Il Papa all'udienza generale: l'uomo diventa grande solo se si scopre piccolo davanti
al Dio che lo ha creato
Il Papa, durante l’udienza generale in Aula Paolo VI, ha proseguito le sue catechesi
sul Credo riflettendo su Dio “Creatore del cielo e della terra” a partire dal primo
versetto della Sacra Scrittura, dove si legge: «In principio Dio creò il cielo e la
terra» (Gen 1,1). “E’ Dio – ha detto - l’origine di tutte le cose e nella bellezza
della creazione si dispiega la sua onnipotenza di Padre che ama”.
Ha quindi
sottolineato che “Dio si manifesta come Padre nella creazione, in quanto origine della
vita, e, nel creare, mostra la sua onnipotenza. Le immagini usate dalla Sacra Scrittura
al riguardo sono molto suggestive (cfr Is 40,12; 45,18; 48,13; Sal 104,2.5; 135,7;
Pr 8, 27-29; Gb 38–39). Egli, come un Padre buono e potente, si prende cura di ciò
che ha creato con un amore e una fedeltà che non vengono mai meno, dicono ripetutamente
i Salmi (cfr Sal 57,11; 108,5; 36,6). Così, la creazione diventa luogo in cui conoscere
e riconoscere l’onnipotenza del Signore e la sua bontà, e diventa appello alla fede
di noi credenti perché proclamiamo Dio come Creatore. «Per fede, - scrive l’autore
della Lettera agli Ebrei - noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di
Dio, sicché dall’invisibile ha preso origine il mondo visibile» (11,3). La fede implica
dunque di saper riconoscere l’invisibile individuandone la traccia nel mondo visibile.
Il credente può leggere il grande libro della natura e intenderne il linguaggio (cfr
Sal 19,2-5), ma è necessaria la sua Parola di rivelazione, che suscita la fede, perché
l’uomo possa giungere alla piena consapevolezza della realtà di Dio come Creatore
e Padre. È nel libro della Sacra Scrittura che l’intelligenza umana può trovare, alla
luce della fede, la chiave di interpretazione per comprendere il mondo. In particolare,
occupa un posto speciale il primo capitolo della Genesi, con la solenne presentazione
dell’opera creatrice divina che si dispiega lungo sette giorni: in sei giorni Dio
porta a compimento la creazione e il settimo giorno, il sabato, cessa da ogni attività
e si riposa: giorno della libertà per tutti, giorno della comunione con Dio”. “Tale
struttura – ha proseguito - fa sì che il testo sia scandito da alcune ripetizioni
significative. Per sei volte, ad esempio, viene ripetuta la frase: «Dio vide che era
cosa buona» (vv. 4.10.12.18.21.25), per concludere, la settima volta, dopo la creazione
dell’uomo: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (v. 31). Tutto
ciò che Dio crea è bello e buono, intriso di sapienza e di amore; l’azione creatrice
di Dio porta ordine, immette armonia, dona bellezza. Nel racconto della Genesi poi
emerge che il Signore crea con la sua parola: per dieci volte si legge nel testo l’espressione
«Dio disse» (vv. 3.6.9.11.14.20.24.26.28.29)”, sottolineando “la potenza efficace
della Parola divina. Così canta il Salmista: «Dalla parola del Signore furono fatti
i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera…, perché egli parlò e tutto
fu creato, comandò e tutto fu compiuto» (33,6.9). La vita sorge, il mondo esiste,
perché tutto obbedisce alla Parola divina”.
Il Papa si pone quindi una domanda:
“Nell’epoca della scienza e della tecnica ha ancora senso parlare ancora di creazione?
Come dobbiamo comprendere le narrazioni della Genesi? La Bibbia non vuole essere un
manuale di scienze naturali; vuole invece far comprendere la verità autentica e profonda
delle cose. La verità fondamentale che i racconti della Genesi ci svelano è che il
mondo non è un insieme di forze tra loro contrastanti, ma ha la sua origine e la sua
stabilità nel Logos, nella Ragione eterna di Dio, che continua a sorreggere l’universo.
C’è un disegno sul mondo che nasce da questa Ragione, dallo Spirito creatore. Credere
che alla base di tutto ci sia questo, illumina ogni aspetto dell’esistenza e dà il
coraggio di affrontare con fiducia e con speranza l’avventura della vita”. “Quindi,
la Scrittura – ha aggiunto a braccio - ci dice che l’origine dell’essere, del mondo,
la nostra origine, non è l’irrazionale e la necessità, ma la ragione, l’amore e la
libertà. Questa è l’alternativa: o priorità dell’irrazionale, della necessità, o priorità
della ragione, della libertà e dell’amore. Noi crediamo in quest’ultima posizione”.
Il
Papa ha poi detto “una parola anche su quello che è il vertice dell’intera creazione:
l’uomo e la donna, l’essere umano, l’unico “capace di conoscere e di amare il suo
Creatore” (Cost. past. Gaudium et spes, 12). Il Salmista guardando i cieli si chiede:
«Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne
curi?» (8,4-5). L’essere umano, creato con amore da Dio, è ben piccola cosa davanti
all’immensità dell’universo; a volte, guardando affascinati le enormi distese del
firmamento, anche noi abbiamo percepito la nostra limitatezza. L’essere umano è abitato
da questo paradosso: la nostra piccolezza e la nostra caducità convivono con la grandezza
di ciò che l’amore eterno di Dio ha voluto per noi”.
Benedetto XVI afferma
che “i racconti della creazione nel Libro della Genesi ci introducono anche in questo
misterioso ambito, aiutandoci a conoscere il progetto di Dio sull’uomo. Anzitutto
affermano che Dio formò l’uomo con la polvere della terra (cfr Gen 2,7). Questo significa
che non siamo Dio, non ci siamo fatti da soli, siamo terra; ma significa anche che
veniamo dalla terra buona, per opera del Creatore buono. A questo si aggiunge un’altra
realtà fondamentale: tutti gli esseri umani sono polvere, al di là delle distinzioni
operate dalla cultura e dalla storia, al di là di ogni differenza sociale; siamo un’unica
umanità plasmata con l’unica terra di Dio. Vi è poi un secondo elemento: l’essere
umano ha origine perché Dio soffia l’alito di vita nel corpo modellato dalla terra
(cfr Gen 2,7). L’essere umano è fatto a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,26-27).
Tutti allora portiamo in noi l’alito vitale di Dio e ogni vita umana – ci dice la
Bibbia – sta sotto la particolare protezione di Dio. Questa è la ragione più profonda
dell’inviolabilità della dignità umana contro ogni tentazione di valutare la persona
secondo criteri utilitaristici e di potere. L’essere ad immagine e somiglianza di
Dio indica poi che l’uomo non è chiuso in se stesso, ma ha un riferimento essenziale
in Dio”.
“Nei primi capitoli del Libro della Genesi – osserva - troviamo due
immagini significative: il giardino con l’albero della conoscenza del bene e del male
e il serpente (cfr 2,15-17; 3,1-5). Il giardino ci dice che la realtà in cui Dio ha
posto l’essere umano non è una foresta selvaggia, ma luogo che protegge, nutre e sostiene;
e l’uomo deve riconoscere il mondo non come proprietà da saccheggiare e da sfruttare,
ma come dono del Creatore, segno della sua volontà salvifica, dono da coltivare e
custodire, da far crescere e sviluppare nel rispetto, nell’armonia, seguendone i ritmi
e la logica, secondo il disegno di Dio (cfr Gen 2,8-15). Il serpente è una figura
che deriva dai culti orientali della fecondità, che affascinavano Israele e costituivano
una costante tentazione di abbandonare la misteriosa alleanza con Dio. Alla luce di
questo, la Sacra Scrittura presenta la tentazione che subiscono Adamo ed Eva come
il nocciolo della tentazione e del peccato. Che cosa dice infatti il serpente? Non
nega Dio, ma insinua una domanda subdola: «È vero che Dio ha detto “Non dovete mangiare
di alcun albero del giardino?”» (Gen 3,1). In questo modo il serpente suscita il sospetto
che l’alleanza con Dio sia come una catena che lega, che priva della libertà e delle
cose più belle e preziose della vita. La tentazione diventa quella di costruirsi da
soli il mondo in cui vivere, di non accettare i limiti dell’essere creatura, i limiti
del bene e del male, della moralità; la dipendenza dall’amore creatore di Dio è vista
come un peso di cui liberarsi: questo è sempre il nocciolo della tentazione. Ma quando
si falsa il rapporto con Dio, mettendosi al suo posto, tutti gli altri rapporti vengono
alterati. Allora l’altro diventa un rivale, una minaccia: Adamo, dopo aver ceduto
alla tentazione, accusa immediatamente Eva (cfr Gen 3,12); i due si nascondono dalla
vista di quel Dio con cui conversavano con amicizia (cfr 3,8-10); il mondo non è più
il giardino in cui vivere con armonia, ma un luogo da sfruttare e nel quale si celano
insidie (cfr 3,14-19); l’invidia e l’odio verso l’altro entrano nel cuore dell’uomo:
esemplare è Caino che uccide il proprio fratello Abele (cfr 4,3-9). Andando contro
il suo Creatore, in realtà l’uomo va contro se stesso, rinnega la sua origine e dunque
la sua verità; e il male entra nel mondo, con la sua penosa catena di dolore e di
morte”. “E se Dio l’aveva creato buono – ha aggiunto a braccio -, anzi molto buono,
dopo questa libera decisione dell’uomo, a causa della menzogna contro la verità, il
male entra nel mondo”.
Benedetto XVI evidenzia poi un ultimo insegnamento
dei racconti della creazione: “il peccato genera peccato e tutti i peccati della storia
sono legati tra loro. Questo aspetto ci spinge a parlare di quello che è chiamato
il “peccato originale”. Qual è il significato di questa realtà, difficile da comprendere?
Vorrei dare soltanto qualche elemento. Anzitutto dobbiamo considerare che nessun uomo
è chiuso in se stesso, può vivere solo di sé e per sé; noi riceviamo la vita dall’altro
e non solo al momento della nascita, ma ogni giorno. L’essere umano è relazione: io
sono me stesso solo nel tu e attraverso il tu, nella relazione dell’amore con il Tu
di Dio e il tu degli altri. Ebbene, il peccato è turbare o distruggere la relazione
con Dio, questa è la sua essenza: distruggere la relazione con Dio, la relazione fondamentale,
mettersi al posto di Dio. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che con il
primo peccato l’uomo “ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le esigenze
della propria condizione creaturale e conseguentemente contro il proprio bene” (n.
398). Turbata la relazione fondamentale, sono compromessi o distrutti anche gli altri
poli della relazione, il peccato rovina le relazioni, così rovina tutto perché noi
siamo relazione. Ora, se la struttura relazionale dell’umanità è turbata fin dall’inizio,
ogni uomo entra in un mondo segnato da questo turbamento delle relazioni, entra in
un mondo turbato dal peccato, da cui viene segnato personalmente; il peccato iniziale
intacca e ferisce la natura umana (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 404-406).
E l’uomo da solo non può uscire da questa situazione, non può redimersi da solo; solamente
il Creatore stesso può ripristinare le giuste relazioni. Solo se Colui dal quale ci
siamo allontanati viene a noi e ci tende la mano con amore, le giuste relazioni possono
essere riannodate. Questo avviene in Gesù Cristo, che compie esattamente il percorso
inverso di quello di Adamo, come descrive l’inno nel secondo capitolo della Lettera
di San Paolo ai Filippesi (2,5-11): mentre Adamo non riconosce il suo essere creatura
e vuole porsi al posto di Dio, Gesù, il Figlio di Dio, è in una relazione filiale
perfetta con il Padre, si abbassa, diventa il servo, percorre la via dell’amore umiliandosi
fino alla morte di croce, per rimettere in ordine le relazioni con Dio. La Croce di
Cristo diventa così il nuovo albero della vita”.
Il Papa conclude così: “Cari
fratelli e sorelle, vivere di fede vuol dire riconoscere la grandezza di Dio e accettare
la nostra piccolezza, la nostra condizione di creature lasciando che il Signore la
ricolmi del suo amore e così cresca la nostra vera grandezza. Il male, con il suo
carico di dolore e di sofferenza, è un mistero che viene illuminato dalla luce della
fede, che ci dà la certezza di poterne essere liberati, la certezza che è bene essere
un uomo”.