2013-02-02 14:52:20

Salute in Europa: la battaglia contro la crisi si combatte con l'arma della prevenzione


L’Europa ha bisogno di tagli, soprattutto nel settore della salute pubblica. I sistemi sanitari nazionali, nelle prime voci di spesa per i singoli Stati, potrebbero non diventare più sostenibili, a causa di una crisi che assottiglia di mese in mese le finanze pubbliche. La ricetta della Commissione Europea prevede alcuni punti di sviluppo essenziali: diminuire le ospedalizzazioni a fronte di un incremento degli interventi domiciliari e territoriali, l’utilizzo delle tecnologie e soprattutto piani di prevenzione che propongano i buoni stili di vita. Il nostro inviato a Bruxelles, Salvatore Sabatino, ha intervistato Paola Testori Coggi, a capo della Direzione Generale “Salute e consumatori” alla Commissione Europea:RealAudioMP3
R. - È chiaro che questa crisi ha un impatto sulla salute, perché ogni Stato deve controllare l’efficienza della propria spesa pubblica, e deve - dove possibile - effettuare dei risparmi. Non dimentichiamo che in Europa la spesa sanitaria incide molto sulla spesa del bilancio pubblico: in media spendiamo circa il 9% del nostro Pil per la salute, il cui 7% proviene da una fonte del bilancio nazionale, e l’1-2% - a seconda dei Paesi - dal pagamento privato. Quindi, questa spesa pubblica è la seconda voce di spesa in un bilancio nazionale, laddove la prima voce di spesa è rappresentata dalle pensioni.

D. - Quali sono le priorità della Commissione europea?

R. - La nostra priorità è soprattutto quella di cercare di introdurre nei sistemi sanitari una maggiore efficienza: cercare di curare gli ammalati a livello appropriato, evitare le ospedalizzazioni inutili, quindi portare la sanità a livello del paziente e non il paziente negli ospedali, perché il trattamento ospedaliero costa e spesso si può evitare. Quindi, dobbiamo curare il malato là dove si trova. Dobbiamo aumentare la prevenzione; non dimentichiamoci che il nostro scopo deve essere quello di evitare le malattie che, con una prevenzione efficiente, possono essere eliminate ed evitate. Ad esempio, se contraiamo un tumore, un terzo di questi sono prevenibili con degli stili di vita migliori, quindi una dieta migliore, una buona attività fisica, evitando il fumo e l’eccessivo consumo di alcol; abbiamo bisogno di una prevenzione che sia soprattutto a livello di screening, cioè di diagnostica delle malattie. Oggi, con uno screening efficace e al momento giusto, si possono evitare molte malattie.

D. - Diciamo che l’Europa è un continente anziano; ci sono moltissimi anziani, per cui sono cambiate anche le priorità, perché ovviamente bisogna tarare nuovamente tutto sulla vita che si allunga, e sulle malattie che si possono contrarre nel corso della vita. Questo quanto incide sulla spesa?

R. - Incide tantissimo: pensiamo che ogni quattro anni guadagniamo un anno di vita. Quello che è importante in Europa è il divario tra l’aspettativa di vita e gli anni in salute. L’importante non è aumentare l’aspettativa di vita ma aumentare gli anni in salute. Oggi, alla nascita abbiamo circa 62- 63 anni di aspettativa di vita in salute, cioè il periodo di vita in cui saremo sani, dove non saremo un problema per noi stessi perché non saremo malati, e quindi non saremo un costo per la sanità pubblica. Quindi, bisogna investire per aumentare questo periodo della vita dove saremo sani.

D. - Tutti questi concetti - secondo lei - vengono recepiti bene dagli europei?

R. - Direi che oggi i ministri della salute e i Ministeri della sanità hanno capito questo bisogno di efficienza. Ci sono grandissimi investimenti in nuove tecnologie. Direi che oggi l’emergenza è capita in Europa.

D. - E comunque a parte i ministri, ai cittadini arriva il messaggio?

R. - Penso che il cittadino ancora non abbia capito quanto sia responsabile della prevenzione, quanto lo stile di vita e le scelte personali, possano influenzare il proprio livello di salute. Questo - secondo me - ancora manca. Bisogna aumentare le campagne di informazione, ma aumentare anche l’educazione proprio a partire dai primi anni di vita.

D. - Secondo lei, come può una campagna essere maggiormente penetrante?

R. - Le campagne di informazione devono essere fatte soprattutto a misura dell’interlocutore, cioè devono essere campagne fatte per i giovani come quelle che stiamo facendo contro il fumo, fatte per gli studenti, per i lavoratori. L’importante è che la campagna sia molto mirata alla diversa fase della vita.








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