Mons. Paglia: all'Onu per ribadire che la famiglia è risorsa della società
Famiglia, risorsa della società. E’ questa la constatazione ed anche la proposta che
verrà rilanciata alle Nazioni Unite dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, la prossima
settimana. Ne ha parlato lunedì il presidente del dicastero vaticano, l’arcivescovo
mons. Vincenzo Paglia, presentando una serie di iniziative, durante quest’anno,
volte a sensibilizzare l’opinione pubblica, frastornata da un dibattito su questo
tema che rischia di far perdere di vista alcuni elementi di fatto. La scelta di sposarsi
e di costruire una vita familiare sono ancora oggi una forza vitale che sostiene le
altre realtà che compongono le nostre società: dalla procreazione dei figli all’educazione,
dal lavoro alla cura dei più deboli, all’accoglienza dell’altro. In questo senso la
famiglia non è antagonista di alcuno, nè di altri interessi della società, come mons.
Paglia ha notato rispondendo ai giornalisti sulla possibilità che lo Stato riconosca
dei diritti ad altri tipi di convivenze non familiari. La grande varietà di culture,
situazioni e tradizioni mostrano come la famiglia abbia un suo radicamento nell’umanità
che non è frutto delle leggi. In altre parole, la famiglia c’è, non è scomparsa, come
sottolinea l’arcivescovo Paglia, in questo colloquio con il collega Pietro Cocco:
R. - In effetti,
noi ci troviamo di fronte a una sorta di “nuova Babele”, dove tutto è famiglia e nulla
è famiglia, quindi. C’è anche chi, come è accaduto in Francia, pensa che attraverso
un disegno di legge - cito quasi letteralmente - si voglia riscrivere la civiltà.
La famiglia c’è: ha tanti problemi, ci sono tante situazioni drammatiche, ci sono
insufficienze in tante parti, ma - come è accaduto a Milano, nell’Incontro Mondiale
delle Famiglie - abbiamo potuto costatare con mano la realtà solida della famiglia,
che in qualche modo sta trovando all’interno della sua storia le forze per resistere.
D.
– Si ha l’impressione, qualche volta, che ci sia proprio una divaricazione, come se
avessero preso strade diverse: le esigenze che ancora le persone, le coppie sperimentano
- di solidarietà, di incontro, di superamento della solitudine, di un aiuto reciproco
- e quello che, invece, la cultura pensa e propone come modello per rispondere a questi
problemi…
R. – Questo nasce non per caso, ma da una cultura che ormai privilegia
l’"io" rispetto al "noi": l’individuo alla società, i diritti dell’individuo rispetto
ai diritti della famiglia. Se noi dovessimo paragonare questi due soggetti, l’individuo
oggi può affermare – anzi, continua ad affermare senza ritegno – di avere il diritto
ad avere ogni diritto, qualunque esso sia. I diritti della famiglia sono pochi e spesso
disattesi.
D. – Non si tratta quindi semplicemente di difendere una tradizione:
sappiamo anche che il modello familiare ha conosciuto tante e profonde trasformazioni.
Piuttosto, si tratta di andare un po’ alla radice dell’umanità, dei fondamenti dell’umanità...
R.
– Sono totalmente d’accordo. Lode, in questo senso, anche all’episcopato francese
che ha saputo difendere una realtà - quella del matrimonio e della famiglia - come
una realtà di tutti. In effetti, lungo la storia cristiana il matrimonio si è arricchito
di incredibili dimensioni straordinarie: l’uguale dignità tra l’uomo e la donna, il
rispetto per i figli, anche per i figli che sono nati fuori dal matrimonio, o altri
ancora. Ecco, allora, l’intelligenza – soprattutto oggi, in un mondo globalizzato
– di coinvolgere, ad esempio su questo tema del matrimonio e della famiglia, tutti
i cristiani: in Francia c’è stato lo straordinario esempio del rabbino Bernheim, come
anche di alcune rappresentanze islamiche, ma anche degli umanisti laici.
D.
– Voi porterete queste istanze alle Nazioni Unite…
R. – Il 14 febbraio andremo
alle Nazioni Unite, alla “piazza del mondo”, per riproporre la Carta dei diritti della
famiglia, scritta dal Pontificio Consiglio esattamente 30 anni fa, per essere voce
dei diritti di questo immenso patrimonio dell’umanità che è appunto la famiglia. Vorremmo
dire a tutti che la famiglia deve tornare ad essere al centro della cultura, al centro
della politica, al centro dell’economia e anche al centro della Chiesa, perché il
rischio di un individualismo religioso si annida anche all’interno delle nostre file.
Ecco perché vorrei che il pellegrinaggio del 26 e 27 ottobre – quando mi auguro che
migliaia di famiglie vengano a Roma, per incontrarsi con il Papa sulla tomba di San
Pietro – fosse un pellegrinaggio dove tutte le famiglie mostrino al mondo la bellezza
di essere famiglie cristiane e dire a tutti che non solo è possibile, ma è anche bello.