2013-02-02 13:24:16

Crisi siriana al centro della Conferenza per la sicurezza di Monaco. Cresce l'allarme profughi


La crisi siriana al centro della conferenza sulla sicurezza di Monaco, in Germania. Il vicepresidente americano, Joe Biden, ha rilanciato l’ipotesi di una uscita di scena del presidente Assad, auspicando un maggior appoggio internazionale all’opposizione. Intanto, mentre esercito e insorti continuano a combattere, si è saputo oggi di un attentato suicida del 24 gennaio scorso contro una base dell’intelligence siriana nel sud-est del Paese: 53 le vittime. Sempre più grave, dunque, l’emergenza umanitaria. L’Unicef denuncia anche un’emergenza istruzione per i tanti bambini che non possono più amdare a scuola. Numerosi i campi profughi improvvisati, dove si rifugiano gli sfollati che non trovano posto nelle strutture di accoglienza ufficiali. Giancarlo La Vella ha raccolto la testimonianza della giornalista Susan Dabbous, che si trova al confine tra Siria e Turchia: RealAudioMP3

R. – In particolare, ho visto che c’era una situazione drammatica nella cittadina di Atme, pochi chilometri dal confine turco, dove è nata una baraccopoli di oltre 20 mila profughi, che vivono in condizioni disumane. Alloggiano in tende da campeggio, dato che non ci sono tende adeguate, come invece nei campi profughi turchi, che ormai però hanno esaurito la capacità di accoglienza.

D. – C’è una esperienza ancora più drammatica, che è quella delle persone che si sono rifugiate all’interno di alcune grotte, addirittura …

R. – Sì: questo accade nella località di Darkush. Queste grotte si trovano a 3-5 metri di altezza dalla strada; quindi a volte, i bambini, giocando, finiscono di sotto e si feriscono, si fratturano anche in maniera grave. Poi, immaginate una vita senza acqua, senza elettricità, senza assolutamente nulla! E queste persone non hanno nessuna possibilità di essere raggiunte dalle organizzazioni umanitarie.

D. – Questo vuol dire che la macchina degli aiuti ha a sua volta difficoltà a raggiungere tutte le persone che hanno bisogno di beni di prima necessità?

R. – Sì! Ci sono difficoltà enormi, perché se escludiamo i campi profughi in Turchia, dove c’è la macchina organizzativa di Ankara che funziona piuttosto bene, il problema più grave rimangono i profughi interni alla Siria, e lì la cosa viene gestita da una galassia di organizzazioni siriane, di siriani all’estero o arabi in generale, senza nessun coordinamento. Le cose principali che arrivano ai profughi in questo momento sono cibo, poche medicine generiche, alcuni medici volontari, ma niente di più. Dall’altro lato, però, non è colpa soltanto della disorganizzazione: tutto ciò che arriva, arriva soltanto a ridosso del confine turco e non riesce ad andare più all'interno del territorio siriano, mentre sappiamo che, ad esempio, i civili di Aleppo, che è una città estremamente popolosa, vivono in condizioni ancora peggiori, perché molti non hanno neanche il pane. Ho notato più disperazione rispetto ai miei viaggi precedenti. Se prima c’era sempre la speranza di tornare a casa, adesso c’è la consapevolezza che questo conflitto sarà lungo e che loro continueranno a vivere nella miseria. Molte delle loro case sono distrutte; molti di questi profughi vivono in località tuttora bombardate quotidianamente.







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