Usa: Obama fa causa a Standard & Poor's e per responsabilità nella crisi economica
Il presidente americano, Barack Obama, fa causa a Standard & Poor's e chiede cinque
miliardi di danni: il colosso del rating è accusato di aver sopravvalutato
titoli immobiliari, scatenando la crisi. Il servizio di Salvatore Sabatino:
Una causa civile
senza precedenti, per risarcire parte dei danni causati dalla crisi dei mutui subprime
scoppiata nel 2007. Standard & Poor's (S&P) – secondo il Dipartimento alla giustizia
americano – avrebbe delle grandi responsabilità, per aver gonfiato le valutazioni
di alcuni mutui ipotecari. Questo pur essendo a conoscenza degli enormi rischi e della
possibilità, poi divenuta realtà, di scatenare una forte recessione. Tutti i dati
sono contenuti in un corposo e segretissimo dossier, che a giorni dovrebbe essere
presentato in Tribunale. Ultimo atto di una lunga indagine delle istituzioni a "stelle
e strisce" sulle principali agenzie di rating. Indagini che hanno scavato pure
nelle valutazioni degli altri due colossi del rating, Moody's e Fitch, su cui
non sono, però, state riscontrate irregolarità e che, dunque, restano fuori dalla
bagarre. “Le accuse contro di noi sono false e immotivate”, si difende S&P, che in
una nota sottolinea come il suo impegno, anche nel 2007, sia stato sempre quello di
“garantire gli interessi degli investitori e di tutti gli attori del mercato, fornendo
opinioni indipendenti sul valore dei prodotti finanziari sottoposti alla sua valutazione”.
Sulla
decisione dell'amministrazione Obama di far causa al colosso Standard & Poor's, Massimiliano
Menichetti ha raccolto il commento dell’economista dell’Università Luiss, Nicola
Borri:
R. - Sarà molto
interessante vedere quale sarà il giudizio sulla causa intentata da Obama, perché
la linea di difesa di Standard & Poor’s - che è poi la linea scelta delle altre agenzie
di rating in procedimenti intentati da privati - è quella del primo emendamento ovvero
quello che riguarda la libertà di espressione. Ciò che le agenzie di rating sostengono
è che esprimono semplicemente dei giudizi e che quindi poi non possono essere considerate
responsabili di eventuali difformità rispetto ai giudizi stessi che loro hanno espresso.
D.
- Cosa comporterebbe una vittoria dell’amministrazione Obama?
R. - Un forte
colpo indietro per le agenzie di rating, che vedrebbero il loro business estremamente
ridotto. Ciò che però è necessario sottolineare, è che tutt’ora quello che rende il
giudizio delle agenzie di rating fondamentale, è la regolamentazione stessa degli
Stati Uniti, ma anche in Europa, che obbliga molte istituzioni finanziarie, fondi
pensione, a mantenere una certa quota del proprio investimento in titoli che abbiano
un determinato rating. E’ dunque la stessa regolamentazione a far si che le agenzie
di affidabilità con i loro giudizi siano fondamentali. Quindi piuttosto che procedere
per vie legali contro queste, forse andrebbe ripensata la regolamentazione.
D.
- Questa decisone potrebbe aprire ad un ripensamento?
R. - Questa decisione
sicuramente indica che la politica negli Stati Uniti ha deciso di intraprendere un’azione
molto più aggressiva di regolamentazione dei mercati. Quello che però è da vedere
è se poi - nei fatti - questa maggiore regolamentazione sarà efficace o meno. Il rischio
è che queste amministrazioni pubbliche negli Stati Uniti, ma anche in Europa, cerchino
un po’ di soddisfare l’appetito dell’investitore o del cittadino che è rimasto deluso
e scottato sui mercati finanziari, senza però poi veramente dare il colpo decisivo
che possa rendere questi mercati meglio regolamentati e quindi più efficaci, più giusti
per tutti gli investitori.
D. - Ma questa causa civile intentata da Barak Obama,
mette in discussione anche l’affidabilità globale delle agenzie?
R. - Secondo
me no. Quello che però probabilmente cambierà è un po’ il meccanismo che lega le agenzie
di rating con chi emette i prodotti che poi devono essere giudicati. Ovvero, nel caso
dei prodotti che l’amministrazione Obama sta prendendo in questione, le agenzie di
rating emettevano un giudizio dopo che l’emittente del titolo stesso aveva chiesto
questo giudizio ed aveva pagato per ottenerlo. Quindi c’è un potenziale rischio di
collusione tra chi compra il giudizio, l’emittente, e chi vende il giudizio, l’agenzia
di rating. Questo conflitto di interesse, che è inerente al ruolo della agenzie di
rating, in questo caso deve necessariamente essere risolto con una maggiore regolamentazione.
Al contrario nel caso del rating sovrano, cioè quello di un Paese come l’Italia o
come la Spagna, le agenzie di rating non sono pagate dai Paesi emittenti di queste
obbligazioni. Quindi questo meccanismo di conflitto di interesse non viene ad esistere.