Caos in Tunisia dopo l'uccisione del leader dell'opposizione Belaid
Sgomento in Tunisia per l’omicidio, stamani nella capitale, del leader dell’opposizione
Belaid, coordinatore del partito progressista “Patrioti democratici uniti”. Un’uccisione
che ha causato un’ondata di proteste. In molte città, migliaia di persone sono scese
in piazza, diverse sedi del partito al potere Ennahda sono state date alle fiamme.
Il servizio di Benedetta Capelli:
Colpi di pistola
sparati a breve distanza hanno ucciso stamani, fuori dalla sua casa di Tunisi, Chokri
Belaid, 48 anni, avvocato, uno dei più importanti esponenti dell’opposizione. Negli
ultimi giorni, aveva espresso molte riserve sull’operato del partito al governo Ennahda,
al centro delle critiche anche per uno scandalo di corruzione nel quale è finito uno
dei suoi ministri. Belaid aveva pure denunciato il tentativo islamista di “smantellare
lo Stato” e di creare milizie per terrorizzare il Paese. Alla notizia della sua morte,
migliaia di persone hanno manifestato sotto il ministero dell'Interno e in diverse
città tunisine, compresa Sidi Bouazid, “culla” della rivoluzione dei gelsomini che
nel 2011 segnò la caduta di Ben Ali. Qui, si segnalano anche lanci di lacrimogeni
per disperdere la folla. Date alle fiamme pure alcune sedi del partito Ennahda, formazione
indicata dai parenti di Belaid come mandante dell’assassinio. Intanto, proprio il
presidente di Ennahda Gannouchi ha condannato l’uccisione di Belaid, il premier Jebali
ha invocato lo spettro del terrorismo. Il presidente Marzouki – da Strasburgo ma in
procinto di rientrare nel Paese – ha parlato di “odioso assassinio”. Sulla stessa
linea il presidente dell'europarlamento, Schultz, per il quale “questo crimine non
può restare impunito”.
Su quanto sta accadendo nel Paese, Benedetta Capelli
ha intervistato Chiara Zappa di "Missionline", da poco rientrata da Tunisi:
R. – E’ stato
un omicidio shock, nel senso che nessuno si aspettava veramente un’escalation
di questo tipo. Il Paese è in un momento di fortissima difficoltà da tanti punti di
vista: sia per la crisi economica molto forte, che attanaglia la Tunisia e che non
è stata assolutamente affrontata in modo adeguato dal governo – il popolo è molto
arrabbiato e deluso – sia dal punto di vista sociale. Il Paese è fortemente diviso
a metà, si è creata una frattura molto forte tra laici e un’altra parte di popolazione
che si considera in qualche modo depositaria della tradizione islamica, anche invasiva
nella vita privata. Il problema emerso – me lo diceva anche la tunisina Lina Ben Mhenni,
attivista e protagonista dell’inizio della "primavera araba" con il suo blog “Tunisian
girl” – è che il governo, a maggioranza islamica, non fa che fomentare queste divisioni
tra una parte del popolo e tutti quelli che si definiscono laici, che cercano di portare
avanti alcune istanze e che vengono invece fatti passare per “non buoni” musulmani.
Inoltre, vengono fatti passare per conservatori, ovvero ancora vicini a ciò che era
il passato, quindi alla corruzione di Ben Ali… Questa polarizzazione forte e violenta
all’interno del Paese ha dato origine in questi mesi a molti episodi di violenza da
parte di gruppi legati ai salafiti, ma anche alle milizie create dal partito di Ennahda
che vengono poi fatte passare come garanti della rivoluzione.
D. – Adesso quali
scenari si possono prospettare?
R. – Gli scenari che a questo punto si prospettano
sono veramente gravi, nel senso che è cambiato qualcosa in questi giorni. Il governo
si poneva un po’ come baluardo contro la corruzione e proprio in questi giorni c’è
stato lo scandalo del ministro degli Esteri di Ennada che è stato coinvolto in un
caso di corruzione molto grave. Quindi, questa cosa è uscita allo scoperto e, secondo
me, ha messo veramente in difficoltà il suo partito. A questo punto – dopo questa
uccisione – lo spettro della violenza civile oggi aleggia davvero. È stato fatto un
passo in più, uno "strappo" per portare alle estreme conseguenze questa empasse.
D.
– A due anni di distanza, che bilancio si può fare nel Paese tunisino? Quali sono
i pro e quali invece i contro della rivoluzione?
R. – Il bilancio di questi
due anni è come sempre positivo. Positivo soprattutto il tentativo di cambiamento,
perché ci si è liberati davvero da una dittatura. Quello che è venuto dopo, però,
ovvero le tensioni interne, per ora hanno prevalso. Per quanto riguarda l’economia,
il governo della Tunisia non è stato in grado di trovare delle soluzioni “strutturali”
e a questo si aggiunge il fatto che il Paese è percepito dall’esterno come instabile
e infatti una voce importante del bilancio tunisino – quella del turismo – è andata
in crisi. Fa tutto parte, come dicono i critici, dell’incapacità di gestire la transizione
perché è stato lasciato troppo spazio – l’impressione è questa – a questi gruppi di
salafiti che non sono al governo. Ma i critici dicono che c’è una connivenza da parte
dei partiti islamici moderati al governo e i gruppi di salafiti che hanno attaccato,
per esempio, resort turistici. Quindi, è tutto un circolo vizioso e, secondo
me, il bilancio della rivoluzione è chiaramente positivo nel senso del cambiamento
e nel fare passi in avanti, ma è chiaro che oggi questi passi in avanti non saranno
gratis.