Siria. Metà degli sfollati sono bambini. In Mesopotamia allarme rapimenti
Centinaia di migliaia di famiglie siriane continuano a fuggire dalla violenza che
persiste nel loro Paese dal mese di marzo del 2011 e vivono in tende con lo stretto
indispensabile. Finora 635 mila persone hanno dovuto abbandonare le rispettive abitazioni
con gravi ripercussioni prevalentemente sui bambini. Nel campo profughi di Zaatari,
a 80 chilometri di distanza da Amman, in Giordania, hanno trovato riparo almeno 45
mila famiglie. Secondo le stime delle Nazioni Unite quasi la metà degli sfollati sono
bambini, molti dei quali vivono in pessime condizioni e senza alcun accesso all’istruzione.
Tra le iniziative promosse per cercare di aiutare questi piccoli, l’Unicef ha organizzato,
in scuole prefabbricate, classi per alunni di scuola elementare e media. Le bambine
vanno la mattina e i bambini il pomeriggio, sono circa 4500, e sono seguiti da un
gruppo di insegnanti giordani. Sono tante le organizzazioni di tutto il mondo che
offrono il proprio aiuto per l’educazione dei piccoli sfollati ma rimane insuperabile
l’ostacolo la lingua. Nella provincia di Homs circa 210 mila minori hanno bisogno
di aiuti umanitari, e un totale di 420 mila persone sono in stato di emergenza. Delle
1500 scuole presenti in tutta la provincia, circa 200 hanno subito danni e altre 65
sono state trasformate in centri di accoglienza. Nella regione di Homs, il Fondo per
l’Infanzia delle Nazioni Unite ha distribuito teli, coperte, articoli per l’igiene
e capi di abbigliamento. Solo nella città di Talbiseh, sono stati distribuiti migliaia
di questi articoli, compresi 2000 capi di abbigliamento per i bambini. Intanto nella
provincia di Jazira, nell'alta Mesopotamia siriana, l'aumento esponenziale dei rapimenti
– effetto collaterale del conflitto siriano – continua a flagellare le popolazioni
civili anche nelle aree non interessate dagli scontri tra ribelli e esercito governativo.
L'ultimo rapito in ordine di tempo è un farmacista cristiano sequestrato domenica,
per il quale è stato richiesto un ricatto di un milione di lire siriane (quasi 11mila
euro). “Per i banditi di tutte le specie – riferisce all'agenzia Fides l'arcivescovo
Jacques Behnan Hindo, titolare della arcieparchia siro-cattolica di Hassaké-Nisibi
– questo è un momento buono per fare soldi”. Venerdì scorso, decine di cristiani hanno
improvvisato un blocco stradale bruciando copertoni a un incrocio della città di Hassaké
per protestare contro il rapimento lampo del rettore dell'Università statale di Al-Furat,
il cristiano Jack Mardini, sequestrato in pieno giorno da sicari armati e liberato
dopo due ore. Nel suo caso, dietro il rapimento non c'era un tentativo di estorsione,
ma questioni legate al funzionamento dell'Ateneo. Sintomo che ormai si ricorre alla
prassi criminale dei sequestri per risolvere col sopruso i conflitti d'interesse personali
e sociali. Nelle ultime settimane, nella sola città di Hassaké ci sono stati una cinquantina
di rapimenti, e quasi la metà sono avvenuti a danno di cristiani. “Molti di loro sono
medici, avvocati e professionisti – nota mons. Hindo – ma ormai cominciano a rapire
anche i poveri”. (R.P.)