Il Papa: aiuto a madri migranti in difficoltà. Il segretario Cisl: accoglienza
conta più dello spread
“Perché le famiglie migranti, in particolare le madri, siano sostenute e accompagnate
nelle loro difficoltà”: è questa l’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI
per il mese di febbraio. Sul ruolo fondamentale delle madri migranti, Alessandro
Gisotti ha intervistato segretario confederale della Cisl, Liliana Ocmin,
di origine peruviana:
R. – E’ chiaro
che il monito del Papa giunge anche perché coglie una fragilità: oggi, che viviamo
in un contesto di gravissima crisi finanziaria, economica, è ovvio che la famiglia
immigrata sia l’anello più debole. Le madri: alcune più fortunate hanno con sé i figli,
le meno fortunate hanno i figli nel proprio Paese. La crisi ha evidenziato anche un
altro dato importante: molti si sono dovuti sacrificare e rimandare a casa i propri
figli, perché non avevano la possibilità di tenerli con sé in Italia. Come Cisl, abbiamo
sempre sottolineato che si tratta di una questione di giustizia sociale.
D.
– C’è una storia che l’ha colpita in particolare, in tanti anni di impegno anche personale…
R.
– Io ho due figli. Ho un ricordo amaro: quando stavo per diventare madre, c’era una
mia parente che stava per diventare madre anche lei e che era in Italia insieme al
marito. Io ho potuto vedere crescere mio figlio e riconosco quotidianamente quanto
sia importante il mio ruolo. Lei, invece, ha dovuto mandare via il suo a soli due
anni e ne aveva già altre due che aveva dovuto lasciare nel suo Paese di origine.
Sento ancora il peso di non aver potuto impedire che ciò accadesse a lei, e come a
lei a migliaia e migliaia di donne che – di fronte all’esigenza di mantenere agli
studi i figli rimasti nel Paese di origine, e nell’impossibilità di conciliare il
ruolo genitoriale – mandano via i propri figli. Questa è una lacerazione che lascia
alle mamme un dramma interno e condiziona il rapporto affettivo con i figli, ma rappresenta
anche un fallimento della società civile.
D. – Lei, che rappresenta anche una
testimonianza bella, di speranza, di donna immigrata che oggi si occupa proprio di
chi è in una situazione di debolezza, quale messaggio si sente di dare a riguardo?
R.
– Al di là dei dati economicistici dello spread, che quotidianamente ci assillano,
c’è un grande deficit ed un grande “spread” etico-morale nella nostra società,
che va assolutamente riconquistato e ripreso. Sicuramente gli immigrati, le famiglie
immigrate, da questo punto di vista, ci danno un grande esempio: l’immigrato si rimbocca
le maniche, parte dal basso e assomiglia molto all’italiano degli anni ’50, perché
si mette in gioco, perché mette il lavoro al centro della possibilità di uscire dalle
difficoltà, il lavoro come valore centrale. Oggi, credo che la speranza – lo diceva
anche Sant’Agostino – deve avere sicuramente due elementi fondamentali: lo sdegno,
perché di fronte a quello che vediamo c’è bisogno di reagire, e che rimanda anche
alle responsabilità di ognuno di noi, ma anche il coraggio di voler cambiare.