2013-02-07 17:43:14

Nasce il primo Osservatorio Europeo sulle condizioni di detenzione


600mila: tanti sono i detenuti nelle carceri dell’Unione Europea; di questi, 400mila, si trovano in penitenziari monitorati dall’Osservatorio Europeo sulle condizioni di detenzione, il primo del genere, che sta studiando la situazione in otto Paesi: Francia, Regno Unito, Grecia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Spagna e naturalmente Italia. Il progetto, presentato a Roma, è coordinato dall’associazione Antigone e finanziato dall’Unione Europea, con organismi partner nei Paesi interessati. Sovraffollamento e carenza di risorse finanziarie sono i due punti in comune di questi Paesi, ciascuno dei quali presenta poi altri aspetti. Se in Italia sotto accusa è la custodia cautelare, che tiene in carcere oltre il 40% della popolazione detenuta, in Francia, ad esempio, si assiste ad una drammatica crescita della popolazione detenuta, con un elevato tasso di suicidi. La sofferenza dei sistemi detentivi , spiega l'Osservatorio attraversa tutta l’Europa. Lo spiega Alessio Scandurra, coordinatore dell’Osservatorio sulle carceri europee, intervistato da Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

R. – La situazione delle carceri, in questo momento, è grave in tutta l’Europa. Per esempio, il sovraffollamento è molto alto. Se poi si guardano singoli aspetti delle carceri europee, si scopre che ci sono situazioni assai più gravi della nostra. Penso al numero di morti nelle carceri portoghesi o alla percentuale di stranieri nelle carceri greche, che sono oramai quasi esclusivamente un rifugio per stranieri. Diciamo che singoli aspetti e criticità variano molto. La situazione complessiva è una situazione molto seria. Sembra di vedere una disattenzione da parte dell’Europa verso i diritti umani dei detenuti in Europa.

D. - Per voi è importante mettere a confronto le varie situazioni di questi Paesi, ad esempio, anche per mostrare all’Italia eventuali esempi virtuosi: ce ne sono?

R. – Così come in Italia ci sono esempi virtuosi a livello di singole esperienze, in istituti, ancora di più si può immaginare che ve ne siano in giro per l’Europa, dal punto di vista delle legislazioni, dal punto di vista delle modalità organizzative dei singoli istituti. Ci sono esperienze molto interessanti di modalità di gestione interna degli istituti per cui, senza aver bisogno di risorse, senza aver bisogno di spazi in più, si riesce ad aumentare la vivibilità e ciò che è normale in alcuni posti può essere una esperienza nuova ed interessante per altri. Un altro tema su cui l’Italia è molto indietro, e questa potrebbe essere un’occasione per imparare alcune cose, è il tema dell’affettività, dei colloqui con i familiari. Da noi la formula è ancora molto ingessata. In tanti istituti italiani c’ è ancora il bancone divisorio che separa la famiglia, mentre nella maggior parte dei Paesi europei è possibile avere colloqui intimi con il proprio coniuge. Quindi, probabilmente, l’Italia farà bene a guardare cosa accade altrove nei prossimi anni.

D. – Cos’altro avete messo in luce, analizzando questi otto Paesi?

R. - Lo scarso ricorso alle misure alternative. E’ un problema dell’Italia ed è un problema, non di tutti i Paesi partner di questo progetto, ma di molti.

D. – Emerge un punto forte del sistema detentivo in Italia, cioè quello che riguarda i minori…

R. - Il sistema detentivo minorile in Italia è un sistema, soprattutto un quadro normativo, che suscita un grande interesse da parte degli altri Paesi. E’ un modello che, in qualche modo, gli altri Paesi hanno provato ad importare perché riesce realmente a fare del carcere l’extrema ratio, come dice la Costituzione, e come dovrebbe essere. Quindi, ogni qual volta è possibile di fronte al reato trovare una soluzione alternativa alla detenzione, il sistema della giustizia minorile è abbastanza bravo. Rimane un piccolo numero di ragazzi detenuti in Italia, che è stabile da tempo e che riguarda soprattutto minori stranieri o minori che provengono dalle periferie delle grandi città del meridione. La composizione sociale, infatti, ormai è un po’ sclerotizzata e abbiamo difficoltà a trovare alternative per un gruppo sempre più piccolo di ragazzi, per i quali bisogna cominciare a cercare soluzioni nuove.

D. – Voi presenterete ogni anno un rapporto sulla situazione di questi Paesi, potrebbero aumentare o rimarranno solo in otto?

R. - Io direi che per quest’anno resteranno sicuramente questi otto, a meno di non voler includere in un rapporto finale alcune esperienze particolari. Per esempio, nei disegni di legge di iniziativa popolare, che sono stati proposti da Antigone in questi giorni, c’è la proposta del numero chiuso, delle liste di attesa per entrare in carcere, ossia: la pena detentiva va in esecuzione quando il carcere è in grado di garantire una condizione dignitosa a quella persona, fino a quel momento la pena decorre come detenzione domiciliare. Questa è una formula da anni utilizzata, per esempio, in Norvegia. Sarebbe utile che un rapporto annuale di questo Osservatorio riuscisse a dare conto di un’esperienza così importante. Nel futuro vorremmo allargare l’Osservatorio anche ad altri Paesi.

D. – Per il momento questi rapporti annuali che valenza avranno a livello europeo, a chi li presenterete, e cosa vi aspettate?

R. – Quello che crediamo sia importante è anzitutto dare la percezione alle opinioni pubbliche europee che questa deve essere, in questo momento, una priorità per l’Europa. Io credo che ogni Paese si senta un po’ solo in questo momento. C’è una scarsa attenzione della politica ma forse anche una scarsa attenzione della politica europea. Se le opinioni pubbliche europee fossero capaci, insieme, di chiedere attenzione anche alla politica europea probabilmente sarebbe possibile fare passi in avanti.







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