorsi di transizione sono grandi momenti in cui si affrontano grandissime difficoltà”. Lo ribadisce al microfono di Fabio Colagrande, Osama Al-Saghir, parlamentare di Ennahda, eletto nella Circoscrizione Italia dei tunisini all'estero, tra i fondatori dei "Giovani Musulmani d’Italia": RealAudioMP3

R. – Come partito Ennahda, stiamo cercando di affrontare questa situazione con la maggiore calma e freddezza possibile, interagendo però con tutti gli eventi importanti che si stanno verificando nel nostro Paese, dando importanza a ogni cosa, per riuscire a salvare il nostro Paese. Credo ci sia ancora quel modo di pensare che vuole escludere gli islamici dalla partecipazione democratica. Il nostro partito, lotta per la democrazia, ha fatto entrare tante donne deputato all’interno del Parlamento: 42. A fronte dei nostri 89 deputati, quasi il 50%. Mi chiedo quale partito europeo democratico abbia la stessa percentuale di donne al governo. Quello che si sta cercando di fare è dimostrare a tutti i costi che i rappresentanti di Ennahda siano incapaci e non accettino al democrazia… Poi, si verificano eventi come questa uccisione e tutto contribuisce ad incendiare l’atmosfera.

D. – Secondo lei, chi c’è dietro questo omicidio?

R. – C’è dietro il vecchio sistema, ci sono dietro tutte quelle parti che hanno interesse al ritorno del regime di Ben Alì: non necessariamente di Ben Ali in persona, ma c’è chi ci sta rimettendo nel cambiamento, e per questo vuole riportare il Paese indietro. Ennahda è l’ultima parte ad avere interesse a commettere un crimine come questo. Il Paese oggi non è stabile, mentre noi lavoriamo giorno e notte per stabilizzarlo.

D. – Nonostante quello che lei dice, però, si parla di un clima di forte insoddisfazione popolare per il governo che fino adesso è stato al potere, in Tunisia. Perché, secondo lei?

R. – Lei sa meglio di me che non esistono governi che riescono al 100% nel loro andamento, dopo le rivoluzioni. In Tunisia, ci sono grandi richieste sociali e queste non possono essere esaudite in un tempo ristretto. Per esempio, dopo tanti anni in cui si è badato soltanto allo sviluppo delle zone costiere, c’è grande povertà nell’entroterra… Ecco, questi sono i nostri problemi: riuscire a garantire una vita dignitosa a tutti, ovunque si trovino nel territorio tunisino. Qualsiasi parte, interna o esterna al Paese, voglia contribuire alla stabilità e miglioramento è amica del popolo tunisino. Qualsiasi parte, invece, che voglia destabilizzare il Paese, dal suo interno o al suo esterno, è nemica del popolo tunisino. Noi cercheremo di rafforzarci con tutti i nostri amici.







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