Salute in Europa: la battaglia contro la crisi si combatte con l'arma della prevenzione
L’Europa ha bisogno di tagli, soprattutto nel settore della salute pubblica. I sistemi
sanitari nazionali, nelle prime voci di spesa per i singoli Stati, potrebbero non
diventare più sostenibili, a causa di una crisi che assottiglia di mese in mese le
finanze pubbliche. La ricetta della Commissione Europea prevede alcuni punti di sviluppo
essenziali: diminuire le ospedalizzazioni a fronte di un incremento degli interventi
domiciliari e territoriali, l’utilizzo delle tecnologie e soprattutto piani di prevenzione
che propongano i buoni stili di vita. Il nostro inviato a Bruxelles, Salvatore
Sabatino, ha intervistato Paola Testori Coggi, a capo della Direzione Generale
“Salute e consumatori” alla Commissione Europea: R. - È chiaro che
questa crisi ha un impatto sulla salute, perché ogni Stato deve controllare l’efficienza
della propria spesa pubblica, e deve - dove possibile - effettuare dei risparmi. Non
dimentichiamo che in Europa la spesa sanitaria incide molto sulla spesa del bilancio
pubblico: in media spendiamo circa il 9% del nostro Pil per la salute, il cui 7% proviene
da una fonte del bilancio nazionale, e l’1-2% - a seconda dei Paesi - dal pagamento
privato. Quindi, questa spesa pubblica è la seconda voce di spesa in un bilancio nazionale,
laddove la prima voce di spesa è rappresentata dalle pensioni.
D. - Quali
sono le priorità della Commissione europea?
R. - La nostra priorità è soprattutto
quella di cercare di introdurre nei sistemi sanitari una maggiore efficienza: cercare
di curare gli ammalati a livello appropriato, evitare le ospedalizzazioni inutili,
quindi portare la sanità a livello del paziente e non il paziente negli ospedali,
perché il trattamento ospedaliero costa e spesso si può evitare. Quindi, dobbiamo
curare il malato là dove si trova. Dobbiamo aumentare la prevenzione; non dimentichiamoci
che il nostro scopo deve essere quello di evitare le malattie che, con una prevenzione
efficiente, possono essere eliminate ed evitate. Ad esempio, se contraiamo un tumore,
un terzo di questi sono prevenibili con degli stili di vita migliori, quindi una dieta
migliore, una buona attività fisica, evitando il fumo e l’eccessivo consumo di alcol;
abbiamo bisogno di una prevenzione che sia soprattutto a livello di screening, cioè
di diagnostica delle malattie. Oggi, con uno screening efficace e al momento giusto,
si possono evitare molte malattie.
D. - Diciamo che l’Europa è un continente
anziano; ci sono moltissimi anziani, per cui sono cambiate anche le priorità, perché
ovviamente bisogna tarare nuovamente tutto sulla vita che si allunga, e sulle malattie
che si possono contrarre nel corso della vita. Questo quanto incide sulla spesa?
R.
- Incide tantissimo: pensiamo che ogni quattro anni guadagniamo un anno di vita. Quello
che è importante in Europa è il divario tra l’aspettativa di vita e gli anni in salute.
L’importante non è aumentare l’aspettativa di vita ma aumentare gli anni in salute.
Oggi, alla nascita abbiamo circa 62- 63 anni di aspettativa di vita in salute, cioè
il periodo di vita in cui saremo sani, dove non saremo un problema per noi stessi
perché non saremo malati, e quindi non saremo un costo per la sanità pubblica. Quindi,
bisogna investire per aumentare questo periodo della vita dove saremo sani.
D.
- Tutti questi concetti - secondo lei - vengono recepiti bene dagli europei?
R.
- Direi che oggi i ministri della salute e i Ministeri della sanità hanno capito questo
bisogno di efficienza. Ci sono grandissimi investimenti in nuove tecnologie. Direi
che oggi l’emergenza è capita in Europa.
D. - E comunque a parte i ministri,
ai cittadini arriva il messaggio?
R. - Penso che il cittadino ancora non abbia
capito quanto sia responsabile della prevenzione, quanto lo stile di vita e le scelte
personali, possano influenzare il proprio livello di salute. Questo - secondo me -
ancora manca. Bisogna aumentare le campagne di informazione, ma aumentare anche l’educazione
proprio a partire dai primi anni di vita.
D. - Secondo lei, come può una campagna
essere maggiormente penetrante?
R. - Le campagne di informazione devono essere
fatte soprattutto a misura dell’interlocutore, cioè devono essere campagne fatte per
i giovani come quelle che stiamo facendo contro il fumo, fatte per gli studenti, per
i lavoratori. L’importante è che la campagna sia molto mirata alla diversa fase della
vita.