Il Papa per la Quaresima: unire fede e carità per evitare generico umanitarismo e
spiritualismo disincarnato
E’ stato pubblicato oggi il Messaggio del Papa per la Quaresima 2013 sul tema “Credere
nella carità suscita carità - «Abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in
noi» (1 Gv 4,16)”. Il documento invita a riflettere sull'inscinibile nesso tra fede
e carità: "non possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità. - scrive
Benedetto XVI - Queste due virtù teologali sono intimamente unite ed è fuorviante
vedere tra di esse un contrasto o una «dialettica». Da un lato, infatti, è limitante
l'atteggiamento di chi mette in modo così forte l'accento sulla priorità e la decisività
della fede da sottovalutare e quasi disprezzare le concrete opere della carità e ridurre
questa a generico umanitarismo. Dall’altro, però, è altrettanto limitante sostenere
un’esagerata supremazia della carità e della sua operosità, pensando che le opere
sostituiscano la fede. Per una sana vita spirituale è necessario rifuggire sia dal
fideismo che dall'attivismo moralista". "Nella Chiesa, contemplazione e azione - prosegue
il Papa - simboleggiate in certo qual modo dalle figure evangeliche delle sorelle
Maria e Marta, devono coesistere e integrarsi. La priorità spetta sempre al rapporto
con Dio e la vera condivisione evangelica deve radicarsi nella fede. Talvolta si tende,
infatti, a circoscrivere il termine «carità» alla solidarietà o al semplice aiuto
umanitario. E’ importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio
l’evangelizzazione, ossia il «servizio della Parola»". Di seguito il testo integrale
del documento pontificio:
Cari fratelli e sorelle, la celebrazione
della Quaresima, nel contesto dell’Anno della fede, ci offre una preziosa occasione
per meditare sul rapporto tra fede e carità: tra il credere in Dio, nel Dio di Gesù
Cristo, e l’amore, che è frutto dell’azione dello Spirito Santo e ci guida in un cammino
di dedizione verso Dio e verso gli altri.
1. La fede come risposta all'amore
di Dio.
Già nella mia prima Enciclica ho offerto qualche elemento per cogliere
lo stretto legame tra queste due virtù teologali, la fede e la carità. Partendo dalla
fondamentale affermazione dell’apostolo Giovanni: «Abbiamo conosciuto e creduto l'amore
che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16), ricordavo che «all'inizio dell'essere cristiano
non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento,
con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva...
Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10), l'amore adesso non è più solo un
”comandamento”, ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro»
(Deus caritas est, 1). La fede costituisce quella personale adesione – che include
tutte le nostre facoltà – alla rivelazione dell'amore gratuito e «appassionato» che
Dio ha per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. L’incontro con Dio Amore
che chiama in causa non solo il cuore, ma anche l’intelletto: «Il riconoscimento del
Dio vivente è una via verso l'amore, e il sì della nostra volontà alla sua unisce
intelletto, volontà e sentimento nell'atto totalizzante dell'amore. Questo però è
un processo che rimane continuamente in cammino: l'amore non è mai “concluso” e completato»
(ibid., 17). Da qui deriva per tutti i cristiani e, in particolare, per gli «operatori
della carità», la necessità della fede, di quell'«incontro con Dio in Cristo che susciti
in loro l'amore e apra il loro animo all'altro, così che per loro l'amore del prossimo
non sia più un comandamento imposto per così dire dall'esterno, ma una conseguenza
derivante dalla loro fede che diventa operante nell'amore» (ibid., 31a). Il cristiano
è una persona conquistata dall’amore di Cristo e perciò, mosso da questo amore - «caritas
Christi urget nos» (2 Cor 5,14) –, è aperto in modo profondo e concreto all'amore
per il prossimo (cfr ibid., 33). Tale atteggiamento nasce anzitutto dalla coscienza
di essere amati, perdonati, addirittura serviti dal Signore, che si china a lavare
i piedi degli Apostoli e offre Se stesso sulla croce per attirare l’umanità nell’amore
di Dio.
«La fede ci mostra il Dio che ha dato il suo Figlio per noi e suscita
così in noi la vittoriosa certezza che è proprio vero: Dio è amore! ... La fede, che
prende coscienza dell'amore di Dio rivelatosi nel cuore trafitto di Gesù sulla croce,
suscita a sua volta l'amore. Esso è la luce – in fondo l'unica – che rischiara sempre
di nuovo un mondo buio e ci dà il coraggio di vivere e di agire» (ibid., 39). Tutto
ciò ci fa capire come il principale atteggiamento distintivo dei cristiani sia proprio
«l'amore fondato sulla fede e da essa plasmato» (ibid., 7).
2. La carità
come vita nella fede
Tutta la vita cristiana è un rispondere all'amore
di Dio. La prima risposta è appunto la fede come accoglienza piena di stupore e gratitudine
di un’inaudita iniziativa divina che ci precede e ci sollecita. E il «sì» della fede
segna l’inizio di una luminosa storia di amicizia con il Signore, che riempie e dà
senso pieno a tutta la nostra esistenza. Dio però non si accontenta che noi accogliamo
il suo amore gratuito. Egli non si limita ad amarci, ma vuole attiraci a Sé, trasformarci
in modo così profondo da portarci a dire con san Paolo: non sono più io che vivo,
ma Cristo vive in me (cfr Gal 2,20). Quando noi lasciamo spazio all’amore di Dio,
siamo resi simili a Lui, partecipi della sua stessa carità. Aprirci al suo amore significa
lasciare che Egli viva in noi e ci porti ad amare con Lui, in Lui e come Lui; solo
allora la nostra fede diventa veramente «operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6)
ed Egli prende dimora in noi (cfr 1 Gv 4,12).
La fede è conoscere la verità
e aderirvi (cfr 1 Tm 2,4); la carità è «camminare» nella verità (cfr Ef 4,15). Con
la fede si entra nell'amicizia con il Signore; con la carità si vive e si coltiva
questa amicizia (cfr Gv 15,14s). La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore
e Maestro; la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica (cfr Gv 13,13-17).
Nella fede siamo generati come figli di Dio (cfr Gv 1,12s); la carità ci fa perseverare
concretamente nella figliolanza divina portando il frutto dello Spirito Santo (cfr
Gal 5,22). La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida;
la carità li fa fruttificare (cfr Mt 25,14-30).
3. L'indissolubile
intreccio tra fede e carità
Alla luce di quanto detto, risulta chiaro che non
possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità. Queste due virtù teologali
sono intimamente unite ed è fuorviante vedere tra di esse un contrasto o una «dialettica».
Da un lato, infatti, è limitante l'atteggiamento di chi mette in modo così forte l'accento
sulla priorità e la decisività della fede da sottovalutare e quasi disprezzare le
concrete opere della carità e ridurre questa a generico umanitarismo. Dall’altro,
però, è altrettanto limitante sostenere un’esagerata supremazia della carità e della
sua operosità, pensando che le opere sostituiscano la fede. Per una sana vita spirituale
è necessario rifuggire sia dal fideismo che dall'attivismo moralista.
L’esistenza
cristiana consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere,
portando l'amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli
e sorelle con lo stesso amore di Dio. Nella Sacra Scrittura vediamo come lo zelo degli
Apostoli per l’annuncio del Vangelo che suscita la fede è strettamente legato alla
premura caritatevole riguardo al servizio verso i poveri (cfr At 6,1-4). Nella Chiesa,
contemplazione e azione, simboleggiate in certo qual modo dalle figure evangeliche
delle sorelle Maria e Marta, devono coesistere e integrarsi (cfr Lc 10,38-42). La
priorità spetta sempre al rapporto con Dio e la vera condivisione evangelica deve
radicarsi nella fede (cfr Catechesi all’Udienza generale del 25 aprile 2012). Talvolta
si tende, infatti, a circoscrivere il termine «carità» alla solidarietà o al semplice
aiuto umanitario. E’ importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio
l’evangelizzazione, ossia il «servizio della Parola». Non v'è azione più benefica,
e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio,
renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio:
l'evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana. Come
scrive il Servo di Dio Papa Paolo VI nell'Enciclica Populorum progressio, è l'annuncio
di Cristo il primo e principale fattore di sviluppo (cfr n. 16). E’ la verità originaria
dell’amore di Dio per noi, vissuta e annunciata, che apre la nostra esistenza ad accogliere
questo amore e rende possibile lo sviluppo integrale dell’umanità e di ogni uomo (cfr
Enc. Caritas in veritate, 8).
In sostanza, tutto parte dall'Amore e tende
all'Amore. L'amore gratuito di Dio ci è reso noto mediante l'annuncio del Vangelo.
Se lo accogliamo con fede, riceviamo quel primo ed indispensabile contatto col divino
capace di farci «innamorare dell'Amore», per poi dimorare e crescere in questo Amore
e comunicarlo con gioia agli altri. A proposito del rapporto tra fede e opere di carità,
un’espressione della Lettera di san Paolo agli Efesini riassume forse nel modo migliore
la loro correlazione: «Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non
viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.
Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato
perché in esse camminassimo» (2, 8-10). Si percepisce qui che tutta l'iniziativa salvifica
viene da Dio, dalla sua Grazia, dal suo perdono accolto nella fede; ma questa iniziativa,
lungi dal limitare la nostra libertà e la nostra responsabilità, piuttosto le rende
autentiche e le orienta verso le opere della carità. Queste non sono frutto principalmente
dello sforzo umano, da cui trarre vanto, ma nascono dalla stessa fede, sgorgano dalla
Grazia che Dio offre in abbondanza. Una fede senza opere è come un albero senza frutti:
queste due virtù si implicano reciprocamente. La Quaresima ci invita proprio, con
le tradizionali indicazioni per la vita cristiana, ad alimentare la fede attraverso
un ascolto più attento e prolungato della Parola di Dio e la partecipazione ai Sacramenti,
e, nello stesso tempo, a crescere nella carità, nell’amore verso Dio e verso il prossimo,
anche attraverso le indicazioni concrete del digiuno, della penitenza e dell’elemosina.
4. Priorità
della fede, primato della carità
Come ogni dono di Dio, fede e
carità riconducono all'azione dell'unico e medesimo Spirito Santo (cfr 1 Cor 13),
quello Spirito che in noi grida «Abbà! Padre» (Gal 4,6), e che ci fa dire: «Gesù è
il Signore!» (1 Cor 12,3) e «Maranatha!» (1 Cor 16,22; Ap 22,20).
La fede,
dono e risposta, ci fa conoscere la verità di Cristo come Amore incarnato e crocifisso,
piena e perfetta adesione alla volontà del Padre e infinita misericordia divina verso
il prossimo; la fede radica nel cuore e nella mente la ferma convinzione che proprio
questo Amore è l'unica realtà vittoriosa sul male e sulla morte. La fede ci invita
a guardare al futuro con la virtù della speranza, nell’attesa fiduciosa che la vittoria
dell'amore di Cristo giunga alla sua pienezza. Da parte sua, la carità ci fa entrare
nell’amore di Dio manifestato in Cristo, ci fa aderire in modo personale ed esistenziale
al donarsi totale e senza riserve di Gesù al Padre e ai fratelli. Infondendo in noi
la carità, lo Spirito Santo ci rende partecipi della dedizione propria di Gesù: filiale
verso Dio e fraterna verso ogni uomo (cfr Rm 5,5).
Il rapporto che esiste tra
queste due virtù è analogo a quello tra due Sacramenti fondamentali della Chiesa:
il Battesimo e l'Eucaristia. Il Battesimo (sacramentum fidei) precede l'Eucaristia
(sacramentum caritatis), ma è orientato ad essa, che costituisce la pienezza del cammino
cristiano. In modo analogo, la fede precede la carità, ma si rivela genuina solo se
è coronata da essa. Tutto parte dall'umile accoglienza della fede («il sapersi amati
da Dio»), ma deve giungere alla verità della carità («il saper amare Dio e il prossimo»),
che rimane per sempre, come compimento di tutte le virtù (cfr 1 Cor 13,13).
Carissimi
fratelli e sorelle, in questo tempo di Quaresima, in cui ci prepariamo a celebrare
l’evento della Croce e della Risurrezione, nel quale l’Amore di Dio ha redento il
mondo e illuminato la storia, auguro a tutti voi di vivere questo tempo prezioso ravvivando
la fede in Gesù Cristo, per entrare nel suo stesso circuito di amore verso il Padre
e verso ogni fratello e sorella che incontriamo nella nostra vita. Per questo elevo
la mia preghiera a Dio, mentre invoco su ciascuno e su ogni comunità la Benedizione
del Signore!