Convegno sugli stati vegetativi: tutelare la dignità del malato e delle famiglie
"Il fenomeno degli stati vegetativi in Italia è in aumento e richiede maggiore attenzione
anche sotto il profilo delle risorse finanziarie e umane". E’ il ministro della Salute,
Renato Balduzzi, a rilevarlo aprendo ieri a Roma il convegno dedicato agli stati vegetativi
alla vigilia della III Giornata nazionale sul tema. Al centro degli interventi, finalità
e primi obiettivi del Tavolo di lavoro istituito ad hoc nel novembre scorso
dal Ministero, il ruolo fondamentale delle associazioni e delle regioni che vi prendono
parte, e l’applicazione territoriale delle Linee di indirizzo per l'assistenza ai
malati. In Italia ci sono circa 500 nuovi casi di gravi cerebrolesioni ogni anno ma
non esistono dati certi e questa è una delle criticità emerse. Lo spiega al microfono
di Gabriella Ceraso il coordinatore del Tavolo di lavoro e direttore dell'Istituto
di Neurologia della Cattolica di Roma, Paolo Maria Rossini:
R. – In questi
primi mesi, ci siamo concentrati sulla revisione dei numeri che sono ancora uno dei
punti dolenti: solo da pochissimi mesi è stato possibile tracciare il percorso di
un paziente con gravissimo trauma cranico e seguirne l’evoluzione. Questo è ancora
non semplice, per i pazienti che hanno transitato per strutture extra-regionali e
ad un certo punto finiscono a domicilio. Il secondo aspetto su cui abbiamo lavorato
riguarda il recepimento a livello regionale delle linee guida diffuse nel 2011 e che
in realtà è avvenuto soltanto in una piccola parte della nazione.
D. – Dal
dibattito è emerso che c'è una differenza anche di tariffe, cioè di disponibilità
finanziaria delle singole regioni …
R. – Assolutamente sì! E c’è anche una
certa schizofrenia di approccio: se il sistema nazionale risparmia molto a far gestire
a casa questi malati, non può pensare di “scaricare” oltre il 90 per cento dei costi
sulle spalle di queste persone. Quindi, una quota di quello che risparmia deve tornare
a loro.
D. – Le associazioni, le famiglie e quanti si occupano dei pazienti,
cosa hanno portato al Tavolo di lavoro, quali esigenze?
R. – Le famiglie
naturalmente portano una serie di necessità. Una delle prime è quella dell’informazione
e della formazione: hanno bisogno che nel momento in cui si possa prognosticare uno
stato vegetativo, qualcuno lo spieghi loro e dica loro cosa significherà e come organizzarsi.
C'è poi la necessità di un percorso prevedibile, che non costringa la persona ad andare
a pietire un posto di riabilitazione o una figura professionale che non si riesce
a trovare; infine c'è la necessità di competenze, di équipe dedicate, multidisciplinari
e di risorse necessarie a far funzionare tutto questo.
D. – Quindi, quando
voi parlate di una nuova governance e rimandate ai mesi che mancano al lavoro di
questo Tavolo, che cosa intendete?
R. – Noi abbiamo bisogno di un modello
generale che vada dalle Alpi fino alla Sicilia, che preveda più o meno i vari passaggi
che oramai sono noti, che questi malati affronteranno. Questi sono pazienti che ormai
notoriamente, specialmente quando sono giovani, sopravvivono sempre più a lungo; dunque
sono vite vere e proprie che vanno accompagnate.