2013-02-06 14:17:08

Caos in Tunisia dopo l'uccisione del leader dell'opposizione Belaid


Sgomento in Tunisia per l’omicidio, stamani nella capitale, del leader dell’opposizione Belaid, coordinatore del partito progressista “Patrioti democratici uniti”. Un’uccisione che ha causato un’ondata di proteste. In molte città, migliaia di persone sono scese in piazza, diverse sedi del partito al potere Ennahda sono state date alle fiamme. Il servizio di Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Colpi di pistola sparati a breve distanza hanno ucciso stamani, fuori dalla sua casa di Tunisi, Chokri Belaid, 48 anni, avvocato, uno dei più importanti esponenti dell’opposizione. Negli ultimi giorni, aveva espresso molte riserve sull’operato del partito al governo Ennahda, al centro delle critiche anche per uno scandalo di corruzione nel quale è finito uno dei suoi ministri. Belaid aveva pure denunciato il tentativo islamista di “smantellare lo Stato” e di creare milizie per terrorizzare il Paese. Alla notizia della sua morte, migliaia di persone hanno manifestato sotto il ministero dell'Interno e in diverse città tunisine, compresa Sidi Bouazid, “culla” della rivoluzione dei gelsomini che nel 2011 segnò la caduta di Ben Ali. Qui, si segnalano anche lanci di lacrimogeni per disperdere la folla. Date alle fiamme pure alcune sedi del partito Ennahda, formazione indicata dai parenti di Belaid come mandante dell’assassinio. Intanto, proprio il presidente di Ennahda Gannouchi ha condannato l’uccisione di Belaid, il premier Jebali ha invocato lo spettro del terrorismo. Il presidente Marzouki – da Strasburgo ma in procinto di rientrare nel Paese – ha parlato di “odioso assassinio”. Sulla stessa linea il presidente dell'europarlamento, Schultz, per il quale “questo crimine non può restare impunito”.

Su quanto sta accadendo nel Paese, Benedetta Capelli ha intervistato Chiara Zappa di "Missionline", da poco rientrata da Tunisi:RealAudioMP3

R. – E’ stato un omicidio shock, nel senso che nessuno si aspettava veramente un’escalation di questo tipo. Il Paese è in un momento di fortissima difficoltà da tanti punti di vista: sia per la crisi economica molto forte, che attanaglia la Tunisia e che non è stata assolutamente affrontata in modo adeguato dal governo – il popolo è molto arrabbiato e deluso – sia dal punto di vista sociale. Il Paese è fortemente diviso a metà, si è creata una frattura molto forte tra laici e un’altra parte di popolazione che si considera in qualche modo depositaria della tradizione islamica, anche invasiva nella vita privata. Il problema emerso – me lo diceva anche la tunisina Lina Ben Mhenni, attivista e protagonista dell’inizio della "primavera araba" con il suo blog “Tunisian girl” – è che il governo, a maggioranza islamica, non fa che fomentare queste divisioni tra una parte del popolo e tutti quelli che si definiscono laici, che cercano di portare avanti alcune istanze e che vengono invece fatti passare per “non buoni” musulmani. Inoltre, vengono fatti passare per conservatori, ovvero ancora vicini a ciò che era il passato, quindi alla corruzione di Ben Ali… Questa polarizzazione forte e violenta all’interno del Paese ha dato origine in questi mesi a molti episodi di violenza da parte di gruppi legati ai salafiti, ma anche alle milizie create dal partito di Ennahda che vengono poi fatte passare come garanti della rivoluzione.

D. – Adesso quali scenari si possono prospettare?

R. – Gli scenari che a questo punto si prospettano sono veramente gravi, nel senso che è cambiato qualcosa in questi giorni. Il governo si poneva un po’ come baluardo contro la corruzione e proprio in questi giorni c’è stato lo scandalo del ministro degli Esteri di Ennada che è stato coinvolto in un caso di corruzione molto grave. Quindi, questa cosa è uscita allo scoperto e, secondo me, ha messo veramente in difficoltà il suo partito. A questo punto – dopo questa uccisione – lo spettro della violenza civile oggi aleggia davvero. È stato fatto un passo in più, uno "strappo" per portare alle estreme conseguenze questa empasse.

D. – A due anni di distanza, che bilancio si può fare nel Paese tunisino? Quali sono i pro e quali invece i contro della rivoluzione?

R. – Il bilancio di questi due anni è come sempre positivo. Positivo soprattutto il tentativo di cambiamento, perché ci si è liberati davvero da una dittatura. Quello che è venuto dopo, però, ovvero le tensioni interne, per ora hanno prevalso. Per quanto riguarda l’economia, il governo della Tunisia non è stato in grado di trovare delle soluzioni “strutturali” e a questo si aggiunge il fatto che il Paese è percepito dall’esterno come instabile e infatti una voce importante del bilancio tunisino – quella del turismo – è andata in crisi. Fa tutto parte, come dicono i critici, dell’incapacità di gestire la transizione perché è stato lasciato troppo spazio – l’impressione è questa – a questi gruppi di salafiti che non sono al governo. Ma i critici dicono che c’è una connivenza da parte dei partiti islamici moderati al governo e i gruppi di salafiti che hanno attaccato, per esempio, resort turistici. Quindi, è tutto un circolo vizioso e, secondo me, il bilancio della rivoluzione è chiaramente positivo nel senso del cambiamento e nel fare passi in avanti, ma è chiaro che oggi questi passi in avanti non saranno gratis.







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